di AMAR – Correva il lontano anno 1952. Ero studente universitario alla “Sapienza” di Roma. Andai per la prima volta a lezione del corso di Contabilità di stato. Fu anche il mio primo incontro con l’insegnante della materia. Si chiamava Elia Rossi Passavanti. Ne avevo sentito parlare spesso a Terni come di un personaggio di rilievo, figlio illustre della nostra città. Professore non bastava, perché Passavanti era anche un eroe di guerra, decorato di due medaglie d’oro al valor militare. Stimato da Mussolini, seppure spesso in contrasto con lui, amico di Gabriele D’Annunzio, aveva partecipato alla spedizione di Fiume. Deputato del Regno d’Italia prima del fascismo, II Guerra Mondiale aveva messo a disposizione del rinato Esercito italiano il suo prestigio e la sua esperienza di soldato. Il titolo nobiliare di Conte gli era venuto dal Re Vittorio Emanuele III. S’era unito in matrimonio con donna Margherita Incisa di Camerana, dama di compagnia della Regina Elena di Savoia. All’Ateneo romano insegnava Contabilità di stato, in quanto Presidente di sezione della Corte dei conti. Insomma, altro che professore e basta: meglio, monumento nazionale.
Quel giorno del 1952, non fummo in molti ad ascoltarlo. Mi chiese: Da dove vieni? Risposi: Da Terni. Gli si illuminò la sguardo, solitamente austero e penetrante. Eravamo concittadini. E, nel 1952, Terni stava vivendo la grande crisi dei licenziamenti di massa all’Acciaieria. Il famoso “Piano Sinigallia” stava ristrutturando la siderurgia italiana e la nostra fabbrica, cresciuta di personale durante gli eventi bellici, dovette pagare un prezzo alto in termini di occupazione. Alla fine della lezione, Passavanti mi chiamò da parte e volle essere informato sulla dinamica degli eventi. Quel giorno e negli altri successivi.
Mostrava un profondo interesse a quegli avvenimenti. Una volta mi disse: “Quand’ero Podestà, mi parlarono della necessità di ridimensionare l’Acciaieria, perché i grandi manufatti trovavano difficoltà a passare sotto le gallerie di Narni.” Aggiunse, con voce stentorea: “Feci allargare le gallerie.” Una affermazione storicamente non verificata, ma credibile per l’alta dignità dell’uomo, rigoroso nell’azione e nel pensiero. Si raccontava che avesse lo scrupolo di affrancare addirittura le lettere fatte recapitare a mano. Ha fondato e capitalizzato la “Ternana Opera Educatrice”, con il compito di premiare studenti e lavoratori meritevoli. Nella motivazione della prima medaglia d’oro si legge: “Fulgido, costante esempio, trascinatore di uomini, cinque volte ferito, mai lo strazio delle sua carne lo accasciò.”
Conservo in biblioteca due volumi della sua “Storia di Terni”, sottotitolo, in copertina, Splendidissimo Comune d’Italia. Fin dal primo passo dell’introduzione a sua firma, si comprende lo stile narrativo: “La storia affida due strumenti a chi voglia redigerla, il ritrovamento e l’esame delle vestigia documentali, siano esse il papiro corroso dal tempo o l’architrave riscolpito dal cannone o la tomba sacra all’oblio … e dopo la ricostruzione dell’evento … la creazione del nuovo tessuto di vita con i fili rapiti alle spole delle Parche, in una febbre di fantasia che divina la verità.” Mi regalò quei due libri molti anni dopo il primo incontro all’Università di Roma. Da tempo, Passavanti viveva nella nostra città, in un appartamento di Palazzo Carrara, adiacente la Biblioteca municipale. L’aveva ottenuto in cambio della retrocessione al Comune del grande Parco delle Grazie, da lui posseduto “vita natural durante”. E con l’Ente locale, aveva in itinere una pratica di cessione di alcuni suoi beni di notevole valore.
Ero stato eletto nel Consiglio comunale di Terni. Lui, forse scorrendo l’elenco dei Consiglieri, s’ebbe a ricordare di quell’antico allievo all’Università di Roma. Comunque, mi invitò, per un colloquio, a casa sua. L’accoglienza, sull’uscio, parve singolare, con in capo il basco nero e dentro una velatura d’incenso. Più che casa, un museo ricco di cimeli, tutte testimonianze di vita intensa ed autorevole. Ricordo la sciabola appesa alla parete – spiegò – dono dell’eclettico Vate del Vittoriale degli italiani. Più che un colloquio, fu un monologo, ch’io ascoltai con attenzione. Ci fu pure un siparietto curioso. Questo: ” Quando morirò – parole sue – non darò troppo disturbo. Tutto è predisposto. Ho comprato persino la bara. Venga, gliela faccio vedere”.
E’ morto l’11 luglio 1985, a Terni, dov’era nato nel 1896, rimanendo nel ricordo come protagonista della sua epoca, nell’albo d’oro dell’Italia e dell’Umbria. Sopra uno dei volumi che ebbi da lui, c’è la sua firma in calce a questa dedica: “Al dottore Adriano Marinensi, Consigliere comunale di Terni, Condirettore di Quaderni Umbri, contraccambio pensiero, azione e cuore, E il pensiero per Terni, città di triplice veste: Prestigiosa, Potente, Precorritrice; dovrebbe essere per tutti, nessuno escluso, come l’orbita che cinge la pupilla. Le opere, solo le opere eque – giuste – riparatrici necessitano a Terni ed esse sole fecondano – germinano – fruttificano.” Dedica rilasciata in data 13 aprile 1977, l’oggi di 43 anni fa.
P.S.: Sarebbe di sano interesse poter conoscere quale uso abbia fatto il Comune dei beni oggetto della “Donazione Passavanti”, compresa la ricca biblioteca, la storica documentazione, la preziosa collezione d’arte. Per doveroso rispetto all’insigne e munifico concittadino.