Carlo Timio e Mario Timio, sono gli autori di “Breve storia dell’informazione – Dall’oralità all’intelligenza artificiale”, con prefazione di Dario Antiseri e postfazione di Roberto Conticelli. Per Rubbettino Editore, 2020 (pp. 222, € 15)
I passaggi cruciali da una comunicazione all’altra hanno sempre determinato significativi mutamenti, innescando crisi di identità nel mondo dell’informazione. E anche oggi, nell’era digitale che sta provocando una profonda variazione nella fruibilità delle notizie tra social network e intelligenza artificiale, si sta assistendo a un cambio di paradigmi e piattaforme.
Percorrere la storia dell’informazione dimostra la necessità di conoscere e di sapere, soprattutto in tempi di crisi, sia per la tenuta della democrazia, che per dare forma a una propria coscienza e bagaglio culturale. E mentre da un lato la libertà dei giornalisti è spesso messa a dura prova da censure, lobby e dittature, dall’altro il mare magnum dell’informazione con le variegate tipologie di giornalismo, tra quello scientifico, d’inchiesta, locale, sta creando un’infodemia che ha provocato la nascita delle fake news generando al contempo l’esigenza di essere costantemente informati con notizie di qualità.
La finalità del libro è quella di evidenziare la storia dell’informazione e le libertà di coloro che ne fanno il fulcro delle proprie attività: i giornalisti. I quali, nella loro libertà, descrivono la realtà in modo distaccato, oggettivo, imparziale, per offrire al lettore una visione giusta e un recepimento corretto dell’informazione. Informazione iniziata con segni pittorici o grafici, proseguita con il torchio di Gutenberg, è oggi attualizzata con la diffusione del digitale. Viene tracciata la storia dei primi giornali sottolineando il concetto di “credibility and fairness” fino all’instant articles definendone i vantaggi e i limiti. È data enfasi al contenuto giornalistico di obiettività e oggettività, di parzialità e faziosità, di spiegazione e interpretazione sulla scorta dei moderni canoni epistemologici. Il ruolo del giornalista nell’era digitale e nel mondo dell’intelligenza artificiale viene analizzato nei suoi variegati aspetti.
La salvaguardia dell’indipendenza dell’editoria è il filo rosso del libro e della libertà dei giornalisti. Chi gestisce il potere politico non ama il giornalismo critico; chi lo approva lo blandisce. Esemplificazioni della stampa amica del principe vengono da ogni nazione in ogni momento storico. Numerosi sono i giornalisti che pagano con la vita l’anelito di libertà. Del giornalismo scientifico si riportano il caso Wakefield sulle vaccinazioni e sulla manipolazione di risultati scientifici. Particolare enfasi è data al giornalismo d’inchiesta. Il valore del giornalismo locale è dettagliato così come la sfida del deepfake. È elemento interessante il nuovo impatto dei giornalisti nella diffusione degli emoji che sembrano riportare all’epoca dei geroglifici. Alcuni capitoli sono dedicati all’informazione digitale all’insegna dell’intelligenza artificiale. Per chiudere viene esaltato il pericolo di “dipendenza” dei giornalisti dai social network.
Nella prefazione il professore e filosofo Dario Antiseri afferma: “Da questo libro c’è molto da imparare: sia su specifici e significativi tratti della storia della comunicazione come anche su argomenti ineludibili – e di grande attualità – quali, per esempio, la comunicazione dopo la rivoluzione elettronica, la qualità e le sfide dell’informazione digitale, il giornalismo al tempo dell’intelligenza artificiale, l’impatto sul giornalismo da parte dei social media che stanno cambiando le modalità di produzione e di consumo dell’informazione. In ogni caso, quanto va sottolineato è che se c’è un tema che, in contesti differenti, attraversa l’intero lavoro di Carlo e Mario Timio è proprio quello ‘classico’ dell’oggettività dell’informazione”.
Il Presidente Ordine dei Giornalisti dell’Umbria Roberto Conticelli nella postfazione sostiene: “Viviamo in un flusso ininterrotto di informazioni, in un’infosfera globale che oggi come mai sta mostrando anche ai più distratti la sua forza e le sue criticità. Perché ora, in questo esatto momento, l’informazione e il mestiere di giornalista, stanno rivelando anche ai detrattori la loro essenzialità, strumenti cardine nella formazione di una coscienza collettiva alla quale, strano a dirsi, è affidata la sopravvivenza del genere umano, o meno apocalitticamente, il ritorno alla normalità. Per questo leggere proprio in questo momento le pagine che i colleghi Timio mi hanno generosamente affidato al tempo del Covid 19, è significato non solo riflettere sull’alba della scrittura e della cultura nella nostra civiltà occidentale, non a caso affidata a Omero e Ulisse, e coglierne gli sviluppi nel tempo e nello spazio, ma è voluto dire entrare nella più ampia sfera della storia della comunicazione e poi dell’informazione, presidi incontrovertibili di conoscenza e democrazia. Vero, dalla cultura orale all’era digitale, alla ‘quarta rivoluzione’, sono passati millenni, eppure la funzione principale sembra quasi la stessa, il rapporto tra sé e il mondo, tra i fatti e la loro comprensione. E poco importa se come affermato da Platone nel Fedro, in una difesa strenua della cultura orale, che la scrittura dia solo ‘parvenza’ di conoscenza, i media evolvono e la mente con loro, così come i modelli di apprendimento. Quel che invece resta e deve restare è il modo corretto, trasparente, leale con cui i mezzi e l’informazione sono utilizzati”.