Di Adriano Marinensi – C’è, in natura, un animaletto alato di colore verde chiaro, il quale, per via delle sue zampe anteriori in perenne posizione genuflessa, viene chiamata “mantide religiosa”. Ha un “vizio” bizzarro: suole uccidere il maschio dopo l’accoppiamento. Il suo appellativo venne usato, una trentina di anni orsono, dalla stampa, per denominare l’autrice di un garbuglio amatorio, sfociato in un delitto: la “mantide di Cairo Montenotte”, appunto.
Cairo Montenotte è una piccola città del settentrione, entrata nella storia a seguito della famosa battaglia (fece altre 2000 morti), combattuta, nell’aprile 1796, tra le truppe austriache e l’Armata d’Italia dell’ancora generale Napoleone Bonaparte. Si trova nella Valle del Bormida, il fiume ricordato così dallo scrittore Beppe Fenoglio: “Ha l’acqua color sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio”.
Sangue raggrumato simile a quello trovato sulla testa del cadavere rinvenuto, durante la notte tra il 12 e il 13 giugno 1987, in un fosso sulle alture di Savona. Lo identificano rapidamente per Cesare Brin, agiato farmacista di Cairo Montenotte, Consigliere comunale e Presidente della locale squadra di calcio. Presentato sommariamente il co – starring del giallo, ecco la protagonista principale: all’anagrafe è registrata come Anna Maria Guerinoni, comunemente chiamata Gigliola, nome vezzoso per una bionda avvenente, cacciatrice di uomini e ricchezze. Da infermiera, è presto diventata proprietaria di una galleria d’arte, proprio grazie ai suoi vagheggini maneggi.
Essendo la morosa, almeno pro tempore, di Cesare Brin, diventa la principale sospettata del delitto. In verità, con lui, non è stato il primo incontro d’amore. Figlia di un Maresciallo dei carabinieri, sposa in giovane età un metronotte e diventa la signora Barillari, madre di due figli. Il matrimonio appassisce presto e la già ex signora Barillari si accoppia con tale Ettore Geri, che di anni ne ha 27 più di lei e per lei prende una cotta tremenda. Al punto da abbandonare moglie e figlia e dilapidare rapidamente la liquidazione di fine rapporto di lavoro, onde soddisfare la richiesta di Gigliola che vuol diventare gallerista d’arte. Dopo poco tempo, la coppia Guerinoni (Barillari) – Geri è allietata dalla nascita di una bambina. Per una singolare combinazione, il menage passa da tre a cinque componenti, con l’aggiunta di un pittore, Pino Giustini e della sua donna che accetta il nuovo “stato di famiglia”. Il poco più che imbrattatele presto si innamora di Gigliola e segretamente la sposa, così da farla diventare Guerinoni Barillari Giustini, ex amante Geri. Una dozzina di anni dopo, Pino muore in circostanze misteriose, con qualche sospetto a carico di Gigliola.
La sciupa famiglie è di nuovo in caccia di altra preda da spennare. La trova in Cesare Brin, facoltoso farmacista del suo paese, che, in quattro e quattr’otto, per star dietro alle fantasie della platinata, finisce quasi in rovina. E successivamente nel dirupo di cui sopra. Il chiacchierato profilo di vita della donna la fa diventare l’indiziata principale del delitto. Anche alla polizia è nota come capace di bizzarri inciuci ed agli occhi dell’opinione pubblica – che spesso esagera nel costruire preconcetti – è vista come divoratrice di maschi. Si potrebbe dire che abbia usato un partner per ogni sua esigenza finanziaria e sentimentale. Insomma, ce n’è a sufficienza per procedere all’arresto ed alla imputazione di omicidio. Subito dopo, finiscono nel registro degli indagati il gelosissimo Ettore Geri, accusato di complicità nell’omicidio e altri quattro correi, indiziati di occultamento di cadavere. Dunque, sulla scena del crimine, rinviati a giudizio, troviamo Gigliola, Ettore Geri, la singolare figura di un ex Questore, un Consigliere comunale di Cairo, un imbianchino e un collaboratore del morto a martellate.
Il processo a loro carico inizia il 6 gennaio 1989, presieduto curiosamente dal Vescovo della Chiesa evangelica di Savona. Al centro della scena, è ovvio, sta la “mantide” che l’inviato de “la Repubblica” definisce una bella donna di 42 anni, capelli rossi, occhi azzurri, tre figli. A titolo di curiosità, va detto che il maschio, il cocco di mamma sua, di aspetto ragguardevole, è stato candidato al concorso nazionale “Il più bello d’Italia”, titolo che gli è sfuggito d’un soffio. Poi, è incappato in un inciampo con la legge per ricettazione di oggetti preziosi, prima di diventare operatore nel campo delle onoranze funebri.
Durante il dibattimento, c’è un siparietto curioso: un giornalista, forse non indifferente al fascino femminile racchiuso nella gabbia del Tribunale, si dà un gran da fare per la pubblicazione di una “memoria”, scritta dall’imputata, nella quale si tenta addirittura di accreditare una sua (di Gigliola) love story con il Giudice Istruttore della causa. Accusa respinta che costerà a lei, al cronista, al quotidiano la condanna per calunnia. Sfilano oltre un centinaio di testimoni, ivi compresi le mogli e i figli rimasti privi del proprio padre, perché abbandonati dagli amanti della “mantide”. Tra le sue dichiarazioni fatte mettere a verbale, eccone una alquanto eccentrica. Dice: Nella mia casa hanno rubato di tutto, perché le cose della Guerinoni oggi sono molto richieste sul mercato. Insomma, feticci di una saga di amori e morte, accompagnata dalla solita morbosità popolare e da qualche copertina di rotocalco gossipparo.
La vicenda giudiziaria si conclude, per Gigliola, con una assoluzione relativamente alla morte del marito Pino Giustini e la condanna a 26 anni per l’uccisione di Cesare Brin; 15 anni se li becca Ettore Geri, ritenuto colpevole di concorso in omicidio. Assoluzione per il resto della combriccola (l’ex Questore, il Consigliere, l’imbianchino e il collaboratore del defunto). Pateticamente, il Geri, saldato il suo debito, si compra una casa nei pressi della prigione, ove è reclusa Gigliola, allo scopo di starle vicino. Lei intanto, in corso di detenzione, convola a nuove nozze (e fanno tre!) con un vecchio conoscente che, anni dopo l’intervenuto divorzio, sarà arrestato con l’accusa d’essere un rapinatore seriale di prostitute. I lupi – diceva mia nonna – si chiamano da una montagna all’altra.
Dopo un periodo trascorso in semilibertà e scontati i 26 anni di reclusione, la “mantide di Cairo Montenotte” torna libera (marzo 2014, quando di anni ne ha 68). E’ stata al centro di un impiccio pieno di avventure galanti e ancor più di matrimoni rapidamente naufragati. Tanto che alla sua morte, sopra la lapide cimiteriale, dovranno scrivere: Qui giace Anna Maria Guerinoni, detta Gigliola, maritata … e giù la sfilza dei cognomi acquisiti salendo sugli altari. Anche se, lei, oltre che sugli altari, è stata pure nella polvere.