L’Aspi (Associazione nazionale manutenzione e spurgo delle reti fognarie e idriche) nei giorni scorsi ha scritto alla Regione, al gestore del servizio idrico integrato Umbra Acque spa (che in 38 comuni svolge anche il servizio di depurazione) e al Comune di Perugia (che tra i soggetti pubblici ha la quota di maggioranza della partecipata). In ballo c’è un problema importante da risolvere in fretta.
Il problema per le aziende è il blocco della ricezione dei rifiuti presso i depuratori di Umbra Acque. Si tratta di una contromisura data la situazione creata da due sentenze. Prima la Cassazione (che a gennaio 2017 ha equiparato i fanghi destinati in agricoltura a rifiuti) e poi il Tar della Lombardia (con sentenza del 20 luglio di quest’anno) hanno precluso lo smaltimento dei fanghi in agricoltura. Era questa la via preferenziale in numerose regioni, Umbria inclusa.
Lo stop ai conferimenti in agricoltura in tutta Italia ha “dirottato” i fanghi verso le discariche (ma con precisi limiti quantitativi e relativi alle caratteristiche qualitative) e gli smaltimenti transfrontalieri, con impennata dei costi, fino al raddoppio. I fanghi, peraltro, non possono restare stoccati negli impianti oltre il limite di 90 giorni (i depuratori gestiti da Umbra Acque producono circa 11.500 tonnellate di fanghi l’anno). E sforare sui tempi di stoccaggio fa scattare responsabilità penali.
II presidente di Umbra Acque Gianiuca Carini parla delle difficoltà di depurazione dei fanghi. «Abbiamo preso provvedimenti immediati per assicurare il funzionamento degli impianti perché sono in atto il blocco dei conferimenti dei rifiuti liquidi prevenienti dalla pulizia delle fosse biologiche, il blocco dei nuovi allacci alla rete fognaria delle nuove attività industriali, più altre misure».
Tutto in attesa che il governo batta un colpo con un intervento di riordino legislativo della materia.