di Adriano Marinensi – La ricorrenza del 25 aprile ha riportato nel dibattito politici i valori della lotta per la libertà. Ed anche qualche opinione difforme. Perché, del periodo riferibile al triennio 1943 – 45, mancano alla storia alcune pagine. Quando la sete di rivalsa fu prevalente su ogni principio di equità e la giustizia sommaria l’attività prevalente. Forse i 20 mesi di guerra civile avevano esasperato gli animi e ottenebrato le coscienze. Molte azioni rimasero “coperte” e non hanno mai consentito di togliere dai “muri maestri” della rinata democrazia le “pietre nere” di alcune verità irrivelate.
Nel 1975, Pier Paolo Pasolini girò un film intitolato “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, un racconto a modo suo di un tratto di esistenza, quando gli italiani sperimentarono gli orrori della lotta fratricida. Quasi non bastassero gli altri già patiti durante il conflitto mondiale. La saga pasoliniana, nel complesso fuori da ogni riscontro, contiene però qualche momento di verosimiglianza, di orge, sesso e soldataglia, propria di quel periodo sciagurato, passato sotto il nome di Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.). Ebbe inizio a settembre 1943 e finì ad aprile 1945. Figli della stessa Patria si fronteggiarono, spesso non per scelta ideologica, quanto per impulso interiore.
Per molto tempo, ci furono anche due Italie: il Sud in mano agli Alleati, sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943, e il Centro – Nord dominato dai nazisti e dai “repubblichini”. Tutto era iniziato il 25 luglio dello stesso anno, con la sfiducia all’operato di Mussolini da parte del Gran Consiglio del fascismo. Poi, il Re Vittorio Emanuele III aveva fatto arrestare il dittatore, il regime caduto, Pietro Badoglio Capo del nuovo Governo fuggito da Roma, insieme alla Corte ed allo Stato Maggiore; i tedeschi invasori dopo l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, firmato a Cassibile il 3 settembre e reso noto cinque giorni dopo.
Una sequela di eventi che avevano mutato drasticamente il corso della guerra, ponendo la popolazione civile tra più fuochi: i tedeschi, i neofascisti, gli Alleati. Alleati divenuti “liberatori” e nazisti “invasori”. Pur se, a volte, fu arduo distinguere quali fossero i più pericolosi. Si pensi, per capire, al bombardamento americano su Milano che, il 20 ottobre 1944, distrusse una scuola, uccidendo quasi 200 bambini. Furono tempi disperati, però qualcuno riuscì pure a morire di morte naturale.
Il duce, recluso sul Gran Sasso, dopo l’arresto, fu liberato dagli alianti di Otto Skorzeni e riportato a Berlino dal suo sodale Adolf Hitler. Il quale gli organizzò un nuovo regime fascista, sotto l’egida delle S.S. Nacque così la R.S.I., con un apparato tipicamente militare: un Esercito Nazionale Repubblicano, coadiuvato dalla Guardia Nazionale e dalle Brigate Nere, il tutto inquadrato in apposito Ministero, retto dal generale Rodolfo Graziani. Quindi l’Aviazione e la Marina e, al vertice d’ogni gerarchia, Benito Mussolini. Un “apparecchiamento” in parte fittizio, che però riuscì a scatenare una contrasto cruento alle forze della Resistenza.
Ebbe la pretesa di darsi anche un assetto di normalità. Singolare la produzione cinematografica per l’adesione di attori famosi all’epoca come Salvo Randone, Emma Gramatica, Doris Duranti, Roberto Villa, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Gli ultimi due, accusati di far parte della polizia fascista, furono uccisi dai “fucilatori facili”. Massiccia la presenza delle radio di propaganda: Radio Soldato, Radio Fante, Radio Patria. Per gli antifascisti, c’era un passatempo pericoloso: l’ascolto di Radio Londra che trasmetteva messaggi considerati disfattisti dai repubblichini.
Era diffuso il detto “canta che ti passa” e allora le canzonette ebbero qualche fortuna, esclusi ovviamente, nel territorio della R.S.I., i ritmi di derivazione americana, considerati immorali. Non mancò il calcio giocato con il Campionato Alta Italia 1944. Esisteva una squadra favorita, i Campioni del Torino, ma, sul campo, vinsero a sorpresa i Vigili del Fuoco di La Spezia. Il fascio però decise di lasciare il titolo ai granata.
Gran parte della storiografia ha considerato la Repubblica di Salò uno “stato fantoccio”, sotto tutela nazista e quindi dotato di nessuna soggettività giuridica; nessuna legittima esistenza gli ha riconosciuto il successivo ordinamento italiano. Lo fondarono, a Roma, nell’Ambasciata tedesca, il 23 settembre 1943. Inizialmente fissò i propri confini dal Lazio in su, salvo poi ridurre la propria dimensione geografica per l’avanzata anglo – americana. Cessò di esistere, ad ogni effetto, il 29 aprile 1945, a seguito della firma di resa da parte del Comando supremo nazista in Italia. Una esperienza fallimentare che però di guai agli italiani ne procurò una montagna, provocando, tra i contendenti, episodi al limite dei crimini di guerra.
Eravamo già alle prese con una miriade di pericoli, disagi e privazioni. Toccava fare i conti con la “tessera annonaria” piena zeppa di bollini per l’acquisto dei generi di prima necessità. Ed il “mercato nero” che arricchì tantissimi avventurieri; un litro d’olio che, in comune commercio (però introvabile) costava 30 lire, in quello clandestino ce ne volevano 300. Il traffico nascosto c’era da nord a sud e talvolta ti imponeva sacrifici inevitabili. E la guerra, brutture sconvolgenti come la Terni del primo bombardamento e dei tanti morti sepolti – c’era il solleone – nella fossa comune.
La tragedia ebbe fine sul lago di Como, negli ultimi giorni di aprile 1945, quando Mussolini fu catturato e fucilato insieme ai gerarchi al seguito delle truppe naziste in fuga. L’ultima immagine di inumana crudeltà comparve nel sinistro distributore di benzina di Piazzale Loreto, a Milano. Un suggello orribile ad una vicenda bellica devastante per ogni assenza di civiltà. Rimasero i rancori, le faide politiche, le sciagurate vendette della giustizia fai da te. Infine, riprendemmo il cammino della democrazia e della libertà, nella ritrovata garanzia della pace.