Di Enzo Coli – Aldo Capitini è stato docente di Pedagogia, approdando all’Università di Perugia nel 1965, nella quale città aveva già organizzato la Marcia per la Pace e per la fratellanza dei Popoli, nella domenica del 24 settembre 1961, per le strade che da Perugia portano verso Assisi.
Il prossimo anniversario, dunque, sale a numero 55. Fugit irreparabile tempus. Morì il 19 ottobre 1968,e il 21 ottobre Pietro Nenni scrive sul suo diario questa nota: ”Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della non violenza, ma disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C’è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente e Aldo Capitini era andato contro corrente all’epoca del fascismo e, nuovamente, nell’epoca post fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello”.
E’ noto che Aldo Capitini rifiutò di aderire a qualsiasi partito, poiché “il rinnovamento è più che politico, e la crisi odierna è anche crisi dell’assolutizzazione all’interno delle logiche dei partiti”. Nel secondo dopoguerra Aldo Capitini era stato anche Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, incarico che fu costretto ad abbandonare “a causa delle fortissime pressioni della locale chiesa cattolica e per l’aperta ostilità della Dc”.
A proposito dei partiti politici locali, ricordo bene che il compagno Guglielmo Piatti, che ebbe per molti anni l’incarico dalla sezione socialista di via Pinturicchio della distribuzione delle tessere agli iscritti e della raccolta delle quote del tesseramento annuale, era solito raccontare,con evidente entusiasmo e orgogliosa testimonianza, che egli, tutti gli anni, non mancava mai di consegnare al filosofo, senza chiedere ovviamente il pagamento di nessuna quota, la tessera d’icrizione alla sezione socialista “Filippo Turati”.
E il filosofo della nonviolenza era sempre solito ringraziare con belle parole e saluti a tutti i compagni, accettando di rinnovare lo stesso appuntamento anche per l’anno successivo. Non c’era alcun motivo, in ogni caso, per non credere al racconto di Guglielmo Piatti, la cui schiettezza e sincerità hanno riconosciuto bene tutti i fortunati perugini che avevano l’abitudine di frequentare il suo chiosco birre in piazza Giacomo Matteotti, sul lato del palazzo della Posta.