Dopo 256 anni di storia il celebre Calendario Lunario Barbanera sarebbe stato copiato da un prodotto quasi identico, il Calendario della Luna, in vendita sia nelle edicole che online. E ora il giudice civile di Perugia, Giulia Maria Lignani, ne ha vietato la commercializzazione del “falso”, con provvedimento d’urgenza.
Sarà l’udienza del 20 novembre a chiarire la questione, mentre è in corso un’indagine, anche sul fronte penale, con richiesta di sequestro dei prodotti.
Secondo l’Editoriale Campi (tutelata dall’avvocato Giuseppe Caforio, specializzato in tutela di brevetti e marchi), che pubblica il calendario dal 1892, il Calendario della Luna sta producendo un “grave danno” al Barbanera, «arrecato – è scritto nel ricorso d’urgenza al tribunale – dal plagio dell’opera, dalla concorrenza sleale posta in essere e dalla conseguente e inevitabile confusione dei prodotti sul mercato di riferimento».
E in particolare adesso, visto che il prodotto è nel momento di massima vendita, che si esaurirà – sottolinea lo stesso giudice – solo ai primi di gennaio 2019.
Tutto ha avuto inizio a fine ottobre, quando nell’edicola di Spello, a pochi passi dalla storica sede di stampa, la Editoriale Campi acquista il Calendario della Luna, accorgendosi che è praticamente identico al Barbanera che ogni anno tira tre milioni di copie.
Anche i consigli sono analoghi, come pure la carta, ed è commercializzato dallo stesso distributore. Basta cliccare su internet per trovarlo, poi in vendita anche su Amazon.
L’avvocato Caforio ha inviato una diffida immediata alla società milanese che edita il Calendario, ha depositato una querela e fatto istanza urgente al giudice civile, depositando tra l’altro la registrazione del marchio Calendario lunario Barbanera, oltre che il piano di investimenti pubblicitari che ammontano a 500mila euro.
«Abbiamo così voluto evidenziare – spiega l’avvocato Caforio – che stiamo parlando di un prodotto che appartiene alla tradizione culturale italiana. Tant’è che ha avuto un riconoscimento dell’Unesco, entrando a far parte del patrimonio mondiale dell’umanità. Una “clonazione” grave. Quella che in termini giuridici si chiama “Imitazione servile”, vale a dire si realizza un prodotto tale e quale, adottando lo schema ticipo dell’originale, i colori e contenuti, al punto che il consumatore medio si confonde. Chi ha concepito tutto questo lo ha fatto contando sui tempi lenti e farraginosi della Giustizia, che invece questa volta è intervenuta in modo immediato. E questo fa onore a chi amministra la Legge e si dimostra una tutela per coloro che si comportano onestamente e in maniera corretta. Ci sono tutte le condizioni per richiedere un congruo risarcimento danni ed è quello che faremo”.