Di Adriano Marinensi – Piero Angela è il principale divulgatore di cultura attraverso la televisione. A 90 anni suonati, continua nel suo impegno ch’è quasi una missione. Il pubblico non lo ha mai tradito e lui lo ha sempre puntualmente informato attraverso un tipo di scienza raccontata con semplicità ed efficacia comunicativa. Un affabulatore scientifico e un “apostolo” della buona T. V. Lontana anni luce dalle molte trasmissioni quotidiane che offrono interminabili, insulse, insipide ore dedicate alla (pseudo) cultura culinaria. Di Piero Angela mi piace riferire questo epiteto, linguisticamente plurimo: E’ una icona di sapienza, capace di fare spettacolo con la dottrina scientifica. E aggiungerei, icona del garbo cortese a differenza degli sguaiati urlatori che oggi affollano il piccolo schermo pubblico e privato-
La doverosa premessa non per piaggeria, quanto invece per riferire di una iniziativa programmata a Roma, nel Parco della Musica, che ha visto Angela protagonista di uno show (la replica il 17 dicembre al teatro La Fenice di Venezia) dedicato ad un grande tema reso attuale dal riscaldamento globale: la storia del mare, l’intervento inquinante delle attività umane, la crescita del livello dovuta allo scioglimento dei ghiacciai (che fa perdere enormi riserve di acqua dolce). “Si parla tanto delle foreste – ha detto Angela in una intervista – poco degli Oceani. Gli Oceani che assorbono un terzo dell’anidride carbonica e producono un terzo di ossigeno in più dell’Amazzonia. Se turbiamo il loro equilibrio – ha aggiunto – dobbiamo aspettarci grandi guai.”
Delle stupefacenti isole formatesi con i rifiuti che abbiamo gettati in mare, quasi fosse una pattumiera, mi sono interessato in precedenza e quindi a quegli articoli rinvio. Concludo segnalando l’alto valore informativo delle iniziative sopra indicate per accrescere sempre più le sensibilità ecologiche dei cittadini comuni e di quelli operanti nei diversi campi di attività: senza la cosciente collaborazione generale, gli obiettivi virtuosi non potranno essere raggiunti.
In Umbria non abbiamo il mare, ma ugualmente il dovere di tutelare le connotazioni storiche e ambientali della regione e le sue specificità. Per esempio, il tessuto urbanistico del centri storici, malamente definiti minori. Il territorio è costellato di una miriade di borghi ed anche di città che conservano ancora l’impronta della vivibilità sociale. Anche i due capoluoghi, Perugia e Terni, si sono mantenuti dentro questa dimensione. Però con qualche errato intervento urbanistico fatto di palazzi fuori dimensione. Per carità, non si tratta di grattacieli all’altezza degli skyscrapers americani oppure degli Stati arabi. Dove sono state raggiunte altezze inusitate e soffocanti che hanno emarginato l’uomo, imprigionato nel cemento armato. E dove gli abitanti uscendo al mattino e rincasando la sera, passano dalla collina al livello del mare e viceversa.
Lo strumento di mobilità chiamato ascensore è strategico e un elemento integrato nell’abitazione, un salottino appena fuori l’uscio di casa. Ci trovi dentro tanti tuoi simili che non conosci e non hai neppure invitato. Dovresti avere dimestichezza con i compagni di viaggio (negli immensi grattacieli dura non poco), invece no: un branco di sconosciuti come sull’autobus. Tutt’al più, buongiorno e buonasera per corretta educazione. C’è silenzio in ascensore, talvolta qualche imbarazzo, seppure faccia parte della vita quotidiana di una comunità chiamata grattacielo, anonima, senz’anima. Per i claustrofobici, una condizione precaria. Perché, in ascensore, tutto dipende dal cavo (non dal caso) che lo solleva in salita e lo frena in discesa. E’ il protagonista occulto, il cavo. Ti può anche lasciare a mezza strada, tra un piano e l’altro. Quando l’ascensore è gremito, l’aria che si respira, se la analizzi, ci trovi “rare tracce di ossigeno”.
Le scale, nei grattacieli, sono degli optional, impossibili da usare, salvo possedere gambe e cuore da maratoneta. A New York, dicono di averli contati gli ascensori: sono circa 58.000. I tantissimi che abitano ai piani alti, in caso di blocco totale della corrente elettrica, la sera al rientro, vanno a dormire in albergo. Me le immagino le riunioni di condominio, organizzate di sicuro in qualche capiente teatro, similmente alle assemblee politiche, rumorose e vocianti. Insomma, per i viventi in quelle arnie senza miele, un campare mica tanto gioioso. Molto meglio – credete a me – starsene nei borghi collinari dell’Umbria dove “la vita è un’altra cosa, c’è un’aria deliziosa, non è l’aria della città”, come cantava una vecchia canzonetta.
Ora faccio un salto a Terni che mi sembra vittima di alcune sconcezze da evidenziare. Visto un certo attentato all’igiene e al civismo, s’io fossi Sindaco, firmerei una ordinanza per ribadire con forza: “E’ confermato l’obbligo ai proprietari dei cani, circolanti sul territorio comunale, di munirsi dell’occorrente onde rimuovere dal suolo pubblico gli escrementi canini (e aggiornerei le multe). Considerato altresì l’imbrattamento di numerosi angoli e palazzi della città, rilevata l’offesa alla decenza, si ingiunge ai medesimi proprietari (eccola la novità) di circolare insieme al cane, muniti di un contenitore con il quantitativo di detergente e disinfettante necessario per ripulire le deiezioni liquide degli animali in questione (multa esosa ai trasgressori). Siccome siamo in tema, s’io fossi Sindaco, un grosso cartello lo farei affiggere ai due ingressi dell’area verde sottostante i giardini della Passeggiata con scritto: “E’ severamente vietato l’ingresso nei prati ai cani, anche se condotti a guinzaglio”. Si eviterebbe così il malvezzo di alcuni adusi a nascondere gli escrementi solidi di fido in mezzo all’erba dove sovente giocano i bambini. S’io fossi Sindaco non direi, come don Abbondio, “il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare”. Anzi, oserei, ogni protesta negletta.
Da ultimo, ma non ultimo per importanza, il problema dei piccioni, legato anch’esso al decoro e all’igiene urbana. Ne ho scritto più volte: risultati zero. Ce ne sono, a Terni, decine e decine di colonie numerose che riempiono le vie di guano, con conseguenze di carattere estetico e non solo. Nidificano in qualunque pertugio, si posano dappertutto, sui terrazzi, sui davanzali e si riproducono in quantità esagerata. Vanno “ammendati” con rigore coloro i quali, con inopportuno senso umanitario, li alimentano a piene mani, vanificando così i tentativi di allontanamento verso la campagna, dove l’habitat di questi volatili è naturale.
P.S. : Non ho scritto quest’ultima parte per animosità verso i cani e i piccioni, quanto invece allo scopo di tutelare l’immagine di Terni e la sua … nettezza urbana. E, se – dall’argomento di partenza a quello finale – sono passato di palo in frasca, il lettore mi perdonerà.