di Adriano Marinensi – C’è, a Perugia, la sede prestigiosa dell’Opera Nazionale per l’Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani. In sigla, è nota come O.N.A.O.S.I.
Ha più di un secolo di vita ed il compito, sancito nello Statuto originario, di “mantenere, educare ed istruire gli orfani dei Medici chirurghi, Veterinari e Farmacisti, per consentire loro, mediante il mantenimento agli studi, di inserirsi nel mondo del lavoro”. Nel 1901, il Parlamento approvò una proposta di legge presentata dal Deputato perugino Cesare Fani (fu anche Ministro nel Governo Luzzatti), per la istituzione di un contributo a carico dei sanitari che desse sostegno finanziario all’Ente, riconosciuto anche come Ente Pubblico Nazionale. Questo in antico. Oggi, l’O.N.A.O.S.I. ha una funzione strategica nel campo della formazione, dell’assistenza, dell’accoglienza, oltre a rappresentare un punto di riferimento essenziale per centinaia di giovani. Insomma, per Perugia, un fiore all’occhiello. In un recente periodo ha fatto registrare una singolare anomalia.
Sino al 2011 e per oltre 10 anni, questa importante istituzione perugina è stata presieduta ed amministrata da un ternano: il primario ospedaliero Aristide Paci. Anomalia non di poco conto nella storia del “pensiero” (meglio metodo?) politico umbro, improntato alla supremazia del “grifone” nella gestione dei principali centri di potere regionali. Per l’O.N.A.O.S.I. si è fatta una eccezione. D’altro canto come si poteva dire di no ad Aristide Paci, titolare di un curriculum d’alto prestigio, clinico illustre, leader indiscusso dei medici pubblici italiani, protagonista delle lotte sindacali che hanno caratterizzato l’ultimo tratto del secolo scorso, attraverso le quali si è affermato il processo di ammodernamento della sanità in Italia. Con l’episodio di maggiore impatto sull’opinione pubblica, avvenuto il 12 febbraio 1987 : la cosiddetta “marcia su Roma” di migliaia di medici, guidati da Aristide Paci. Proprio lui, il battagliero artefice di un lungo ed aspro confronto con i Governi del Paese, sempre orientato dalla stella polare della maggiore e migliore efficienza del S.S.N., presidio strategico di difesa della salute pubblica. C’è un pregevole volume, in corso di stampa, che narra e documenta quel fondamentale cammino di sviluppo della medicina in Italia. Dal racconto puntuale, con la “voce narrante” di Giuseppe Fatati, emerge la figura di Aristide Paci, delineata attraverso gli atti e le azioni del suo essere stato personaggio sempre al vertice della categoria.
Poi, trentatre anni (forse un record nazionale) alla Presidenza dell’Ordine Provinciale dei Medici di Terni, che, con lui, ha assunto vasta notorietà, anche attraverso iniziative di alto valore scientifico e di scottante attualità come i Convegni, tenutisi a Terni, su “La professione medica e le medicine non convenzionali” (17 maggio 2002) e l’altro su “Dichiarazioni anticipate di volontà” (12 giugno 2009), entrambi con la partecipazione ed il contributo di illustri rappresentanti della scienza medica. Ternano, dicevo, Aristide Paci e quindi – per i motivi sopra cennati – “anomalo” Presidente dell’O.N.A.O.S.I. che, sotto la sua guida, di passi avanti ne ha fatti lunghi e utili ai giovani. Ne sono passati tanti per Perugia, durante la centenaria vita dell’Ente. Compreso un adolescente, un po’ particolare, in antica data. Di costui, arrivato in Collegio dal meridione, si racconta nel libro che, la prima volta, sarà presentato, a Terni, il 20 novembre prossimo: “Nell’ottobre 1906, accompagnato dalla giovane madre, arriva a Perugia, (tale) Rodolfo Guglielmi, testa rasata e orecchie a sventola. Nel registro del Collegio, a Rodolfo, per contrassegnare i suoi indumenti, viene attribuita la matricola n. 48. Suo padre, Veterinario di Castellaneta, piccolo centro in provincia di Taranto, è deceduto da pochi giorni. Deriso dai compagni per le sue orecchie a punta (gli affibiano il soprannome di “pipistrello”), Rodolfo dimostra di possedere un carattere particolare, poco propenso a tollerare gli scherzi, ma anche poco incline al rispetto delle rigide regole del Collegio”. “Quasi ogni giorno, a causa della sua litigiosità, viene punito, sino a quando – era il 1909 – lo espellono per aver colpito un compagno durante un litigio. L’O.N.A.O.S.I., da Perugia lo manda, ormai quindicenne, in Liguria, per frequentare un Istituto di Agraria. Grazie al conseguimento del diploma, può partire per l’America, dove, anziché un posto da giardiniere, trova il successo. Sembra una storia a lieto fine, come tante altre che hanno segnato il cammino del Collegio perugino.
In questo caso però non parliamo di un Rodolfo qualunque, ma di Rodolfo Valentino, uno dei più famosi divi del cinema muto”. E si, quel “collegiale” li, salito in Umbria dal fondo dello stivale, fece impazzire l’America, con la sua immagine da latin lover. Girò film, per l’epoca, traboccanti di passione (I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, Sangue e Arena, Il Figlio dello Sceicco) ed alla sua morte prematura (aveva solo 31 anni) ci furono scene di isterismo collettivo e – dicono – pure qualche suicidio. La tomba, per decenni, è stata meta di adoranti ammiratrici. Quand’era ormai famoso, tornò a Perugia per rivedere il Collegio che lo aveva ospitato fanciullo e dove aveva mosso i primi passi sul palcoscenico. Anche questa bizzarra notizia c’è nella lunga vicenda dell’O.N.A.O.S.I. che si mischia a tantissime altre di “collegiali” diventati personaggi in diversi campi di attività. A testimonianza che l’idea venuta in testa al medico Luigi Casati di Forlì, nel 1874, era lodevole e giusta.