Sarà il Gip di Peiugia a mettere la parola fine – o viceversa a riattualizzare – l’indagine “chiusa” sul caso di Rossella Corazzin, scomparsa a Tai di Cadore il 21 agosto 1975.
Come riporta l’articolo su La Nazione Umbria a firma di Erika Pontini:
L’avvocato Antonio Maria La Scala, per conto di Giuseppina Trevisan, zia di Rossella (le cugine sono state invece escluse), ha presentato al giudice per le indagini preliminari di Perugia l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal pm di Perugia sul procedimento penale nato dalle dichiarazioni di Angelo Izzo, rese alla Procura di Belluno nel 2015 e poi trasmesse nel capoluogo umbro per competenza territoriale dopo aver tirato in ballo la villa di Francesco Narducci al Trasimeno.
Anzi, i procedimenti iscritti erano due: uno già archiviato nel 2017, l’altro pendente.
Il legale dell’associazione “Penelope”, che assiste i familiari di Rossella, ravvisa elementi che, al contrario di quanto ritenuto dalla Procura di Perugia, evidenzierebbero delle criticità da approfondire, al di là delle credibilità del “mostro” del Circeo. Nei vari interrogatori a cui era stato sottoposto sia dai magistrati di Belluno che da quelli di Roma, Izzo aveva disegnato uno scenario inquietante dietro la morte della ragazza bellunese, sostenendo che Daniela, rapita in Cadore, era stata portata nella villa di Narducci (il medico morto e comparso nelle indagini sul mostro di Firenze), sottoposta a un rituale di violenza descritto nei minimi dettagli e poi uccisa (anche se Izzo non aveva assistito al delitto).
Nell’opposizione il legale chiede al giudice di disporre ulteriori accertamenti investigativi che indica con precisione. Come ad esempio capire a chi fosse intestata la Jeep verde di cui parla Izzo. Il fascicolo era stato iscritto a carico dello stesso condannato per il massacro del Circeo e di altri sei indagati. Ovvero coloro che sono rimasti in vita del gruppo di 12 persone, lui compreso, delle quali il detenuto ha fatto il nome nelle sue dichiarazioni quali corresponsabili della sorte della Corazzin.
Una vicenda complessa ma piena dí “buchi neri” di cui si era occupata la Dia (con una delega della procura di Belluno). Da una parte Izzo avrebbe riconosciuto la villa (venduta dalla famiglia agli inizi degli anni ’90), dall’altra le dichiarazioni dell’ergastolano sono già state ritenute non credibili, anche in passato. Quando Belluno trasmise gli atti a Perugia fu il procuratore aggiunto Antonella Duchini a proporre la richiesta di archiviazione poi trasmessa al gip.
Che ora, dopo l’opposizione, dovrà fissare un’udienza e decidere se gli argomenti della famiglia di Rossella meritano nuove indagini anche a distanza di quaranta anni.