di Francesco Castellini – Di Sanità umbra, dei suoi pregi e dei suoi difetti, ne parliamo con il consigliere regionale Attilio Solinas, presidente del gruppo “Misto-Articolo 1. Movimento democratico e progressista” e presidente della Commissione Sanità Assemblea legislativa dell’Umbria.
Lui, che oltre un politico, è anche uno stimato professionista, medico specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, Medicina interna e Radiologia, responsabile del Servizio di Gastroenterologia ed Epatologia del Distretto del Perugino, presso il Poliambulatorio Europa di Perugia, Usl Umbria 1.
Dunque dottore, a quanto sembra anche in questa Umbria, che ha fatto della Sanità il suo fiore all’occhiello, stanno venendo fuori molte questioni irrisolte. Quali secondo lei le più gravi? Le prime da affrontare?
«Beh, intanto c’è da dire che l’intero Sistema Sanitario Nazionale sta vivendo una fase problematica generale e diffusa. I dati Istat rilevano che in Italia ci sono più di 5 milioni di persone che hanno difficoltà a farsi curare. Per questo motivo in tanti rinunciano anche a sottoporsi agli esami diagnostici. Una cosa molto grave. È evidente che meno si investe sulla Sanità pubblica e più si assiste ad un depotenziamento dei Servizi in termini di operatori e di strumenti. In Umbria ho ascoltato alcune lamentele in merito alla Sanità territoriale dove i servizi non sono omogeneamente rappresentati ed efficienti. Penso ad esempio alla Neuropsichiatria infantile, ai servizi per le persone affette da disturbi dello spettro autistico, alle problematiche relative alle persone con disabilita in generale».
Che idea ha a proposito del fatto che soprattutto in alcuni ambiti specialistici si fa fatica ad espletare tutte le prestazioni richieste. Questo a fronte di una domanda costante, se non addirittura in crescita. Che fare?
«Il medico dovrebbe essere rigoroso nel prescrivere prestazioni e non sottostare alle pressioni dei suoi assistiti. Ci sono delle linee guida da seguire. Dopodiché dal punto di vista dell’offerta di prestazione è chiaro che se gli ambulatori e i servizi pubblici restano aperti solo fino alle due del pomeriggio, e quindi le macchine non sono utilizzate in pieno durante tutta la giornata, l’offerta di prestazioni può diventare inadeguata».
Per quanto riguarda il personale medico, i due direttori generali delle Usl hanno presentato alla Regione il loro Piano del fabbisogno. Si parla di mille assunzioni nell’arco di tre anni. Sarà fattibile? Lei che ne pensa?
«Mi auguro che queste richieste vengano progressivamente soddisfatte. C’è un assoluto bisogno di medici specialisti, tecnici, infermieri. Per questo bisogna partire da un’analisi manageriale dei settori dove c’è più domanda. Anche qui occorre molto investire in professionalità di qualità e in strumentazioni innovative negli ambiti dove c’è più richiesta e razionalizzare la spesa tagliando i doppioni e le duplicazioni. Partendo dal dato di fatto che l’età media dei professionisti è molto alta. In Italia si parla di 25mila camici bianchi pronti ad andare in pensione, in uscita nel giro di poco tempo. A questo si lega la questione del numero chiuso che blocca il numero dei laureati. Ma c’è un altro problema serio, quello delle scuole di specializzazione dove i posti disponibili sono minori rispetto alle necessità. La Regione aumenterà le borse di studio per le specializzazioni in particolare per i medici umbri. Ma soprattutto il Governo deve indirizzare e potenziare il numero dei posti di specialità le discipline specialistiche piu richieste. Vale a dire: radiologia, anestesiologia, e altre specialistiche. Di chirurghi se ne trovano sempre meno».
La politica cosa può fare di più.
«La Sanità è al centro dell’attenzione della Regione. A breve verrà discusso in Commissione il nuovo Piano Sanitario. E non è solo una questione di conti che devono tornare. Bisogna razionalizzare, aggiornare tutto il sistema sanitario regionale, perché e rimasto un po’ indietro rispetto ai nuovi bisogni dei Cittadini. C’è un alto tasso di invecchiamento della popolazione in Umbria e le persone purtroppo, anche per una carenza di prevenzione, manifestano sempre più patologie legate alla vecchiaia. Occorre promuovere stili di vita sani, attività fisica, benessere. E poi c’è un consistente numero di persone con disabilità, spesso non autosufficienti, che in questo momento trova una risposta solo parziale nei servizi assistenziale. E in questo ambito va potenziata l’assistenza territoriale. So che in questo momento a Perugia più di 120 anziani sono in attesa di essere sistemati in residenze sanitarie assistite o protette. Sempre per potenziare l’assistenza territoriale stanno nascendo le nuove aggregazioni funzionali della medicina generale che svolgeranno un ruolo complementare rispetto ai piccoli ospedali, gestendo le situazioni più semplici, il più vicino possibile al domicilio dei cittadini».
Ci sono tante cose da mettere a punto, ma c’è da rimarcare il fatto che la Sanità umbra ancora si distingue per le sue eccellenze, e rimane un polo qualitativamente valido. È d’accordo?
«Non c’e dubbio. Ma per questo per mantenere e potenziare i servizi migliori bisogna fare di più: tagliare i rami secchi e i servizi meno efficienti ed efficaci, accorpando l’attività dei professionisti, creando servizi nuovi dove non ci sono. Le scelte di merito sono fondamentali. Serve una maggiore qualificazione in alcuni settori specialistici perché se è vero che la bilancia pende ancora verso la “mobilità attiva”, che vuol dire che sono di più le persone che vengono a farsi curare in Umbria rispetto a quelle che vanno fuori, è anche vero che c’è un trend che cresce verso la “mobilità passiva”. E questa è una tendenza che va contrastata migliorando la qualità dei servizi, selezionando ancora di più i professionisti migliori in particolare nei grandi ospedali umbri».
Cosa si può fare per ottenere una maggiore qualificazione?
«Serve fare un ragionamento condiviso fra Regione e Università. Bisogna avere scuole di specializzazione ulteriormente potenziate nella qualità dei docenti e dei professionisti che vi operano. Le Scuole dovrebbero, quando possibile, mandare i nostri neolaureati ad acquisire esperienza nei migliori ospedali italiani, europei o in generale nel mondo. La nostra Università è fra le migliori. Bisogna investire sempre di più sulla ricerca e sulla formazione qualificata degli studenti e e dei laureati. Premiare i più qualificati. Superare questa mentalità che è un po’ “mediterranea” e frutto di una patologica tendenza al nepotismo e al familismo. Intendo la tendenza a cooptare il più fedele o il raccomandato rispetto al piu bravo».
Sulle liste d’attesa e del sempre più ricorso all’intramoenia che dire?
«In Umbria sono stati adottati i “raggruppamenti di attesa omogenei”. Che significa dare priorità in base alla gravità della situazione clinica. Bisogna potenziare questo sistema. Sull’intramoenia c’è da ribadire il fatto che un professionista non deve approfittare delle liste d’attesa per fare più prestazioni “private” rispetto a quelle pubbliche. Ma è anche vero che il paziente deve poter scegliere il medico curante. Così come è un diritto del professionista poter avere una retribuzione un po’ più alta attraverso la libera professione perché è più bravo, quindi più richiesto. In più va considerato che l’attività privata dei professionisti è una fonte di introiti per le strutture pubbliche. Motivo in più per cui vanno scelti professionisti bravi, che attraggono pazienti. I benefici, a ricaduta, sono per tutti».
(Questa intervista è stata pubblicata anche sulla rivista Umbria Settegiorni)