Una storia di vita “arenata” è quella che ha raccontato Francesca Petruccioli sul sito folignonline.it e finita anche sulle pagine del Corriere dell’Umbria.
Francesca narra la triste vicenda umana di un senzatetto che ha una tenda come casa.
Quello che segue è il pezzo ripreso dal sito online.
Esce dalla sua “casa” di tela, si aggiusta i capelli e alla richiesta se posso parlare con lui, mi fissa per un attimo e poi dice: «Certamente, come le posso essere utile?». Giovanni, all’anagrafe Giovambattista Rossi, 67 anni, abruzzese ma a Foligno da 9 anni, vive da diversi mesi, in una tenda all’interno del boschetto (proprio vicino all’ospedale San Giovanni Battista) che è stato “la casa” di Manolo, il capriolo.
“Ho studiato al liceo classico – racconta – mentre si aggiusta la felpa logora e si passa la mano sui pantaloni della tuta – ho lavorato come serigrafo, poi ho girato tanto, l’ultimo lavoro a Rimini: stavo in una cooperativa che si occupava di affiggere manifesti ed altri lavoretti. Ma poi sono stato licenziato. E lì che sono cominciati i miei problemi”.
Giovanni è conosciuto alla Caritas, ai servizi sociali, pure dalle forze dell’ordine. I servizi sociali lo hanno aiutato, e lo aiutano, da quando è arrivato a Foligno e ha preso nella Città della Quintana la residenza. Alla Caritas va a mangiare, sia a pranzo che a cena, ma poi, se può, evita di andare nel dormitorio a trascorrere la notte. “Il Comune mi aveva assegnato una casa popolare – dice – ma ad Annifo. E come faccio? Per muovermi ho solo una bicicletta. Sarei isolato”.
“Negli anni passati – dice ancora -facevo qualche lavoretto e così riuscivo a pagarmi anche una stanza. Poi ho dovuto smettere e, quindi, non avendo più reddito, non potevo più pagare nulla. Ed allora ho cominciato ad andare alla Caritas. “Lì sono tutti molto gentili- dice – ma io non mi trovo con gli altri. Così preferisco dormire all’aperto”.
In mezzo al boschetto, che aveva protetto il capriolo Manolo da sguardi indiscreti, c’è la “casa” di Giovanni: seguendo lo stretto sentiero si arriva davanti a quella che è l’entrata. In quel piccolo spiazzo c’è quella che possiamo definire la sua “zona giorno”: ci sono avanzi di cibo in terra che servono per sfamare i due gatti che vivono con lui, appoggiatu su un sedia ci sono una pietra e una caffettiera. I mobili sono formati tutti da sedie: su una ci sono posate e bicchieri, su un’altra una tavoletta che funge da tavolo e di fronte una sedia per sedersi e consumare i pasti, soprattutto la colazione.
Nello spazio appena dietro, ecco la “zona notte”: c’è una tenda con all’interno un letto con un logoro piumone, accanto un comodino. Fuori, su un filo sono stesi i suoi panni: due paia di jeans, un paio di pantaloni marroni, una maglietta e una cravatta a fiori rossa. A terra uno specchio rotondo, appoggiato sulla rete che delimita la zona.
“A lavarmi – racconta – vado nei bagni dell’ospedale o alla Caritas. Certo, ora con il freddo andrò alla Caritas a dormire. Effettivamente nei giorni passati con quella nebbia, ho sentito tanto freddo”. Spera che presto il Comune gli assegni una casa popolare. “Ma in città – dice – fuori non riuscirei a vivere. Da un paio di mesi ricevo anche una piccola pensione di 400euro e così posso barcamenarmi meglio”.
Alla domanda se ha una famiglia che lo possa aiutare, Giovanni abbassa gli occhi imbarazzato. “Sono divorziato. Ho quattro figli: due abitano nel Nord Italia e due in Abruzzo. Li sento, ma non spesso”. Poi nasconde le lacrime e continua: “Non sanno che non ho una casa, non sanno come vivo. Mi vergogno troppo”.
Alcuni residenti della zona si sono preoccupati per l’arrivo della stagione fredda: hanno visto, di notte, Giovanni parcheggiare la sua bicicletta verde ai margini del boschetto, proprio a fianco al centro commerciale “Agorà” ed addentrarsi all’interno. E al mattino, intorno alle 10 lasciare quel luogo, riprendersi la bici e incamminarsi verso il centro.