Un San Domenico gremito ieri sera, come sempre accade quando Laura Musella convoca il pubblico di Omaggio all’Umbria nella sua Foligno. L’operazione di un concerto natalizio ha convinto una nutrita squadra di sponsors, in primo luogo il Comune, indi la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la Camera di Commercio, la Banca Popolare di Spoleto, il Gal Valle Umbra e Sibillini. In platea anche il nuovo prefetto di Perugia Claudio Sgariglia.
Si trattava in effetti di organizzare una grande festa vocale affidando alle voci di quattro cantanti umbri il meglio del grande repertorio operistico. A sostenerli nella attraente serata il corpo strumentale dei Cameristi del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Domenico Pierini, una bacchetta intensa e quanto mai propulsiva.
Trattandosi delle imminenti festività natalizie si è deciso di aprire con la Bohème, l’’opera incantata che si apre con una Notte della Vigilia dove non c’è un solo pastorello e neanche una stella cometa. Impostazione del tutto laica nella Parigi rievocata da Murger e musicata da Puccini: piuttosto che al Presepe si va al caffè di Momus a stappare bottiglie di champagne nell’imminenza di godere di “bellezze” del tutto terrene. Tullia Mancinelli e Davide Sotgiu hanno subito agguantato l’applauso con la “Gelida manina”, rilanciando all’istante con “Soave fanciulla”, prima della irruzione di Francesca Bruni e Giulio Boschetti che hanno opportunamente animato la chiusura del terzo quadro, quello della “stagione dei fiori”.
Dato l’alto tasso di qualità musicale offerto dai Cameristi fiorentini il direttore Pierini ha pensato bene di offrirne una campionatura convocando sul leggio solistico il violinista Lorenzo Fuoco che ha offerto una entusiasmante versione del Rondò Capriccioso di Saint-Saëns, una musica dove il virtuosismo impeccabile si coniuga con uno stile forbito e manierato. Cifra colta perfettamente dal bravissimo Fuoco, dopo essersi goduto l’uragano di applausi, subito dopo si è fatto affiancare dalla collega Luisa Bellitto per il Gardel di “Una cabeza”. Siamo in clima di festa e gli scivoloni di repertorio sono ammessi. Oltretutto al pagina è bella e famosa, e ben suonata.
Riprende poi il grande melodramma e il palcoscenico del san Domenico diventa lo sfondo per uno dei più grandiosi quarti d’ora dell’opera italiana, il duetto Germont-Traviata, quello in cui il feroce genitore, lotta per la salvezza del figlio “ammaliato e abbacinato dal fascino di Violetta, che ha dimenticato onore, buone maniere e convenienze sociali. E’ un Giulio Boschetti che oscilla tra eleganza, perfidia e buon senso quello che, progressivamente, massacra la povera Violetta nel nome di una morale cristiana che non concede perdono alla donna che sia “caduta”. Quando Tullia Mancinelli assicura il suo “sacrificio”, l’annientamento della donna è un fatto compiuto: non sono ancora i tempi di Giulia Roberts e di Pretty Woman e le ragioni dell’onore familiare prevalgono su tutte le istanze dell’amore ideale. Il duettone, condotto da Tullia e da Davide con la necessari drammaticità è un po’ intenso e si deve voltare pagina per non rimasticare l’amaro in bocca.
Tocca a Sotgiu evocare il sorriso dell’Elisir d’amore in quella che potrebbe essere una seducente sequenza di un film di Pieraccioni. La pensiamo girata nei campi di Figline, tra file di girasoli. E qui, nella “Furtiva lacrima”, Davide fa sentire il caldo impasto della sua voce in un pezzo che gli è straordinariamente congeniale.
Si chiude col brindisi della Traviata, calici in mano e un po’ di spumante che gorgoglia. La parola al sindaco Nando Mismetti, con un tono da fine mandato, ma la soddisfazione condivisa per uno di quegli spettacoli che solo Laura Musella sa promuovere.
Stefano Ragni