Di Adriano Marinensi – Alberto Asor Rosa ha scritto, giorni addietro, un articolo nel quale stigmatizza la singolare richiesta del Ministero dell’Università, contenuta nel bando di concorso per i “Progetti di ricerca aventi rilevanza nazionale” (in sigla PRIN). Tra le modalità di presentazione delle richieste di contributo, questa c’è: “La domanda è redatta in lingua inglese”. In aggiunta si dice: “Può essere fornita ulteriore versione in lingua italiana”. Par di capire che l’idioma tricolore, nelle alte sfere del sapere, sia diventato un optional. Mentre si dovrebbe sapere che la lingua – pur in un’epoca di integrazione sovranazionale – per un popolo, è l’identità attribuita dalla storia. Siamo invece alla conferma che il vezzo degli “inglesismi”, entrato a gamba tesa nel nostro costume, finirà per dilagare. Perché ormai, solo inserendo nel discorrere di elevato profilo, termini “esotici”, si riesce ad elevarne il tono e far bella mostra di scienza, altrimenti occulta in quanto pseudo scienza.
In mezzo ai giornali, messi casualmente da parte, uno ne ho trovato che può fare da testimone nella causa di difesa della lingua italiana. Non è di data recente (luglio dello scorso anno), però ugualmente attuale: si tratta di un “inserto” che informa di economia e di finanza. L’avevo consultato in quanto fare un bell’affare, rappresenta sempre una piacevole ventura. Siccome Asor Rosa mi ha fornito l’opportunità (l’offesa recata dal Ministero alla lingua di Dante)), mi sono rimesso a leggerlo, anche per (modestamente) supportare la sua censura. Ho cominciato dalla pagina dove un fund manager dava preziosi consigli per gli acquisti, molto utili per poter realizzare “una gestione tattica dell’asset allocation”. Per esempio, investendo in “solidi asset class che siano legati al concetto di value”. Di lato, su una colonna, si fa riferimento ad “una sorta di roaming”, che, più semplicemente, sarebbe “società di cash management”. Al centro della pagina, a beneficio di quanti (forse non molti) ci avevano capito un fallacciano secco, campeggia la pubblicità orientativa di un think etf. Thinkx, garantito, da un affidabile asset management.
Affinché “Berlino allenti l’austerity”, si legge altrove, è necessario “concludere un merger intraeuropeo” e, nel contempo, “emanciparsi dalla leadership americana”. Sempre a livello europeo, pare indispensabile rivedere il fiscal compact e sembra invece positiva “la nuova versione dell’entente cordiale tra Macron e Merkel”. Per quanto riguarda la futura crescita dell’Italia, pare ci sia un rapporto che migliora le previsioni contenute nel precedente statement. E’ strategico sapere, sempre secondo l’inserto in questione, che una grossa Banca s’è fatta carico delle sofferenze di altre, però subordinandolo il carico alla “totale neutralità dell’operazione rispetto al common equity tier 1 e alla dividend policy”.
Leggo ancora che sarebbero dolori finanziari per noi italiani, se dovessero venir meno il quantitative easing e la spending review. Per di più, si dice che le Fondazioni bancarie non si siano ancora adeguate alla regola del comply or expain. E, nel settore delle assicurazioni, occorre fare attenzione in quanto sembra che le unit linked siano molto legate ai mercati finanziari. Intanto è utile tenere a mente che i green bond stanno diventando sempre meno un “prodotto di nicchia”. Un edge found è uscito da altro big USA del reteil, stante il fatto che “il modello industriale del retailer fa perno sulla stabilità dei conti garantita dal network”. E’ italiana la manager a capo di una prestigiosa start up e questa notizia ci fa molto piacere.
Mi sono imbattuto in due titoli talmente chiari da farmi risparmiare la lettura degli articoli sottostanti. Ecco il primo: “Tra i fang è guerra sugli smart speakers“; il secondo: “Desktop e laptop per il gamer evoluto”. Quindi, ho conosciuto che, nel settore alimentare, “ci sono le vending machine e l’invasione dei biker del cibo” e, per di più, il mondo del cibo “è investito dalla rottura tecnologica delle black factory”. E questo non va bene. Va bene invece che la produzione possa subire mutamenti accelerati e perciò “le machine devono essere switchate, in un campo industriale complesso, dove è difficile gestire la supplì chain”. C’è – sic scriptum est (io sono orgogliosamente erudito in latino maccheronico) – un “impatto dirompente nel settore manifatturiero” che si può chiamare “ industria 4.0 oppure smart manufacturing”. Addirittura 9 Atenei si sono coordinati e “il primo step è stato quello di realizzare un competence center”.
C’è allarme attentati un po’ dovunque e allora ecco il rimedio riassunto in un altro titolo: “Ora scanner per gli esplosivi laptop”. Fermento pure in campo assicurativo e conseguente l’esigenza di “applicare alcune misure correttive come la comunicazione in home page”. Un managing partner ci fa sapere, in una intervista: “Tra i dirigenti è sempre più diffusa la consapevolezza che, per gestire processi di business trasformation complessi, sono necessarie alleanze funzionali e creare ecosistemi per la gestione del cambiamento”. Aggiunge il managing partner che, nella sua azienda, “il cost/income è alto perché stiamo mettendo in atto una politica di crescita organica”. Ci sono purtroppo i miliardi di non performing loans che zavorrano il sistema del credito e l’economia.
Nel campo delle vendite, “sta prendendo piede lo shop – in – shop, all’interno del department store.” E sta andando bene (i clienti sono in aumento) ad una società di cash management dove. In Giappone c’è un self – made – man il quale ha lanciato una sfida al big bang tecnologico e, per vincerla, si vocifera di un grosso investimento in startup dei coworking. Una azienda italiana, costruttrice di gomme per auto, “intende rientrare in borsa avendo dimezzato i tempi del turnaround ed ora ha l’obiettivo di trovarsi, a breve, in un road show e nel credito unsecured.” Importante nota a margine. Vi potrebbe capitare di esser seduti dove si dibatte di crossover di città. Allora, per non fare la figura dei burini, informatevi prima sul significato dei termini seguenti: Cycle highways innovation for smarter people transport and spatial planning. Non si tratta di una espressione di minaccia, semplicemente di “e – bike su strada, per la diffusione del bike to work che consenta nuove tradizioni di bike friendly.” Capito mi hai?
Chiedo scusa, ma, a tal punto, mi sono stufato di leggere e non più in grado di proseguire. Comunque quanto riportato sin qui, penso possa bastare come esempio di un tipo di informazione misteriosa, oggi molto a la page (pardon!). In chiusura, tengo a precisare che, quanto sopra riportato tra virgolette oppure in corsivo, l’ho tratto dal testo originale dell’inserto in questione.