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Home » Dice l’adagio: Cane che abbaia non morde. A volte crea problemi
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Dice l’adagio: Cane che abbaia non morde. A volte crea problemi

admin06 Mins Read
 
 
 

di Adriano Marinensi – Vorrei rivolgere una rapida valutazione alla recente ordinanza del Sindaco di Recoaro Terme che ha tentato di mettere ordine nel rapporto – direbbe Trilussa, tra “ommini e bestie” – con particolare riferimento ai cori latranti ed ai cani solisti. Con quei loro “concerti”, le bestiole (incolpevoli, si capisce) talvolta fanno strame di molti rapporti di pacifica convivenza. A Recoaro Terme, il proprietario dovrà stare in campana: per chi assiste impavido alla canizza, sono previste ammende da 25 a 500 euro. Si dice che il cane sia un animale intelligente: qualche padrone (che lo lascia latrare a squarcia gola) un po’ meno. Qualcuno poi, a furia di trattenere il guinzaglio del “cane da tiro”, si ritroverà con un braccio più lungo dell’altro.

Nell’ordinanza del Sindaco si legge un interessante discorso sui compiti dell’uomo nell’educazione dei cani e sul dovere di farli vivere in ambienti e condizioni che garantiscano le esigenze della loro natura. Perché, si fa violenza anche tenendo reclusi animali grossi dentro appartamenti piccoli oppure sul balcone di casa o nel giardinetto al piano terra. Il Sindaco ha tenuto però a fare una sottolineatura e cioè “la qualità della vita umana è imprescindibile rispetto a quella degli animali”. Insomma, viene prima e merita adeguate tutele, pur senza coercizioni per gli altri esseri viventi.

 
 

Ci sono state subito le solite severe rimostranze contro il provvedimento ritenuto iniquo, al punto che non sembra escluso, un giorno o l’altro, s’avanzi proposta di storicizzare in legislazione la facoltà di abbaio per cani di ogni razza e volume vocale, considerando l’abbaio un fondamentale diritto di espressione e libero pensiero canino. A valutare seriamente il problema ci pensano e fanno da testimone i punti all’ordine del giorno nelle assemblee di condominio, in cerca di dirimere questioni insorte tra “canisti” e comuni cittadini. Non sarebbe peregrino – proprio in considerazione di tali ed altre controversie – evitare suggerimenti pubblici, talvolta provenienti dalla P. A., come Adottate un cane (con lo scopo di sfoltire i ricoveri municipali e con l’effetto di alimentare il commercio clandestino).

Una volta si diceva “il cane mangia l’osso, perché la carne piace al padrone”. Oggi quell’osso lì è bandito dalla dieta di Fido e sostituito al supermercato, da scaffali colorati, pieni zeppi di sfiziose leccornie, “saporite e di spiccate qualità nutritive”. Ottime se contengono “alimenti completi, bilanciati, digeribili ed appetibili”. Insomma, roba da ristorante umano di buon livello. In attesa che prenda piede la ristorazione animale, seduti al tavolo (i cani) e serviti dal cameriere.

Monumentale è il giro di affari realizzato dai produttori e dai cosiddetti pet shop store, con “notevoli potenzialità di sviluppo”. Crocchette ed altre sciccherie per il palato si possono ammirare anche nei carrelli della spesa. Spesa che diventa ragguardevole se l’animale è di corporatura robusta. Quindi, ad osservarla bene, la signora di riguardo che pilota il carrello, par che dica purtroppo non mi è avanzato manco un centesimo per il poveraccio che tende la mano all’ingresso del “mercatone”.

Un aspetto di collettivo disdoro, che merita d’essere segnalato, riguarda (l’esempio si riferisce alla situazione di Terni) il problema di alcune vie e palazzi antichi del centro storico, trasformati in orinatoi per cani; indecenza che fa il paio con l’altra prodotta dagli escrementi dei piccioni, negatività entrambe di carattere igienico ed estetico (ed antituristico). Guai a chi maltratta gli animali, sia chiaro, pur se diventa scorno generale (bambini compresi) lasciar scorrazzare i cani in luoghi pubblici (i prati) o aperti al pubblico, tanto la vigilanza urbana (altro esempio riferito a Terni) è in perenne latitanza.

Per inciso e onde evitare chiosature improprie, è bene chiarire che parte maggiore della censura non è generica: riguarda l’ululare “costante e prolungato” (va inserito tra i rumori molesti), le attività imbrattamuro del cane, le sue scorrerie, pure di gruppo, che non di rado incutono timore, il sovvertimento dei sentimenti che finiscono per generare situazioni antagoniste nella vita quotidiana.

Insomma, siamo alle solite: esiste innegabilmente l’imperativo di una corretta gestione dei cani, spesso utili collaboratori dell’uomo e presenze che alleviano tante solitudini dilaganti. Forse, in un consesso culturalmente adeguato, non servirebbero neppure le ordinanze e le contravvenzioni. Sarebbe sufficiente un pizzico in più di rispetto delle convivenze sociali e del galateo civile. Per i cani l’impiego, si legge nell’ordinanza in oggetto, di “adeguati strumenti educativi”. Così, tutti potrebbero vivere felici e contenti. E nella scala dei valori, ciascuno al proprio posto.

Per concludere, un paio di notizie, quasi incredibili, colte nella piccola cronaca quotidiana (piccola nell’impaginazione). Per scrivere della prima, ho dovuto interpellare il mappamondo. Volevo sapere dove si trova esattamente il Kurdistan. Ha risposto: in Medio Oriente, tra il Tigri e l’Eufrate. Da quel lontano Paese è partito, lo scorso anno, il piccolo Artin, tenero migrante, insieme alla famiglia, per uno dei sovente funerei viaggi della speranza, in cerca di condizioni di vita che sappiano di qualche umanità. Una sorta di allucinante turismo fai da te. Artin e i suoi, cammina, cammina, cammina, hanno attraversato la Turchia, l’Italia da piedi a capo, quindi la Francia e il Canale della Manica dove l’imbarcazione è affondata, con pochi superstiti. Giorni fa, il corpo del piccolo Artin, riconosciuto attraverso il profilo del DNA, è stato ritrovato su una spiaggia del Mare del Nord, in Norvegia, lontano, lontano, lontano, da dove era nato da poco. Un altro milite ignoto della grande guerra combattuta (e troppo spesso persa) dall’ avventura della migrazione.

Ed ecco l’altra notizia. Che sa tanto di fascismo comunista. Nella Corea del Nord, il caporione Kim Jong – un, quello con la faccia e i capelli quadrati, ha emanato una disposizione che vieta ai giovani di adottare “condotte sgradevoli, individualiste e antisocialiste”, indossando pericolosi vestiti (jeans, in particolare) e acconciature tratte dalla “cultura capitalista”. E chi guarda le sconvenienti soap opera in T.V. peste lo colga (con la “o” chiusa, alla Nazzari). A carico dei contravventori è prevista la pena minima del confino in un campo di rieducazione (‘sti scostumati!). Dice Virgilio a Catone Uticense, presentandogli Dante nel Canto primo del Purgatorio: Libertà va cercando ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta. Per esempio, i ragazzi cinesi di Piazza Tienanmen, a Pechino. Dalle loro parti e dintorni, l’oscurantismo politico e civile è ancora saldo al potere.

 

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