Francesco Rosi, il giovane di buona famiglia che ha compiuto l'atroce atto,uccidendo con due colpi di fucile la moglie Raffaella Presta nella villetta del Bellocchio a Perugia,ha tentato di farsi male più volte in cella.La notizia, non è stata confermata dai legali,ma (da indiscrezioni) tra il 3 ed il 4 Gennaio, Rosi avrebbe tentato di strozzarsi utilizzando una giacca arrotolata al collo sino a soffocare, atto ripetuto anche il giorno successivo, utilizzando una camicia .
In entrambi i casi si è reso necessario l'intervento delle guardie del penitenziario. L'avvocato Maori chiede alla stampa, molta cautela nell'esposizione delle notizie, non conferma l'atto, ma rimarca lo stato di forte ansia accompagnato da uno stato di fortissima depressione del suo assistito.Il noto legale ha dichiarato che il suo assistito “Viene monitorato 24 ore su 24,perché è molto provato dalla detenzione, con problemi seri dal punto di vista psicologico e psichiatrico”.
Come abbiamo più volte scritto, Rosi è in stato di isolamento, Luca Maori ha confermato ” non ci sono attualmente le condizioni affinché possa stare con gli altri”.
Francesco Rosi, malgrado le brillanti arringhe degli avvocati Luca Maori e Donatella Donati, dopo oltre un mese di detenzione dovrà continuare a restare in carcere, poiché a nulla era servita la tesi difensiva -tenutasi tra il 15 ed 16 Dicembre – orientata a far cambiare idea ai Pm che sostenevano,con convinzione,la teoria che Rosi, una volta fuori dalla cella potesse uccidere l'amante della moglie, la cui relazione – si suppone- durasse da anni .
In merito alla premeditazione omicida di Rosi, l'Avvocato Luca Maori aveva sostenuto la difesa che non vi era dal parte del suo assistito alcuna premeditazione omicida e questo emerse da un video -fatto dallo stesso avvocato Maori la sera dell'omicidio- dove si sottolineava come il fucile posto sotto il letto fosse pieno di polvere.
La tesi dell'avvocato Luca Maori venne poi confermata dalla testimonianza di un cliente della Presta che riferiva ai Pm che ,una volta che si era recato nella loro abitazione per fare dei lavori , aveva avuto modo di notare in casa diversi beni in quadri, danaro ed altro ancora di valore e chiese a Francesco Rosi se non avessero paura dei ladri: Francesco Rosi, in tutta risposta, tirò fuori dal letto il fucile. Come se non bastasse i legali furono costanti nel mantenere la tesi che riguarda i diversi tradimenti della moglie (Raffaella Presta) che scatenarono l'ira omicida di Francesco, causata da un attimo di pura follia. I maltrattamenti subiti dalla Presta, nella difesa, vennero interpretati dalla difesa come tentativi di salvataggio da parte di Rosi, del rapporto famigliare.
In sintesi a Francesco Rosi gli vennero negati i domiciliari anche con il braccialetto. A deciderlo fu proprio il Gp.
Gli avvocati descrissero il caso Rosi come quello di una coppia che non esisteva più e che ha indotto Rosi a vivere una situazione psicologica autodistruttiva per aver perso moglie e figlio, che potrebbero indurre (all'epoca lo sostennero gli avvocati ) il Rosi ad azioni pericolose come ad esempio il suicidio in carcere.