di Bruno Di Pilla – Ma è mai possibile, con la Brexit in arrivo a fine gennaio 2020, che Piazza Affari resti di proprietà del Regno Unito? A sollevare il problema è stato, tra gli altri, l’economista ed ex premier Romano Prodi, secondo il quale non si capisce perché il nostro mercato dei capitali debba essere ancora gestito dal London Stock Exchange Group, che ne rilevò il dominio nel 2007. Fondata a Milano nel 1808, Borsa Italiana è rimasta saldamente in mano allo Stato fino al 1998, quando le grida, nei recinti delle “corbeilles”, cedettero all’elettronica e la privatizzazione sfociò nella nascita di una SPA, i cui azionisti divennero le stesse società quotate e gli intermediari finanziari, cioè SIM, SICAV e fondi comuni d’investimento, aperti e chiusi.
A Brexit avvenuta, inoltre, sarebbe un controsenso se il tasso guida sui prestiti a breve scadenza continuasse ad essere, specie dopo lo scandalo Barclays del 2012, anche il Libor, interbancario sulla piazza di Londra di volta in volta ancorato a dollaro, sterlina ed altre valute straniere. Assai più vantaggioso per l’Unione, infatti, è l’esclusivo riferimento all’Euribor, l’interbancario in euro dei 19 Paesi comunitari che hanno adottato la divisa unica, sulle cui oscillazioni può agire la BCE. Né si possono ignorare le strette correlazioni esistenti fra il mercato finanziario e quello monetario, con le piccole e medie imprese europee “affamate” di crediti bancari a bassi tassi d’interesse e tutt’altro che ansiose di andare a caccia di soldi in Borsa tramite l’offerta di costose obbligazioni dall’infimo rendimento. Chi le acquisterebbe? I britannici, ovviamente, non vogliono mollare la presa su Piazza Affari, le cui negoziazioni hanno fruttato al gruppo londinese, dal 2007, ben il 56% dei ricavi totali.
Per neutralizzarne gli appetiti, l’auspicio degli europeisti è che possa concretizzarsi l’ambizioso progetto di un’unica Borsa continentale, nel cui seno confluirebbe anche Milano in virtù del “golden power” esercitabile dal Governo italiano. Candide utopie, tipo quelle sull’unione bancaria e sul comune esercito europeo?