Mercoledì scorso si è tenuta la riunione indetta dal sindaco Filippo Mario Stirati con la Diocesi di Gubbio, l’associazione Maggio Eugubino, l’Università dei Muratori e le tre Famiglie ceraiole, per decidere sul futuro della prossima Festa dei Ceri.
In maniera collegiale tutti i partecipanti all’incontro, allargato per l’occasione anche ai Capitani e Capodieci per l’anno 2021, hanno preso atto che al momento attuale le normative vigenti non lasciano spazio a una festa corale di popolo, e dunque si è data voce all’intenzione di certificare nei primi giorni di aprile il probabile perseverare dello stato pandemico e delle limitazioni connesse, e quindi di conseguenza provvedere con apposito decreto ad annullare la Festa dei Ceri per il 15 maggio 2021 unitamente a quella dei Mezzani e dei Ceri Piccoli. Tutti i partecipanti all’incontro hanno ritenuto prioritario allo stato attuale “prendere una decisione sul prossimo 15 maggio anteponendo la salute degli eugubini alla celebrazione del rito festivo. In tutte le componenti resta ovviamente viva la speranza del ritorno ad una normalità che possa farci vivere la Festa con l’entusiasmo e la passione di sempre, anzi, rafforzati da questa lunga attesa”.
Già lo scorso anno il Coronavirus “vinse” sulla Folle Corsa, una decisione dolorosa e struggente che avvenne ben 75 anni dopo l’ultima interruzione. Solo le due guerre mondiali, infatti, prima d’ora, avevano fermato la festa, che fu sospesa dal 1916 al 1918 (con la storica eccezione della corsa sul Col di Lana nel 1917) e dal 1941 al 1945 (celebrata comunque dai ceri mezzani). Nell’intermezzo tra i conflitti bellici si tennero anche due edizioni straordinarie: una nel settembre 1928, quando i Ceri presero parte al “Raduno dei costumi” a Venezia, e un’altra nel gennaio 1930, quando i simboli di Gubbio vennero portati a Roma in occasione delle nozze del principe Umberto di Savoia.
L’anno scorso tutti si dissero fiduciosi “arrivederci al 15 maggio 2021”, ma allo stato dei fatti, a fronte di un’emergenza sanitaria che non accenna a scemare, si torna a parlare di una ulteriore cancellazione dell’evento più atteso dell’anno.
La sofferenza ed amarezza di tutti sono calmierate dal forte senso di responsabilità che nutrono i cittadini nei confronti di questo rito festivo in sé, che dunque non può essere tradito neanche in questa occasione, proprio perché “pretendendolo” verrebbe meno quel “senso di allegrezza e libertà” che Papa Celestino III citò nella bolla del 5 marzo 1192 rivolgendosi alla città di Gubbio.
Del resto a fronte dei lutti, delle sofferenze e di chi è costretto a stare lontano dai propri cari, festeggiare significherebbe negare lo spirito che da sempre rende unica questa solenne celebrazione.