La Usl Umbria 1 costretta a ricorrere a medici in pensione per fare fronte alle gravi carenze di organico che si stanno registrando nelle discipline di ortopedia e traumatologia, ginecologia ed ostetricia, medicina e chirurgia d’urgenza.
Lo riporta oggi il Corriere dell’Umbria, facendo riferimento all’ultima delibera (la numero 1656) approvata dal (ormai ex) commissario straordinario, Luca Lavazza, porta la data del 30 dicembre 2019 e dispone che, “in via del tutto straordinaria e temporanea, verranno rinnovati per tre mesi i contratti di collaborazione libero professionale” con cinque medici in quiescenza, “dando così modo a questa unità operativa di poter completare le procedure di reclutamento di personale avviate nel 2019 e prossime alla conclusione”.
LA VERA SOLUZIONE PER RISOLVERE IL PROBLEMA
di Francesco Castellini – “Da qui al 2020 sono previste 1.800 assunzioni in Sanità”. Lo andava ripetendo come un mantra l’ex assessore regionale Luca Barberini, ma intanto la Giunta rossa è rovinosamente caduta, poco o nulla si è fatto, e il nuovo responsabile, Luca Coletto, è ora chiamato a risolvere un problema che rischia di qui a breve di diventare un’emergenza.
Da tempo le aziende sanitarie regionali lanciano appelli e lamentano un fabbisogno di personale qualificato che non trova soluzioni. C’è carenza di ortopedici, cardiologi, anestesisti, pediatri, radiologi, professionisti dell’emergenza, e nonostante i Piani triennali 2018-2020 prevedano un totale di circa 12.800 unità, si continua a navigare a vista, semplicemente aumentando i turni di lavoro.
Come se non bastasse, su tutto pesa come un macigno il programma di pensionamenti. Sulla base delle ultime stime, nei prossimi dieci anni in Italia andranno in congedo più di 52mila dottori, circa il 50% degli attuali. Le nuove leve non basteranno a compensare la perdita. In Umbria si calcolano circa mille collocamenti a riposo, con un ammanco di più di 300 figure fondamentali, il 15% del totale.
«Già oggi facciamo fatica a trovare queste professionalità. Le aziende lottano tra loro per prendersele e talvolta i concorsi vanno a vuoto». A lamentarsi sono la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (Fimmg) e l’Associazione Medici e Dirigenti del Sistema Sanitario Nazionale (Anaao). Mentre dal canto suo, l’Associazione Medici Stranieri in Italia (Amsi) ha registrato il polso della situazione. “Entro il 2026 – si legge in una nota – saranno almeno 100.000 i medici di cui si avrà bisogno sia nel settore pubblico quanto privato. Mancheranno inoltre all’appello 60.000 infermieri e 30.000 fisioterapisti. A questo si deve aggiungere la sempre più crescente richiesta di medici italiani di trasferirsi all’estero”.
E pensare che il problema non sussisterebbe se ci fossero nuovi e ben programmati ingressi, ma si sa che l’attuale sistema di studi non permette un ricambio sufficiente.
Da quando si va avanti con questa storia delle facoltà a numero chiuso, ferme peraltro a parametri ormai vecchi e superati da un pezzo, la situazione sta arrivando al collasso.
Uno spiraglio arriva dalla proposta di legge contenuta nel testo depositato dal deputato del M5s Manuel Tuzi in commissione Cultura alla Camera. Secondo quanto prevede la riforma, come riporta il sito Miur Istruzione, il primo anno sarebbe aperto a tutti: medicina, odontoiatria, chimica e tecnologie farmaceutiche, farmacia, biologia e biotecnologia. Al secondo verrà valutata la carriera dei singoli studenti, e da lì lo “sbarramento” più selettivo basato sulle reali capacità dimostrate sul campo. I migliori potranno continuare a studiare medicina, senza più essere sottoposti a ulteriori selezioni. Agli altri, che non hanno fatto un numero di esami sufficienti e/o hanno avuto voti più bassi, non verrà consentito di proseguire. Le nuove regole valgono sia per la facoltà di Medicina e Chirurgia, sia per le lauree triennali, come infermieristica, Fisioterapista, tecnico di laboratorio, etc. La proposta ha fatto esultare le associazioni degli studenti e soprattutto coloro che già avevano messo in bilancio l’idea di andare a studiare medicina in Albania o Romania. Dall’altra parte invece, resta alto il muro di chi sa vedere in questo percorso di innovazione solo un rischio sovraffollamento, senza prendere atto che di medici e infermieri c’è urgente bisogno.
(Articolo pubblicato sul periodico Umbria Settegiorni)