di Manuela Acito – L’utilizzo di psicofarmaci da parte di alunni per affrontare verifiche scolastiche ed esami, addirittura di terza media, è stato uno dei temi emersi durante la “Settima della Scuola” promossa dall’Ufficio per l’educazione e la scuola dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve nell’ambito della Visita pastorale del cardinale Gualtiero Bassetti alle comunità parrocchiali del capoluogo umbro. Se ne è discusso all’incontro dei genitori rappresentanti nei Consigli di classe e di Istituto con il cardinale presso la sede dell’Istituto comprensivo “Perugia 5”. Netto è stato il giudizio del dirigente scolastico, prof. Fabio Gallina, nel rispondere ad una domanda di un genitore su questo fenomeno. «L’utilizzo dei psicofarmaci per me è una aberrazione frutto della nostra società sempre più competitiva e di un errato rapporto scuola-famiglia – ha commentato il dirigente –. Somministrare ai propri figli queste sostanze per superare delle prove scolastiche, o anche un esame di stato come è quello di terza media, significa imporre a questi ragazzi un modo di comportarsi che non può essere il loro a quell’età. Alla base c’è sicuramente una interruzione di comunicazione fra scuola e famiglia. Quest’ultima è portata a dare troppa importanza all’apparenza del voto, che diventa una sorta di vessillo da sbandierare da parte dei genitori nel proprio ambiente di vita. Il figlio viene quasi costretto a portare a casa questo vessillo per dare lustro non tanto a se stesso e alla sua formazione in atto, ma alla famiglia. Dall’altra parte c’è probabilmente l’errore della scuola quando avvengono questi fatti, perché la scuola non è riuscita a comunicare, in primis ai ragazzi e poi alle famiglie, che il voto che si ottiene in una verifica non è una valutazione sulla persona o sulla famiglia, ma nient’altro che la misurazione di una prova. Il voto deve servire all’alunno e all’insegnante per capire dove si è arrivati nel percorso formativo ed eventualmente ritarare la formazione successiva. Se c’è corretta comunicazione fra scuola e famiglia – ha sottolineato il prof. Fabio Gallina – e se si riesce a far capire che il voto non è altro che lo strumento per misurare il percorso di apprendimento del singolo alunno, questi fenomeni aberranti non si verificano».