di Adriano Marinensi – Questo mese di aprile che parla di storia s’era perso nei meandri del mio computer. Però non appare datato. Comincia così. Ci sono state due presenze, in Italia, di Lega Lombarda. Una di vecchio conio, autentica e patriottica, l’altra moderna, apocrifa e di stile grossolano. Dei “lumbard” del tempo remoto, ci parla Giosuè Carducci in una sua ode: “Sta Federico Imperatore in Como ed ecco un messaggero entra in Milano… e squillaron le trombe a parlamento… Milanesi, fratelli, popol mio, vi sovviene, dice Alberto da Giussano… o mandar messi a Cesare o affrontare il Barbarossa in campo.” Aggiunge Giovanni Berchet: “Han giurato, li ho visti in Pontida, convenuti dal monte e dal piano, l’han giurato e si strinser la mano, cittadini di venti città”. Si tratta del Giuramento di Pontida che raccolse intorno al Carroccio, l’esercito di popolo deciso ad affrontare il tiranno. Il 7 aprile 1167 era nata, in Lombardia, la prima lega contro lo straniero invadente.
Quel Federico imperatore in Como è appunto il Barbarossa sceso oltralpe con l’intento di cancellare le libertà comunali, difese invece da quegli eroici resistenti. Si scontrarono a Legnano e vinsero i “milanesi, fratelli, popol mio”. A quella vittoria fa riferimento anche il Canto degli italiani di Mameli e Novaro che, nella quinta strofa dice: “Dall’Alpi a Sicilia, ovunque è Legnano”. Fu grazie all’ardire dei leghisti originali, dagli intenti nobili, che il Barbarossa lasciò in pace l’Italia.
Qualche volta, la scienza e gli scienziati, per affermare le loro teorie innovatrici, sono stati costretti a fare i conti con le tradizioni consolidate, con certa cultura conservatrice e persino con gli “assiomi” di fede. Prendo a modello Galileo Galilei, il pisano geniale, fisico e matematico insigne, personaggio centrale di alcune rivoluzioni del suo secolo. Fu assertore del metodo sperimentale nell’indagine scientifica. E pure convito sostenitore della teoria di Copernico che capovolse il sapere tolemaico: era la terra a girare intorno al sole e non viceversa. La posizione di Galileo invece incontrò la resistenza dell’ Autorità ecclesiastica, convinta che la geocentrica fosse una verità assoluta e il contrario pericolosa eresia. Con le sue concezioni innovatrici, l’eliocentrica contraddiva le Sacre Scritture. L’elezione di Papa Urbano VII, amico ed estimatore, fece affermare a Galilei: “Siamo sul punto di assistere al ritorno dall’esilio del prezioso sapere”. Però, quando scrisse il Dialogo, il Sant’Uffizio lo chiamò a giudizio.
Ed eccoci al 12 aprile 1633, quando inizia il processo con i soliti eccessi inquisitori e intransigenti. Un processo rivolto più che all’uomo, a ciò che culturalmente rappresenta. Attenti Galileo, per analoghe imputazioni, Giordano Bruno (17 febbraio 1600) e Gerolamo Savonarola (23 maggio 1498) sono finiti al rogo! Lui se la cavò rinunciando alla sua “fede scientifica”. Anche se, l’orgoglio di scienziato gli ha accreditato la famosa frase “Eppur si muove”: la terra, voleva confermare, e non il sole. La condanna del Sant’Uffizio fu l’abiura “con cuore sincero e fede non finta” e, per tre anni, la recita settimanale di sette salmi.
Ancora aprile, ma dei tempi vicini a noi. Il 18 aprile 2002, accadde a Milano un fatto di cronaca nera che sconvolse la città. Lo racconto, come in cronaca, partendo dal principio perché è breve. Al mattino di quel giorno, parte da Zurigo un aereo da turismo diretto all’aeroporto di Linate. C’è un uomo solo ai comandi, si chiama Luigi Marco Fasulo, detto Gino, esiguo faccendiere, abbastanza oberato dai debiti. Arriva sul cielo di Milano e gli danno istruzioni per l’atterraggio. La torre di controllo si accorge che sta andando lungo rispetto alla rotta indicata. Poi, l’aereo scompare dai radar dell’aeroporto. E’ andato ad impattare contro il 26° piano del Pirellone, sede della Regione Lombardia. Bilancio: 3 morti, compreso Fasulo e 60 feriti.
Sono le 17,57, l’edificio è avvolto dalle fiamme. Per i tanti presenti negli uffici regionali o intrappolati negli ascensori, sono momenti di terrore. Nell’immaginario collettivo permane ancora il disastro delle Torri gemelle di New York, accaduto solo qualche mese prima, l’11 settembre 2001 (2.977 morti più i 19 dirottatori). Quindi, la prima notizia che corre, c’è stato un attentato terroristico a Milano. La polizia non scarta l’ipotesi, ma ci aggiunge il suicidio, l’errore umano e il guasto tecnico. La relazione conclusiva attribuisce l’incidente alla incapacità del pilota nel gestire l’emergenza del carrello bloccato nella parte finale del volo.
Un altro 18 aprile importante, noi meno giovani lo vivemmo nel 1948, quando, in Italia, si tennero le prime libere elezioni del dopoguerra. Fu un duro confronto politico tra due ideologie diverse, tra lo schieramento di ispirazione cristiana, filo occidentale e il blocco delle sinistre che privilegiavano l’URSS. L’anno prima era finita l’esperienza del Governo di unità nazionale, nato dalla Resistenza, quando De Gasperi tornò dagli USA con in tasca il famoso assegno da 100 milioni di dollari.
Quel 18 aprile 1948, scesero in campo la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, il Fronte Popolare guidato da Palmiro Togliatti, il Partito di Unità Socialista di Giuseppe Saragat, il Blocco Nazionale di Luigi Einaudi, i Repubblicani di Randolfo Pacciardi, i Monarchici di Alfredo Covelli, il neonato Movimento Sociale di Giorgio Almirante. Ci fu una affluenza alle urne di oltre il 90% degli aventi diritto. Gli elettori scelsero la D.C. che ebbe il 48% dei voti. E fummo salvi dal pericolo di finire tra i Paesi d’oltre cortina a sovranità limitata.
L’anno 1948 merita una digressione per un fatto rilevante. Accade il 14 luglio (ne ho scritto di recente) quando lo studente Antonio Pallante spara al segretario del PCI Palmiro Togliatti, ferendolo gravemente. Tanta è la rabbia del popolo di sinistra. Sono ore drammatiche: ricompaiono le armi. Occorre trovare un evento che sposti l’attenzione dalla brutta politica verso una bella impresa sportiva. La compie Gino Bartali vincendo il Tour de France.
In chiusura, un cenno inevitabile agli accadimenti che segnarono la conclusione, in Italia e in Europa, della II guerra mondiale. Il 28 aprile 1945, a Giulino di Mezzegra, in provincia di Como, Benito Mussolini e la sua amante Claretta Petacci vengono uccisi dai partigiani. Il 30 aprile 1945, Adolf Hitler, asserragliato nel fuhrerbunker di Berlino, sotto le macerie della Cancelleria, si suicida insieme ad Eva Braun appena sposata. La sorte di due dei principali responsabili del cataclisma durato sei lunghi anni, si è conclusa in poche ore, in una simbolica nemesi coordinata dal destino.