Di Adriano Marinensi – Tra le innumerevoli iniziative che caratterizzarono l’attività di promozione socio -culturale dei Centri studi Vanoni e Mattei, in Umbria, quasi mezzo secolo fa – attività principalmente legata alle intuizioni di Sandro Boccini ed al sostegno politico di Filippo Micheli – spicca e si distingue quella rivolta alla difesa dell’ambiente ed alla valorizzazione dei centri storici.
Si era all’inizio della riforma regionalista (quella della grande speranza, non della odierna “burocrazia realizzata”) e l’Umbria aveva particolare interesse alla programmazione territoriale ed evidente bisogno di mobilitare tutte le forze locali per sostenere disegni di sviluppo economico, attraverso il rilancio dei beni ambientali. Su questa linea si mossero i Centri studi, nella ricerca della partecipazione dei cittadini e soprattutto dei giovani. E ai giovani era rivolta, nel 1971, la pionieristica iniziativa a sostegno del diritto di voto ai diciottenni, che la legge riconobbe soltanto nel 1975.
Stava morendo la Ferrovia Spoleto – Norcia e, su proposta di Boccini, d’intesa con Bruno Toscano, venne costituito un Comitato di difesa che cercò di dimostrare la scelleratezza della decisione che prevedeva la dismissione di un’opera ingegneristica di enorme pregio. Vinsero gli ottusi tagliatori in cerca di “rami secchi” e, per risparmiare pochi spiccioli, si resero autori di un atto vandalico al limite della inciviltà. Le Istituzioni e le forze di governo dell’ Umbria non mostrarono particolare impegno nel tutelare un bene che non era soltanto mezzo di comunicazione. Se lo avessimo avuto oggi, ci avrebbe aiutato a promuovere turismo quantomeno tra i due terminali: la città del Festival e la patria di S. Benedetto.
C’era, ad Orvieto, una funicolare funzionante con un sistema ad acqua, per la verità, un po’ complicato da gestire, però originale e caratteristico. Per salire e scendere lungo il pendio della rupe, si aiutava con il gioco dei contrappesi. Mostrava comunque un aspetto singolare e costituiva attrattiva per i visitatori. All’incirca, durante lo stesso periodo dell’”uccisione” della Spoleto – Norcia, anche la funicolare venne collocata in pensione. Altra battaglia del Vanoni per sostenere le tesi contrarie alla chiusura. Lì per lì, prevalsero gli ottenebrati, poi, più avanti, quel sostegno si dimostrò utile perché la funicolare è stata riattivata, con meccanismi moderni, ed oggi rappresenta un eccentrico mezzo di trasporto di enorme utilità per la città del Duomo.
Dai Centri studi furono avanzate molte proposte riguardanti l’ambiente. Per esempio, a Terni, il Parco della Valle del Serra; in Umbria (e nelle Marche) il Parco della Valnerina e dei Monti Sibillini. Un opuscolo, che le tante “carte” accumulate in casa, mi hanno restituito, definisce la Valle del torrente Serra “territorio di notevole interesse paesaggistico per il suo carattere di omogeneità, da un punto di vista storico e culturale”. Sta, in altura, a nord – est di Terni e conserva retaggi di epoca romana e medievale, oltre alla presenza di singolari borghi di età remota, ben inseriti nel contesto naturalistico.
Nei piccoli parchi di collina, dove spesso la natura è silenzio, ti ritrovi, anche per un giorno solo, fuori dalle case e dalle cose, navigatore solitario, libero da tutti i gravami dello stress urbano e in grado di piegare la ragione al sentimento. Fisicamente il parco ti dona energia e fa da corroborante per la salute dell’organismo. E l’Umbria ha proprio il profilo territoriale adatto a sviluppare un piano di iniziative volte a organizzare oasi di tranquillità a corredo delle aree cementificate, per ridurre l’impatto dell’uomo contro la civiltà (?) del rumore, talvolta alienante.
Di più vaste proporzioni, il Parco della Valnerina che avrebbe dovuto – secondo il disegno dei Centri studi – comprendere anche i monti Sibillini, in una dimensione interregionale, per creare sinergie tra l’Umbria e le Marche. Sin da allora, infatti, una programmazione integrata costituiva l’obiettivo avanguardista di tante indicazioni degli stessi Centri studi, tendenti a ricercare elementi di nuovo sviluppo. E il grande Parco rappresentava strumento ritenuto efficace per una politica regionalista moderna. Non fu facile, al tempo, far passare il concetto di parco come fattore di tutela ambientale e insieme di crescita economica per le popolazioni residenti.
Su una “pagina” di Internet che riporta cronologicamente le attività dei Centri studi durante gli anni ’70, tre ne ho tratte. Settembre 1971: Presentazione al Presidente della Giunta regionale Pietro Conti ed al Presidente del Consiglio regionale Fabio Fiorelli dell’audiovisivo sul Progetto di Parco interregionale della Valnerina e dei Monti sibillini; Novembre 1974: Incontro tra i rappresentanti dei Centri studi e gli Amministratori di Terni e Acquasparta per il Parco Intercomunale della Valle del Serra; Marzo 1975: Assemblea dibattito per la premiazione della foto inchiesta sul tema “La Valle del Nera e la montagna di Norcia, gli abitanti, la vita i problemi sociali”.
In anni recenti, è nato il Parco Fluviale del Nera (Arrone, Montefranco, Ferentillo, Polino, Terni). Non ci sono i Monti Sibillini, ma è comunque una realizzazione che, se fatta funzionare a dovere, può essere un buon traguardo. Andando forse un po’ più in là dello scopo previsto dalla legge regionale che parla soltanto di “protezione dei beni archeologici, artistici e paesaggistici, tutela del suolo, della flora e della fauna”. Infatti, il fine non secondario che riuscirà a tenere ancorate le popolazioni inserite nel parco, rimane l’organizzazione di attività, in armonia con la vocazione del territorio, capaci di creare occupazione e reddito. Altrimenti, l’esodo continuerà a spopolare i centri minori ed a mettere a rischio la specificità di molte zone dell’Umbria ancora presidiate da cittadini – non sono pochi – ai quali spetta il titolo di eroici resistenti.
L’amore per le tradizioni e il rispetto della natura, sono valori propri delle microsocietà ancora presenti sulle nostre colline. Contribuiscono ad evitare la globalizzazione dell’indifferenza, del disinteresse, del disimpegno, negatività dell’animo umano che aprono la strada all’egoismo del grandi agglomerati urbani. Quindi, il modo di fare politica ed amministrazione, in Umbria, deve privilegiare certe peculiarità sociali, per difendere l’identità di regione “bella e attraente”. Tutte “virtù esistenziali” che andrebbero riportate in mezzo al “calcestruzzo”, per una riqualificazione urbana con al centro l’uomo, protagonista positivo della propria esistenza.