Il mandato del Magnifico rettore della Università degli studi di Perugia, in questo momento ricoperto da Franco Moriconi, scadrà nel novembre 2019 e è iniziata da tempo la corsa per la sua successione. Come si ricorderà il primo ad uscire allo scoperto è stato Fabrizio Figorilli. Il prof di diritto amministrativo che ha scelto di dimettersi da prorettore, annunciando contestualmente a docenti, studenti e dipendenti la decisione di candidarsi a guidare Palazzo Murena.
Secondo a scendere in campo è stato il professor Ambrogio Santambrogio, professore ordinario di sociologia e direttore del Dipartimento di Scienze Politiche. Il giorno mercoledì 3 aprile, alle ore 11.30, presso i locali di “Mercato Via Nova” in via Giuseppe Mazzini 15, nel centro storico di Perugia, ha tenuto una conferenza stampa di presentazione del programma definitivo per la candidatura a Rettore dell’Università di Perugia. La versione definitiva del programma è infatti il risultato di un intenso lavoro di discussione della prima versione dello stesso portato avanti nel corso di tre incontri su ricerca, didattica e terza missione organizzati presso il Dipartimento di Scienze politiche e nel corso di numerosi appuntamenti di confronto con Docenti, Personale TAB e CEL e Studenti dell’Ateneo. La prima versione del programma è stata dunque integrata, puntando con convinzione su un metodo ampiamente partecipato, sulla base di tale esperienza di aperta discussione.
Si definisce «un outsider», dice di puntare «al voto libero» e non gli interessano le «cordate». Lavorerà per un Ateneo contemporaneo, “visionario”, prestigioso ed efficiente, legato al territorio e non ad una logica d’impresa, «perché non è scontato che impresa significhi efficienza. L’Università deve assomigliare piuttosto ad una comunità, ad una “fabbrica” della cultura e delle idee».
«Un grande Ateneo – prosegue Santambrogio – deve avere grandi ambizioni». Quanto al mandato di Moriconi «esprimo un giudizio positivo, ma è necessario un cambio di marcia. Moriconi ha fatto il tagliando della macchina. Ora bisogna scegliere altre direzioni». Se diventasse rettore impegnerebbe i primi sei mesi a fare programmazione, istituendo le strutture di governo, alle quali spetta il compito di delineare le azioni da compiere. Quanto al “terzo ruolo” dell’Università, Santambrogio spiega «che nel rispetto delle reciproche autonomie ci si può mettere intorno a un tavolo e individuare una visione, ,un progetto sul modello produttivo di questa regione. Credo che l’Università possa dare un contributo significativo in termini concreti di possibilità di sviluppo. Non soltanto sul fronte dell’innovazione, che è solo una parte del contributo che può venire dal mondo accademico. Più che altro sul versante delle competenze, della conoscenza».
QUESTO IL SUO PROGRAMMA
per la candidatura a Rettore
dell’Università degli Studi
di Perugia
PREMESSA
L’Università italiana sta cambiando. È un processo iniziato da diversi anni, profondo e irreversibile. La sua importanza è pari alla trasformazione che ne-gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso ha fatto dell’Università italiana una realtà di massa.
I principali cambiamenti sono: 1. formazione di ba-se sempre più leggera e diffusa, che si accompagna a livelli di preparazione avanzata meritocratici e competitivi; 2. maggiore attenzione a logiche di mercato e alla ricerca finalizzata; 3. standardiz-zazione e universalizzazione dei linguaggi scienti-fici e delle metodologie di ricerca; 4. forte interna-zionalizzazione e perdita delle peculiarità, di di-dattica e di ricerca, nazionali e locali; 5. valorizza-zione dell’innovazione tecnologica; 6. ideale di una pervasiva “economia della conoscenza”, funzionale ad una “società della conoscenza” mondiale; 7. promozione dell’eccellenza, che può sfociare in una retorica controproducente. In Italia, questa trasformazione ha caratteri tipi-camente nazionali, che non è detto ne valorizzino gli aspetti positivi. Innanzi tutto, da noi, colpevol-mente, mancano le ingenti risorse che costitui-scono il carburante dello sviluppo scientifico dei grandi Atenei mondiali. Inoltre, si stanno eviden-ziando altri aspetti negativi. Si va diffondendo la concorrenza tra Atenei pubblici, che penalizza le istituzioni più deboli; assistiamo alla trasforma-zione di Rettori e Direttori in (pseudo) amministra-tori delegati, senza mezzi e senza risorse; si punta all’attivazione di corsi accattivanti, e non sempre di qualità; si enfatizza il ruolo di istituti e modelli di ri-cerca privati (non sempre migliori di quelli pubbli-ci), minando alla base il prestigio delle Università pubbliche e dei professori che scelgono di lavorar-ci; la valutazione finisce col diventare espressione di una farraginosa, complessa e autoreferenziale macchina burocratica; la meritocrazia, quella vera, rimane sulla carta.
