L’Umbria è “habitat favorevole per le infiltrazioni criminali ai fini di riciclaggio e di reinvestimento di capitali illeciti”.
Come riporta oggi Il Corriere dell’Umbria, è questo il passaggio chiave dell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia al Parlamento, riferita alle attività di indagine del secondo semestre 2019. Per la Dia “in Umbria non emerge un radicamento di forme di criminalità gerarchicamente strutturate o che agiscono con le tipiche modalità mafiose, seppure già da tempo si siano registrate presenze insidiose sul territorio”, è scritto ancora nel documento. Il settore più esposto è quello del mattone, anche alla luce della ricostruzione post sisma. “L’operatività della criminalità calabrese”, è riportato in un altro passaggio della relazione Dia, “ha trovato ampia conferma anche nel semestre all’esame. Il comparto edile appare molto esposto al pericolo di infiltrazioni da parte di soggetti legati a sodalizi campani e calabresi, attraverso il controllo delle imprese impegnate nelle fasi di ricostruzione dei numerosi centri abitati danneggiati dal sisma”. Un altro aspetto segnalato è la presenza di quattro istituti penitenziari, “due dei quali (Spoleto e Terni), ospitano da tempo sia detenuti sottoposti al regime speciale ex art. 41 bis , sia detenuti ubicati in sezioni di alta sicurezza”. Ne consegue “un insediamento fisiologico, nelle aree limitrofe agli istituti di pena, di numerosi nuclei familiari dei detenuti, che si avvicinano ai congiunti per evitare il cosiddetto pendolarismo per ragioni di colloquio”. Proiezioni della ‘ndrangheta hanno dimostrato di essere coinvolte “nel traffico di sostanze stupefacenti, mantenendo stretto il legame con le cosche di origine, ma senza disdegnare accordi con la criminalità albanese e romena. Contestualmente, permane la capacità di questa matrice criminale di infiltrarsi nel tessuto economico-imprenditoriale locale, attuando i tradizionali metodi estorsivi attraverso l’intimidazione e l’assoggettamento delle vittime”, riferisce la Dia. Non mancano i nuovi business. Nell’elenco delle varie operazioni delle forze dell’ordine figurano anche arresti per tre affiliati delle cosche Alvaro e Laurendi che avevano “trasferito i propri interessi criminali a Perugia e provincia, dove si erano inseriti in un subappalto per la realizzazione della rete in fibra ottica. Gli stessi assicuravano, inoltre, la circolazione di informazioni con capi ed affiliati, oltre ad occuparsi del pagamento delle armi di cui si riforniva la cosca”. Ma il vero business è quello della droga, soprattutto per la ‘ndrangheta, assicura la Dia.