La pandemia CoViD-19 è stata e continua ad essere una emergenza sanitaria, economica, sociale, a livello mondiale. Se la regione Umbria è stata toccata solo marginalmente dalla prima ondata della primavera 2020, a partire dall’autunno 2020 abbiamo purtroppo osservato gli effetti nefasti verificatisi già in altre zone del nostro paese nei mesi precedenti. Infatti, se durante la prima ondata il lock-down nazionale, unito alla localizzazione dei contagi nella zona nord della penisola, aveva risparmiato buona parte del centro e del sud del paese, Umbria inclusa, le successive ondate si sono diffuse più uniformemente nel territorio italiano, anche se in tempi e modi differenti.
Questo è verosimilmente dovuto sia alle diverse strategie di contenimento dell’epidemia messe in atto dalle diverse regioni, in parte dipendenti dalle zone di rischio introdotte con il DPCM del 6 Nov 2020, sia alle diverse organizzazioni e livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali.
L’analisi di Aur (Agenzia Umbria Ricerche) mostra come l’impatto della pandemia da CoViD-19 sull’Umbria si sia manifestato soprattutto in termini di sovraccarico delle strutture ospedaliere. La campagna vaccinale, che si spera possa entrare a pieno regime nei prossimi mesi, dovrebbe ridurre significativamente il numero dei casi gravi, e dunque anche quelli che richiedono un ricovero ospedaliero. Evidenze scientifiche provenienti da paesi esteri, quali il Regno Unito e Israele, in cui la percentuale di popolazione già sottoposta a vaccinazione ha raggiunto livelli importanti, sembrano indicare notevoli benefici in tale senso.