Davanti a tutto ciò, non si tratta di rimpiangere il passato, ma di prendere consapevolezza dei cam-biamenti: per non subirli passivamente e per pro-vare a gestirli. In un Paese come il nostro, avranno sempre peso le differenze locali e regionali. Si prenda la graduatoria dei Dipartimenti di eccel-lenza. Le differenze territoriali sono evidentissime. Bologna ha avuto il finanziamento d’eccellenza per 14 Dipartimenti; Napoli per 5. In generale, sembra che alcuni grandi Atenei, soprattutto del nord, siano più capaci di mettersi in sintonia con i cambiamenti sopra delineati, anche per le caratteristiche dei ter-ritori nei quali sono collocati. Gli Atenei del Sud sembra siano destinati ad arrancare, cercando di valorizzare qualche eccellenza, alla ricerca di una propria identità, in bilico tra passato e futuro. In so-stanza, bisognosi di essere sostenuti. E gli Atenei del centro? E, soprattutto, il nostro Ateneo che ruolo può giocare dentro questo cambiamento?
Didattica, ricerca, servizi agli studenti, struttura amministrativa, gestione del bilancio, rapporti con il territorio e, più in generale, governo dell’Ateneo devono collocarsi all’interno di una identità di Ateneo non contingente e occasionale, espressione di un progetto complessivo. Occorre una idea di Ate-neo che lo renda riconoscibile nel panorama na-zionale e internazionale, che ne guidi lo sviluppo e le azioni di governo. Solo così, senza pensare di dover necessariamente entrare in competizione con realtà più grandi ed efficienti e senza dover fa-re appello a misure assistenzialistiche, potremo costruire un nostro futuro. Dovremo cioè essere competitivi a modo nostro, valorizzando al mas-simo le nostre caratteristiche.
Le idee guida e i punti del programma elencati di seguito provano ad articolare tale identità, alla lu-ce di una idea di fondo: innovazione e interdisci-plinarità. I due termini sono collegati: infatti, l’ibri-dazione dei saperi, partendo dall’idea che tutti i saperi hanno eguale dignità, può costituire il prin-cipale motore dell’innovazione scientifica e cultu-rale. Tra l’altro, penso sia l’unico modo per affron-tare le grandi sfide cui siamo oggi davanti: am-biente, salute, alimentazione, tecnologie, soste-nibilità, fabbisogno energetico, sviluppo, demo-crazia, migrazioni. Un Ateneo come il nostro ha tutte le caratteristiche per dare il suo contributo, sul piano della didattica, della ricerca e della terza missione. Ha dimensioni relativamente gestibili e tutte le competenze necessarie. Per riuscirci, è ne-cessaria la collaborazione tra chi lavora nell’At-eneo e chi, fuori di esso, deve essere coinvolto in un comune progetto di sviluppo.
In questa direzione, vanno difesi la vocazione ge-neralista e l’impianto universalista delle Università pubbliche: in un Paese dove sembra prevalere la frammentazione sociale e culturale, l’Università deve mantenere e difendere il suo ruolo, capace di parlare a tutta la società nel suo insieme.
Alcune idee guida
Il Rettore, e più in generale il governo dell’Ateneo, devono agire ispirati alla massima autonomia, col-legialità, condivisione e trasparenza, puntando sul coinvolgimento di tutti: docenti, personale TAB e CEL, studenti.
Perugia, e l’Umbria tutta, con tutta la loro ric-chezza (storica, culturale, economica e sociale), possono essere il trampolino da cui prendere lo slancio per aprirsi al mondo: anima umbra e voca-zione internazionale sono le basi per una cultura dell’innovazione.
L’Università non è un’azienda, ma deve essere pensata come una grande comunità, che si apre all’esterno, capace di fare da magnete delle atti-vità di tutte le istituzioni culturali del territorio. In quanto comunità, anche nel periodo estivo deve diventare un grande campus aperto, nel quale svolgere attività complementari a quelle dei se-mestri ufficiali.
L’approccio interdisciplinare, ispirato dal rigore scientifico delle singole metodologie di ricerca, deve produrre saperi con rilevanza pratica, votati alla soluzione di problemi concreti. In questa dire-zione, l’Ateneo deve pensarsi e offrirsi dentro il contesto regionale come motore di un nuovo mo-dello di sviluppo territoriale.
Per una Università più dinamica
1. Specializzazione e interdisciplinarità
2. Servizi alla ricerca
3. Qualità della didattica: più integrazione e nuovi modelli di insegnamento
4. Attività di terza missione
5. Il Personale TAB e CEL: una risorsa da valoriz-zare per una Amministrazione semplice, snella ed efficiente
6. Per gli studenti: cultura e servizi
7. Governo snello e collegiale
8. Le strutture dell’Ateneo
9. Ateneo “regionale”
10. Pari opportunità
11. Sviluppo informatico
12. Medicina
13. Il Polo della cultura
14. Il Distretto universitario
15. Internazionalizzazione
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programma_-_santambrogio_in_due_pagine.pdf