di Francesco Castellini – Il Festival dei Due Mondi continua a crescere. Come un fiore che sboccia rigoglioso dalle sue ceneri. Giorgio Ferrara, che lo ha raccolto come si raccoglie una creatura piegata, in ginocchio, umiliata, e ferita da mille piaghe, in nove anni è riuscito a portarlo dai 5.000 visitatori a cui era sceso nel 2007 (ultimo anno della gestione famiglia Menotti), ai 70mila dell'anno scorso.
Bilancio positivo. Per questo 2016 il bilancio fa registrare diecimila presenze in più rispetto alla 58esima edizione e anche un incoraggiante tutto esaurito ovunque, con incassi che hanno superato abbondantemente quota 650 mila euro. La controprova sta negli alberghi spoletini pieni, nei teatri esauriti, e in tutte quelle repliche aggiunte a grande richiesta, come è accaduto per l'Odissea di Emma Dante che ha fatto registrare cinquemila spettatori solo nella prima settimana. Il finale in Piazza Duomo ha poi fatto da ciliegina sulla torta, con un concerto (sold out) che al Pelleas und Melisande di Schönberg, padre della dodecafonia, ha abbinato il Gershwin della jazzistica Rhapsody in Blue (interpreti Antonio Pappano e Stefano Bollani con l'Orchestra di Santa Cecilia).
La soddisfazione piena del direttore artistico si traduce con queste parole: «Funziona il mio festival aperto ad ogni cultura. Ho dimostrato che pop, classico, teatro, lirica e danza possono convivere». Parole di elogio e ringraziamenti per Hunger Artist di Nekrosius, «ricco di raffinatezza e forza drammatica», per l'Eugene Onegin di Tuminas. Ma anche per Tim Robbins «che ha dato al festival il suo 1984, ottima riduzione di Orwell, e un Arlecchino alla californiana». La finestra sulla regia italiana includeva la Cavani, Martone, Emma Dante e Castellucci, «e ha offerto un confronto tra generazioni diverse». «Sono inoltre grato a Robert Wilson, presenza fissa in questi anni, che ha proposto un affascinante omaggio a John Cage».
Le tre donne della mia vita. Il direttore Ferrara, salito sul palco di Piazza Duomo, per presentare il concerto finale, ha poi voluto dedicare un pensiero e un caro abbraccio alle tre donne della sua vita: «Per fare un Festival così ci vuole una grande energia. Io devo tutto alla mia amatissima moglie Adriana Asti, all'amica Franca Valeri e a Carla Fendi che tanto si è adoperata per rendere questo appuntamento sempre più prestigioso e di richiamo mondiale».
Il prossimo anno con Muti. Infine un anticipo per la 60esima edizione. «L'anno prossimo – ha annunciato Ferrara – il Don Giovanni completerà il mio progetto sulla trilogia mozartiana e inoltre per la prima volta Riccardo Muti dirigerà il concerto finale in Piazza Duomo».