Un evento senza precedenti quello di far suonare un quartetto d’archi in una abitazione del centro storico perugino. Ieri, mercoledì, in un bel palazzo antico a due passi dall’arco della Mandorla, una di quelle case che poggiano sulle mura etrusche e che si articolano su un labirinto di stanze ricavate dai successivi manufatti medievali, si è consumato il rito di una autentica celebrazione musicale. Quattro ragazzetti di Novara, raccolti sotto il nome di Daidalos hanno affrontato un ristretto e selezionato pubblico convocato in casa sua da Anna Calabro, presidente della Fondazione Perugia Musica Classica. Il concerto è nato sotto l’egida delle Dimore del Quartetto, una rete di benefattori che ospita, tutela e promuove lo studio e l’affermazione di complessi giovanili. Se ne era parlato in settembre quando a Valvitiano, Ilaria Borletti Buitoni aveva dato il la alla buona borghesia cittadina, offrendo un concerto di un ottimo quartetto di giovani coreane. La virtuosa “trafila” di sostenitori vede schierati la Fondazione Berti per l’arte e la scienza, la Dimore Storiche Italiane, il FAI, la Società del Quartetto di Milano, Itsright, la fondazione Enzo Hruby, e Tannico.
La serata in casa Calabro è stata la prima, entusiastica risposta. E c’è da restare semplicemente ammirati di come il mecenatismo si sia emulsionato con la semplicità dell’accoglienza e con la raffinatezza dell’ospitalità.
Non poteva essere diversamente per una donna che, come responsabile di una delle istituzioni più importanti della storia della cultura cittadina, si è personalmente esposta per la salvaguardia di un’eredità che le è stata consegnata, in piena consapevolezza, dalla dinastia Buitoni.
E non si tratta di coltivare una memoria, quanto piuttosto di impegnarsi in un processo di salvaguardia che, ora come mai prima, concerne la stessa sopravvivenza del sodalizio che i padri fondatori della democrazia perugina emersa dalla guerra, offrirono alle nuove generazioni come pegno di crescita culturale ed umana. In questa chiave va considerato l’appello che Anna Calabro ha rivolto nel teatro Morlacchi nel giorno dell’inaugurazione della settantatreesima stagione: sosteneteci, ognuno nel vostro piccolo, sottoscrivendo abbonamenti.
Per venire alla sostanza musicale della serata, ricordiamo come il quartetto Daidalos esca dal Conservatorio di Novara e dal 2015 sia iscritto ai corsi dell’Accademia Stauffer di Cremona. E proprio Simone Gramaglia, uno dei componenti del Quartetto cremonese è il Mentore di una formazione i cui componenti non superano i 21 anni: i ragazzi sanno di dover ancora studiare molto e frequentano di conseguenza laboratori di alta specializzazione alla Hochschule di Berna, confrontandosi coi migliori maestri del settore.
Per noi hanno voluto suonare una quartetto di Beethoven, l’opera 18 numero 4, evidenziando una notevole grinta esecutiva e una spasmodica tensione per la gestione di un materiale che l’autore volle il più possibile sperimentale. Difficile trovare qualcosa di più innovativo del secondo movimento, uno di quegli “scherzetti” in cui Beethoven coniuga ritmo e propulsione dotando le tante pause disseminate nella partitura di una inedita energia. Quando poi si arriva al Minuetto, ci si accorge di essere trascinati da una travolgente onda sonora, con un dinamismo quasi sfacciato nella sua alterigia. Generosamente i ragazzi del Daidalos, alle ripetute istanze dei presenti, hanno voluto offrire un consistente fuori programma, il Movimento di quartetto di Webern, un bel pannello del Decadentismo viennese. Come spesso accade per complessi formati da giovani il Novecento risulta più congeniale della classicità e la dimensione esecutiva è attraente e convincente.
Stefano Ragni