Ci sono stati i controlli delle forze dell’ordine e sono scattate le multe. Queste ultime non sono state numerose: tre in Valle d’Aosta, due a Bergamo, quattro a Bologna, per fare alcuni esempi. Ma nei prossimi giorni le sanzioni potrebbero crescere, dopo le valutazioni delle informazioni raccolte e dei molti video finiti in Rete. La protesta «Io Apro», messa in campo venerdì dai ristoratori esasperati dai divieti, ha diviso la categoria però ha raccolto parecchie adesioni. Oltre 8mila i ristoranti disobbedienti, secondo Tni-Tutela nazionale imprese, associazione promotrice in particolare del flash mob che ha visto gli imprenditori del mondo «Horeca» sedersi a tavola con i dipendenti nelle vesti di clienti. Numerose le iniziative in ordine sparso nelle diverse città. A Milano, riferisce la Questura, gli agenti dei Commissariati hanno fatto una quindicina di interventi nei locali fuorilegge, su segnalazione o durante i controlli sulle strade. Sono state identificate circa 150 persone, nessuna sanzione nell’immediato, viene spiegato. Si procederà o meno dopo una valutazione delle violazioni. Paolo Polli, esercente e attivista della categoria, era nel ristorante La Parilla, in zona Sempione, dove i carabinieri hanno interrotto una cena messicana con balli e 90 persone ai tavoli finita su molti siti. Mary, la proprietaria, ha dovuto rifiutare decine di prenotazioni venerdì e rimarrà aperta anche nei prossimi giorni. «Mi risulta che lei abbia avuto la sanzione da 280 euro (400 se non pagata subito, ndr) – spiega Polli -. Nessun cliente è stato multato, c’è stata solo la richiesta dei documenti. Anche in altre zone ci sono state proteste simili. Io e altri ristoratori eravamo lì per cercare di far andare bene le cose, aiutando Mary e lo staff nel far rispettare le regole. In alcune cose ci siamo riusciti in altre no. Sottolineo che il Covid esiste, ma purtroppo ci sono situazioni economiche che portano a fare anche questo tipo di cose».
L’avvocato Lorenzo Nannelli, coordinatore del collegio di difesa che assisterà gli esercenti nei ricorsi, spiega: «Nel complesso è stata un’iniziativa all’insegna dell’educazione e del rispetto delle norme. Mascherine, distanziamento sociale e coprifuoco rispettati».
Dalla pandemia sanitaria a quella economica, il settore della ristorazione in Umbria perde 548 milioni di fatturato rispetto all’anno precedente. E’ quanto rileva il centro studi Fipe Confcommercio aggiungendo che la quota locale è pari al’1,5% dei quasi 38 miliardi di perdite a livello nazionale.
In Umbria baristi e ristoratori fanno ricorso al Tar contro l’ultimo Dpcm del governo. Ad annunciarlo è Luigi De Rossi, presidente dell’associazione Giustitalia: “Tramite più ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali, patrocinati dagli avvocati dell’associazione – spiega – gli esercenti del settore chiedono alla magistratura amministrativa l’annullamento dell’ordinanza nella parte in cui impone il divieto di consumazione ai tavoli in qualsiasi ora del giorno”. Secondo l’avvocato De Rossi, prevedere una riapertura molto lontana nel tempo e la conseguente privazione di luoghi che possono essere messi in sicurezza e ben controllati dalle forze dell’ordine potrebbe comportare il rischio concreto di “aggregazioni selvagge ed abusive” – soprattutto da parte dei ragazzi – in luoghi privati improvvisati con i cibi di asporto e le bevante per aperitivi incontrollabili. Per adesso sono una quarantina, soltanto in Umbria, i gestori che hanno deciso di impugnare il Dpcm. L’iniziativa viene estesa in tutta Italia ma il ricorso verrà presentato, tra mercoledì e giovedì, direttamente al Tar della regione di competenza. Anche in Umbria i ristoratori hanno dati inizio alla protesta #ioapro, un’iniziativa che sta raccogliendo sempre più adesioni in tutta Italia.
Scelta eclatante di “disobbedienza” ai divieti previsti dal Dpcm che molti ristoratori in tutta Italia sono pronti a mettere in atto alla scadenza delle misure attualmente in vigore. E nella giornata di ieri, l’hashtag #ioapro è diventato virale, con tanti video e messaggi di esercenti della ristorazione pronti a questa forma di protesta per non correre il rischio di vedere compromesso il futuro delle proprie attività. Alcuni di loro hanno espresso le proprie posizioni in maniera chiara e decisa, come nel caso del video.
E mentre in Italia si registrano già oltre centomila adesioni all’ìiniziativa, per quanto riguarda il capoluogo di regione l’unico locale ad aver apertamente annunciato di aderire alla iniziativa di disobbedienza è il Gale di Ferro di Cavallo che ieri sera intorno alle 20 è stato raggiunto da polizia e carabinieri che si sono presentati alla pizzeria e hanno sanzionato i titolari, identificato venti clienti (a cui presto, probabilmente, arriverà una multa) e dunque hanno fatto chiudere il locale.
Daniele Bartolini, uno dei soci del locale, era cosciente di quanto poteva accadere. Già nel tardo pomeriggio aveva ricevuto la visita delle forze dell’ordine che gli avevano spiegato che non si poteva rimanere indifferenti e che sarebbero tornati per un controllo. Nonostante tutto la decisione è stata quella di andare avanti, consapevoli del rischio di una sanzione da 400 euro di multa e di possibili cinque giorni di chiusura. “Abbiamo l’assistenza di uno studio legale che si occuperà delle contestazioni e che eventualmente tutelerà i nostri clienti”, aveva sottolineato Benedetti. Evidenziando come tra la gente ci sia voglia di normalità. Tanto che loro, ieri,avevano fatto il tutto esaurito in fatto di prenotazioni. Sarebbe stato tutto pieno anche stasera e domani. Invece sono arrivate le forze dell’ordine.