di Francesco Castellini – Un piano Marshall contro la pandemia. L’America torna ad aiutare l’Italia, così come fece nell’aprile del 1948, quando il Congresso degli Stati Uniti approvò il programma di ricostruzione economica dell`Europa uscita stremata dalla seconda guerra mondiale.
Il piano Marshall fu sostanzialmente un dono da parte del paese vincitore alle nazioni uscite dal conflitto bellico, una iniezione di denaro dall’esterno, per l’84 per cento a titolo gratuito…
E se allora ad annunciarlo fu il Segretario di Stato americano George Catlett Marshall in un discorso ad Harvard nel giugno del 1947, adesso a parlare di sostanziali e concreti aiuti all’Italia è il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
«Cento milioni in materiale chirurgico, sanitario». Più una quota di «ventilatori in eccesso prodotti negli Stati Uniti».
L’annuncio l’ha dato domenica, poi nella tarda serata di ieri Trump ha spiegato quale sarà la dimensione del supporto americano all’Italia in difficoltà per il Coronavirus.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ringraziato il leader Usa: «Ho avuto una conversazione lunga e amichevole con il presidente Trump. Sono molto grato per la solidarietà e il sostegno degli amici americani. Continuiamo a lavorare per vincere questa difficile sfida».
Lo stesso Trump ha commentato davanti ai giornalisti: «Ho parlato con il primo ministro Conte, era contento».
La sponda americana, dunque, alla fine si è materializzata, settimane dopo che si erano fatti avanti Cina, Russia e Cuba.
Anche se stando all’annuncio di ieri, purtroppo, non ci sarà quell’appoggio “monetario” cui aveva fatto riferimento Trump nel briefing di domenica 29 marzo, rispondendo a una domanda posta dal Corriere della Sera, attraverso il pool di giornalisti di turno.
Per ora accontentiamoci della consegna del nuovo materiale, che non è cosa da poco e che dovrebbe essere gestita in gran parte dal Pentagono che il 22 marzo scorso ha già spedito un «sistema mobile per la stabilizzazione dei pazienti»: 10 posti per assistere fino a 40 malati in 24 ore.
Una scelta che risponde anche a esigenze politiche.
Dal punto di vista dell’amministrazione Trump, la collaborazione tra i rispettivi ministeri della Difesa sottolinea il legame tra alleati, bilanciando le iniziative umanitarie di Cina e Russia.
«Trump ha anche espresso le sue condoglianze per quanti hanno perso la vita in Italia». «Il capo della Casa Bianca ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti a lavorare con l’Italia e con tutti i nostri alleati europei per fermare la diffusione del virus. E l’intenzione di continuare fornire cure mediche a tutti quelli che ne hanno bisogno».
Ma, a guardare bene, il cordoglio espresso dall’America mette in rilievo un aspetto doloroso e inquietante, vale a dire l’indifferenza dell’Europa di cui siamo membri.
Nemmeno le numerosi morti per Coronavirus e la grande emergenza sanitaria ed economica che sta attraversando l’intero continente europeo riescono a convincere l’istituzioni Ue della necessità d’intervenire immediatamente per consentire di affrontare questa tragica fase ed i suoi effetti devastanti.
E allora ciò che fa più male è la constatazione che nemmeno questi fatti tragici hanno avuto il potere di smussare gli angoli dei Paesi del Nord, con in testa Germania, Olanda e Lussemburgo, i quali rimangono ottusamente fermi nella loro politica improntata al cinico rigore e non disponibili ad accogliere l’istanza di apertura al credito a favore degli Stati membri firmata da nove Paesi fra cui l’Italia, la Spagna e la Francia.
Basti ricordare che dopo sei lunghe ore di parole al vento si è giunti al nulla di fatto, rimandando la decisione di 15 giorni. Un risultato estremamente negativo che in concreto dimostra l’attuale inutile dannosità della Unione Europea, di questo consesso elefantiaco incapace sia di comprendere il momento difficile che sta attraversando il mondo, sia di prendere decisioni efficaci per sconfiggere il virus e tutti i riverberi negativi ad esso connessi.
E così, di fronte a questa Europa così poco solidale forse non è del tutto sbagliato anche il pensare di tornare a riconquistare la nostra totale autonomia finanziaria, che ovviamente passa per la possibilità di tornare a stampare moneta.
Una cosa che ci è vietata. Tant’è che proprio qualche giorno fa la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha bocciato perfino i Coronabond. Togliendoci ogni illusione di riscatto e di ripresa. Sancendo così il fatto che un’emissione di titoli italiani con un tasso di vantaggio oggi l’Ue non ci è per nulla consentita.
Questo mentre alla Germania tutto è concesso. I tedeschi con la scusa della crisi economica provocata dal Coronavirus hanno dato incarico a una banca pubblica di stampare 550 miliardi di euro per sostenere la propria economia, dando vita ad un piano di aiuti per privati e imprese che di certo è in grado di fronte alle perdite subite a causa del Covid-19, mentre il nostro “Giuseppi” Conte esulta per 25 miliardi ottenuti chiedendo l’elemosina con il cappello in mano.
Non rimane che sperare allora che questa emergenza Coronavirus, a fronte di tante tragedie e ingiustizie palesate, si traduca almeno in un qualcosa di buono, vale a dire donarci l’estrema possibilità non tanto di uscire da questa inutile e dannosa Europa, ma piuttosto di darci la giusta occasione per farci cacciare via definitivamente una volta per tutte da questa congrega che ci è nemica, e così sia.
I premi Nobel in coro: “con la lira Italia quarta potenza al mondo”
A sostenere che l’Italia e la sua economia fossero molto più in salute prima dell’introduzione dell’euro sono in tanti. Dal mondo della politica, passando per quello accademico, tutti afferenti all’area cosiddetta euroscettica.
In sostanza la tesi di fondo di questa particolare corrente di pensiero affermerebbe che l’introduzione dell’euro, moneta forte e sopravvalutata rispetto alla precedente lira, avrebbe fatto perdere posizioni all’Italia sia in termini di esportazioni che in termini di domanda interna e quindi di produzione industriale.
Tra le voci più autorevoli nel mondo euroscettico si può citare il Premio Nobel per l’economia Paul Krugman che, nel lontano 1999, ebbe a dire: “Adottando l’euro l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”.
Come non citare un altro grande economista come Joseph Stiglitz che senza troppi mezzi termini dichiarò: “Questa crisi, questo disastro è artificiale e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: l’euro”.
Ancor più esplicita è stata poi la presa di posizione di Amartya Sen: “L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa”.
“Italia quarta potenza”, così titolava il Corsera nel 1991
Mai però ci saremmo aspettati di vedere, in un certo senso, confermate tutte queste affermazioni dalle pagine del Corriere della Sera. Proprio il “giornalone” mainstream che oggi è su posizioni più che favorevoli per l’euro, nel 1991 esaltava l’economia italiana, che a quei tempi vantava ancora la sua moneta nazionale la lira.
Italia quarta potenza – Così titolava il Corsera all’alba di Tangentopoli e di Maastricht. E affermava il vero visto che l’Italia aveva appena superato il Regno Unito come potenza industriale.
E il debito pubblico di allora? Era circa al 100% del Pil, poco più basso di oggi.
Eppure il Corriere non lanciava allarmismi di sorta.