Uno studio toscano sulla plasmaterapia diventa capofila della sperimentazione nazionale per la cura del Covid-19. Su indicazione del Ministero della Salute, spiega la Regione Toscana in una nota, Aifa (Agenzia italiana del farmaco) e Iss (Istituto superiore di sanità) hanno deciso di proporre la sperimentazione della plasmaterapia con siero iperimmune da donatori convalescenti da Covid-19 sul territorio nazionale. E Tsunami (acronimo di TranSfUsion of coNvaleScent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS.CoV2), che già aveva raccolto l’adesione delle Regioni Lazio, Campania, Marche ed Umbria, oltreché della Sanità Militare, è stato scelto quale modello metodologico di riferimento per il nuovo studio.
L’Iss, in collaborazione col professor Francesco Menichetti, direttore di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliero universitaria di Pisa, che sarà Principal Investigator anche della sperimentazione nazionale, sta definendo gli emendamenti necessari.
La plasmaterapia partirà nella nostra regione entro 10 giorni. Ci sono già donatori disponibili e cinque saranno gli ospedali interessati: Perugia, Terni, Foligno, Branca e Città di Castello.
I risultati avuti fin qui, in altre parti d’Italia, sono più che incoraggianti anche se gli esperti dicono che non potrà essere una terapia risolutiva. È una risposta alla malattia e per ora non ce ne sono altre. Un giorno ci saranno farmaci che impediranno la replicazione del virus, ma oggi terapie specifiche non ne abbiamo, e avere a disposizione il plasma diventa importante.
Al momento si tratta di un protocollo solo sperimentale, avviato al Policlinico San Matteo di Pavia (per ora l’unico ospedale), ma che presto potrebbe essere applicata anche in Umbria.
Il comitato etico regionale ha approvato il protocollo “tsunami” per verificare l’efficacia della terapia. In Umbria saranno impegnati gli ospedali di Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello e Branca.
Il protocollo si basa, fa sapere l’Avis, sulla procedura di plasmaferesi. Ovvero, il plasma (che è la parte liquida del sangue, ma che contiene globuli rossi e globuli bianchi) viene prelevato dai pazienti la cui guarigione dal Coronavirus sia stata accertata da due tamponi con esito negativo effettuati nei due giorni successivi alla donazione.
“Il motivo del prelievo – spiegano ancora dall’Avis – è dato dagli anticorpi che i pazienti in questione hanno sviluppato durante il periodo della malattia: una volta prelevato, il plasma viene infuso nei pazienti con sintomi ricoverati in terapia intensiva”. Sono tre le trasfusioni (da circa 250-300 millilitri) a cui verranno sottoposti i pazienti, in cinque giorni.
“Lo studio in corso a Pavia è un’ulteriore dimostrazione dell’impegno che il mondo della ricerca sta attuando per trovare terapie contro il Coronavirus – spiega il presidente nazionale di Avis, Gianpietro Briola – Tuttavia è bene ricordare che si tratta di una fase sperimentale, quindi occorre cautela prima di sbilanciarsi nel riconoscerne l’assoluta affidabilità. Medici e ricercatori, in questo periodo storico così delicato, stanno compiendo un lavoro straordinario: diamo loro tempo di sviluppare una procedura terapeutica certa”.
Terapia sperimentata in Cina e contro l’ebola
La terapia con plasma iperimmune è già stata sperimentata in Cina: è una strategia medica già utilizzata per debellare il virus ebola. Purtroppo, come detto, non vi sono evidenze scientifiche in merito che possano confermare l’efficacia e l’affidabilità della cura. La sperimentazione comunque prosegue: dopo il Policlinico di Pavia potrebbe essere estesa agli ospedali umbri.