Di Ciuenlai – Mi potete dare del matto, ma io la penso così. I movimenti politici di questi giorni, da destra a sinistra, sono, per la gran parte , funzionali all'idea di “Partito della Nazione”.
Per questo operano al rovescio di quello che la propaganda vuole far credere. Chi pensa a questa nuova struttura politica, come ad una trasformazione del Pd che ingloba, Alfano, Verdini e soci, non ha capito niente. “Il Partito della nazione” è una specie di coalizione che raggruppa più “offerte politiche”, che si differenziano solo nel linguaggio, ma che hanno un unico obiettivo comune : Conservare e preservare l'attuale assetto sociale dominato dall'oligarchia finanziaria , che, come dice Alfredo Reichlin, mette in opera il “verbo liberista” attraverso i tecnici (meglio gli apparati tecnici) e riduce i Governi nazionali ad “agenzie pubblicitarie” organizzatrici del consenso.
Questa strategia si manifesta in diverse maniere. Si passa dalle larghe intese tra soggetti apparentemente alternativi, al condizionamento dei governi ritenuti non in linea con i poteri forti e con operazioni, come quella italiana, tese a differenziare l'offerta politica all'interno di uno stesso e ipotetico contenitore. Questa idea si basa su un nucleo centrale forte, il Pd, attorno al quale gravita tutto il resto a cominciare dai tanti, piccoli satelliti, che hanno il compito di evitare che il consenso inevitabilmente perso dai democratici, finisca in luoghi indesiderati, tipo i 5 stelle. Allora Berlusconi smonta la sua creatura ne passa un pezzo a Renzi, aiuta il Governo quando serve e si fa vedere in piazza con “gli estremisti della lega e delle Meloni”. Il risultato è quello che tutti i cosiddetti moderati dell'ex Pdl andranno a confluire o direttamente nel renzismo o ad una formazione nascente di presunto”centro” che Alfano, Verdini, Fitto , Cicchitto e chi più berlusconiani ha più ne metta, si apprestano a varare come alleato principale della cordata “Renzi” (Squinzi, Marcegaglia, Marchionne, industriali del lusso, finanziari alla Serra ecc.).
Anche ciò che resta dell'ex centrodestra è funzionale al progetto. Una destra più estremista aiuta a non far scivolare quei voti di protesta verso Grillo. Ma, paradossalmente la stessa funzione rischia di svolgerla anche la nuova cosa rossa. Premetto che qualsiasi operazione che unisca a sinistra, è una notizia positiva da titolare a 8 colonne. Intanto l'iniziativa dell'altro ieri parte con un piede sbagliato, perchè in gran parte legata al solo ceto politico. E su questo mi sento di concordare con le critiche di Civati e Landini. Ma non è questo il rischio peggiore. Il nuovo soggetto politico non può che essere completamente alternativo al Pd che, per le ragioni che dicevo prima, è il nemico, non l'alleato. E non va bene nemmeno la strategia del “un po' e un pò”. A Torino Mettiamo Ariaudo e da altre parti, magari per salvare Zedda a Cagliari, ci si allea coi democratici, prendendo come scusa il programma più “progressista” (sic).
Il nuovo partito deve, come dice Fusaro, uscire dallo schema “Bildemberg” e operare in alternativa e contrapposizione politica completa al partito della Nazione, in qualsiasi forma esso si presenti. Lo dico con benevolenza e in amicizia. A me la storia di Bersani dentro e Fassina fuori non mi convince. Sa tanto di progetto interno al Pd. Uno fa il bastian contrario dentro e organizza la corrente, l'altro mette insieme le forze di sinistra fuori per dare l'assalto al “partitone” nel prossimo congresso. Sarebbe miope, perchè non è tanto cambiare Renzi il problema, ma cambiare la cultura del Pd. Una cultura, che non è di adesso ma insita nel progetto veltroniano di nascita. Una cultura sempre presente nella testa degli ex Pci. Quella di rimettere al centro della politica italiana un soggetto interclassista slegato dalle logiche novecentesche legate all'appartenenza e alla rappresentanza sociale. Il Partito della Nazione non nasce ora, ma con l'avvento del Pd. La sinistra con fatica e tanto lavoro di base, può ritrovare il suo spazio solo disegnando un progetto diverso di società, agganciando le tante cose buone del 900 alle nuove sfide del 21° secolo. E in un quadro del genere non esistono intese con il Partito Democratico dagli Appennini alle Ande, dal Manzanarre al Reno e da Bolzano a Lampedusa.