Sergio e Saibi, lui ternano e lei tunisina, vivono ormai da cinque giorni nell’auto insieme alle loro bambine, di 16 mesi e 7 anni, dopo aver perso il diritto alla casa popolare. Si sono sistemati nel parcheggio del centro commerciale Cospea e si adattano alla meglio per superare questo difficile momento.
Sergio, ex fabbro, oggi 80enne, peraltro è anche diabetico e ha difficoltà a camminare, motivo per cui ha dovuto rinunciare all’offerta di un alloggio nella casa parrocchiale di Polino, grazie all’interessamento del sindaco Venanzi, per le troppe barriere architettoniche.
Chiedono di poter rientrare nell’abitazione popolare che è stata loro tolta almeno per recuperare le proprie cose.
Come scrive Il corriere dell’Umbria: grazie all’interessamento della Fondazione aiutiamoli a vivere e di un amico avvocato, la vicenda era stata presa a cuore dal sindaco di Polino, Remigio Venanzi, che aveva trovato loro un appoggio in alcuni locali attigui alla chiesa parrocchiale. Sistemazione, però, che è risultata incompatibile con lo stato di salute di Sergio, che è diabetico ed ha grosse difficoltà di deambulazione. Purtroppo le barriere architettoniche presenti in quell’alloggio di fortuna rendevano questa possibilità non idonea alla sua condizione.
Da mercoledì, così, la coppia, con le loro bambine, vive nell’auto davanti al centro commerciale. “Chiediamo solo di avere un tetto sotto il quale dormire, una soluzione dignitosa ma allo stesso tempo fattibile per la nostra condizione”, dicono all’unisono, facendo riferimento proprio alla salute di Sergio. Che nel 2020 si possa arrivare ad una situazione come questa, in generale in Italia e nella civilissima Terni in particolare, pare davvero incredibile.
L’assessore ai servizi sociali Cristiano Ceccotti
«Purtroppo la situazione del signor Sergio la conosciamo da anni – fa sapere Cristiano Ceccotti assessore ai servizi sociali del Comune di Terni – una vera situazione di disagio sociale. Il signor Sergio non risultava intestatario dell’immobile perché il subentro prevede un’anzianità residenziale che lui non aveva. Purtroppo con il decesso del figlio abbiamo dovuto provvedere ad un’analisi sociale e non trovando nessuno in casa e trovando anche le utenze staccate, abbiamo dovuto definire lo sfratto. Quando il signor Sergio è tornato in Italia, nei mesi di novembre e dicembre, abbiamo avuto una serie di incontri in cui più volte gli abbiamo proposto una serie di alloggi alternativi in diverse strutture che lui ha sempre rifiutato perché chiedeva un appartamento solo per lui e la sua famiglia. In base alle normative che siamo tenuti a seguire abbiamo continuato a chiedere al signor Sergio degli incontri, anche interagendo con le associazioni del territorio, che lui ha sempre rifiutato. Siamo pronti ad affrontare la situazione che è di vero disagio sociale, specialmente per le figlie minorenni, ma da parte sua devono esserci i presupposti e i doveri nel seguire una serie di procedure in base alle normative».