di Emanuela Traversini – Ha debuttato ieri sera al teatro Cucinelli di Solomeo la nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria: “L’ora di ricevimento” di Stefano Massini, diretta da Michele Placido e interpretata da Fabrizio Bentivoglio insieme alla compagnia dei Giovani dello Stabile.
Ambientato in una banlieue. Come per “7 minuti” – lo spettacolo di Massini da cui Placido ha tratto un film – l’ispirazione della pièce arriva dalla Francia, mossa da un incontro dell’autore con un insegnante e dai noti fatti di cronaca che hanno colpito la nazione. Stefano Massini ha uno sguardo europeo che gli consente di ambientare la pièce in una banlieue di Les Izards, nella città di Tolosa, dando vita ad una storia intensa tutta francese ma che potrebbe accadere in forma analoga nelle periferie delle nostre metropoli. Una storia ambientata in una scuola, perciò vicina a tutti, in cui tutti possono ritrovare qualcosa delle loro vite.
In scena c’è Ardeche, un professore di materie letterarie – interpretato da Bentivoglio – che “abita” in aula, nella scatola d’intonaco sotto al “grande uguale” delle luci a neon, ed è così radicato nella scuola da essere diventato quasi un tutt’uno con quell’edificio. C’è un professore di matematica – Francesco “Bolo” Rossini, di nuovo una conferma per la sua ottima interpretazione – capitato per caso nello svolgersi degli eventi e dapprima sopraffatto, poi del tutto a suo agio nel gestirli. Ci sono i genitori degli alunni, figure chiave per comprendere il comportamento dei loro figli: i bravi e versatili Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Rabii Brahim, Vittoria Corallo, Andrea Iarlori, Balkissa Maiga, Giulia Zeetti, Marouane Zotti. E ci sono 13 alunni, “compagni di soprannome”, sempre gli stessi, anche se cambiano ogni anno. In realtà i ragazzi non sono sul palco, ma Massini ce ne dà una descrizione così minuziosa che ci sembra di vederli: sentendo le parole che il professor Ardeche dedica a ognuno di loro, ciascuno di noi è libero di inventarsi il loro volto in base al proprio vissuto.
Per ogni alunno il professore ha pronto un soprannome, che fa sorridere appena pronunciato ma che in realtà immobilizza i ragazzi in una categoria dalla quale il professore per primo non si preoccupa di farli uscire, condannandoli inconsapevolmente a rimanere quello che sono (o quello che appaiono).
Il suo, d’altra parte, è già un compito molto difficile: la classe, multietnica, è l’emblema di un incontro-scontro culturale, sociale e religioso caratteristico di questi tempi, ma lui non si tira indietro: è un professore esperto, posato, attento, è un osservatore lucido e riflessivo, bravissimo con le parole, parole dense, pesate, precise e che esprimono tutta la sua arguzia. È ironico e sa gestire i suoi ragazzi, anzi, domarli, conquistandoli con le loro stesse armi, quando necessario. Quello del professor Ardeche è un ruolo intenso e bellissimo, interpretato alla perfezione da Bentivoglio, capace fin da subito di catturare l’attenzione del pubblico come pochi.
Lo spettacolo è piacevole e divertente, e offre molti spunti di riflessione, tocca temi delicati in maniera esplicita ma con l’apparente leggerezza della commedia, racconta senza ipocrisia una società in cui convivenza e integrazione sono complicati, affronta il tema dell’educazione contrapposto a quello dell’insegnamento e anche la frustrazione di un uomo che vorrebbe dare tanto ai suoi alunni, ma si trova bloccato dalla difficoltà di comunicare con loro.
La pièce sarà ancora a Solomeo fino al 16 ottobre, sarà poi a Terni, Spoleto, Narni e da lì proseguirà in tournèe in Italia.