Per il tribunale del Riesame la politica ha le sue colpe e non può esserci clemenza alcuna. Alla richiesta di essere liberati dal vincolo degli arresti a domicilio, i politici si vedono respingere ogni istanza. Anzi i giudici ribadiscono l’esistenza di una presunta associazione per delinquere impegnata a tirare i fili di Sanitopoli, riconoscendo un «ruolo apicale» al «livello politico che indirizzava i concorsi più importanti dei dirigenti medici e dei primari, non disdegnando, tuttavia, di farsi portatori di richieste di aiuto provenienti anche da soggetti terzi».
«Dalla lettura degli atti – è scritto nel provvedimento, di 64 pagine – emergono consistenti indizi di partecipazione di Gianpiero Bocci, Luca Barberini e Catiuscia Marini all’associazione per delinquere».
L’ex segretario regionale del Pd (Bocci è agli arresti domiciliari dal 12 aprile) aveva chiesto che la misura cautelare nei suoi confronti venisse revocata, o meglio che venisse ribaltata la decisione del gip Valerio D’Andria che si era espresso in maniera negativa alla sua richiesta di revoca della misura in seguito al suo interrogatorio.
Nelle motivazioni dell’ordinanza si legge: «Il fatto che tra gli aderenti al sodalizio l’ufficio del pubblico ministero abbia provvisoriamente scelto di non includere i politici Barberini, Bocci e Marini non rappresenta, come sembra sostenere il gip, un elemento che inficia, irrimediabilmente, la possibilità di configurare il delitto associativo».
Nella ricostruzione del collegio i tre esponenti politici indagati «operavano attivamente e continuativamente per segnalare i propri candidati di riferimento, ottenendo immediato riscontro dal dg dell’ospedale Emilio Duca e dal direttore amministrativo Maurizio Valorosi e, a cascata, dagli altri soggetti di volta in volta coinvolti dai primi due, arrivando anche a cooperare nella divulgazione delle tracce delle prove d’esame».
Secondo il Riesame «l’imputazione del delitto di associazione per delinquere appare incompleta ed è tale da non comprendere, allo stato, alcune figure che appaiono decisive per delineare la composizione di vertice e il funzionamento del sodalizio criminoso. Pur tuttavia, nella fase delle indagini preliminari e fino all’esercizio penale, per definizione, l’imputazione ha caratteristiche di fluidità e provvisorietà e deve continuamente adattarsi rispetto alle acquisizioni probatorie. Spetterà al pubblico ministero con l’esercizio dell’azione penale definire compiutamente tutte le condotte delle persone che hanno contribuito alla creazione e al mantenimento in vita del sodalizio criminale. In questa fase – spiegano i giudici – l’incompletezza dell’imputazione non impedisce al collegio di procedere alla valutazione sulla sussistenza della gravità indiziaria del delitto associativo e di affermare, sia pure incidentalmente, che i referenti politici individuati nel corso dell’indagine non possono considerarsi una sorta di corpo estraneo al sodalizio».