L’Umbria, dal punto di vista economico sta ancora soffrendo molto, e anche in prospettiva non si riesce ad intravvedere una luce in fondo al tunnel.
Lo sancisce a chiari note Bankitalia, presentando l’aggiornamento congiunturale del rapporto sulla regione, disegnando in base alle prime proiezioni di Prometeia, una situazione ristagnante, con un 2019 che rischia di chiudersi col Pil in campo negativo, a -0,1%, poco sotto le previsioni a livello nazionale di un +0,1%.
Numeri presentati in una conferenza stampa tenutasi nell’aula magna di Economia all’Università di Perugia. Presenti Luca Pilli, responsabile della filiale regionale di Perugia, Paolo Guaitini e Giovanni Carnevali, del Nucleo per la ricerca economica della Banca d’Italia di Perugia.
A farne le spese è soprattutto l’export, che poi era il settore che stava dando i maggiori segni positivi e che rappresenta quella piccola parte di imprese umbre più dinamiche, che in questi anni di crisi avevano resistito innovando e vendendo all’estero, ma che ora devono fare i conti con una realtà che li blocca e sperare in attesa di tempi migliori.
Secondo il direttore della filiale di Bankitalia di Perugia, Luca Pilli, «siamo di fronte ad un quadro in cui l’industria continua a dare segnali importanti, ma più deboli rispetto all’anno scorso».
Bene la meccanica, l’abbigliamento e l’agroalimentare, ma il rallentamento si fa sentire soprattutto nel settore auto che è poi quello che va ad incidere fortemente sull’export, con un -23%.
Incoraggianti i dati che arrivano dal settore turismo che fa registrare un +4% di presenze nel primo semestre, mentre l’edilizia è ancora debole con timidi segnali di ripresa su cui non ha inciso, peraltro, quasi per niente la ricostruzione post sisma, rimasta al palo.
«Ed è evidente – ha detto Pilli – che se le imprese investono meno, cresce il credito al consumo delle famiglie e cresce la liquidità nei conti corrente».
Sintesi dell’aggiornamento congiunturale
Nel corso del 2019 l’attività economica in Umbria ha rallentato; vi ha inciso l’indebolimento di investimenti e domanda estera, che avevano sostenuto la fase di ripresa. Le crescenti incertezze sul mercato nazionale e su quello globale condizionano anche le aspettative a breve degli imprenditori, che rimangono improntate a prudenza.
L’indebolimento della domanda mondiale e le aumentate tensioni nel commercio internazionale hanno frenato l’aumento del fatturato nell’industria; la crescita dell’export, in particolare, è passata dall’8,7 per cento del 2018 all’1,8. L’andamento delle vendite, confermatosi positivo per macchinari, prodotti chimici e abbigliamento, è peggiorato nel comparto dei metalli e, più drasticamente, nell’automotive.
L’edilizia è rimasta debole pur evidenziando lievi segnali di recupero: sono aumentati sia il numero di operai iscritti alle Casse edili (+2,1 per cento) sia le ore lavorate (+6,4) e l’andamento della produzione è tornato a migliorare. Le compravendite di abitazioni si sono incrementate (+7,4 per cento, in linea con la tendenza nazionale) anche grazie al basso livello dei prezzi. Il contributo dell’attività di ricostruzione post-sisma è assai modesto a causa dei ritardi accumulati nell’avvio dei cantieri.
La dinamica dei servizi è rimasta positiva ma poco vivace; le attese a breve termine prefigurano un possibile nuovo rallentamento. Solo il turismo mantiene un buon andamento, evidenziando un incremento delle presenze in quasi tutto il territorio regionale, di cui si è avvantaggiato soprattutto il comparto extralberghiero.
L’attività di investimento ha ulteriormente perso vigore, come era stato preventivato dalle imprese all’inizio dell’anno; per il 2020 non è prevista un’inversione di tendenza.
A fronte di una situazione reddituale sostanzialmente immutata e nel complesso positiva, il sistema produttivo regionale ha proseguito l’accumulo di disponibilità liquide che hanno raggiunto un nuovo massimo; vi si è
associato un generalizzato calo del ricorso ai finanziamenti esterni.
Dopo un biennio di stabilità l’occupazione è tornata a crescere (0,9 per cento). L’incremento ha riguardato e il lavoro femminile e quello alle dipendenze, cresciuto soprattutto nella componente a tempo indeterminato che ha beneficiato in larga misura della trasformazione di contratti temporanei. Il tasso di disoccupazione è lievemente diminuito, al 9,5 per cento, anche in conseguenza del minor numero di persone in cerca di lavoro.
Si è interrotta l’espansione del credito, in connessione con l’arresto della domanda da parte del sistema produttivo rilevato dalla metà dello scorso anno; a giugno i prestiti alle imprese evidenziavano un calo del 3,1 per cento su base annua. La crescita dei finanziamenti alle famiglie è invece rimasta robusta (+3,0 per cento), soprattutto per l’elevata richiesta di credito al consumo (+8,4 per cento); i mutui per l’acquisto di abitazioni sono aumentati a un ritmo ancora moderato (+1,6 per cento). Le condizioni di offerta sono rimaste nel complesso accomodanti; si è tuttavia accentuata la selettività operata dagli intermediari.
La fase di emersione di ingenti flussi di posizioni anomale ereditata dalla crisi sembra essersi esaurita. Gli indicatori di qualità dei prestiti hanno continuato a migliorare; il flusso di nuovi prestiti deteriorati è sceso all’1,8 per cento, un livello inferiore a quello precedente la crisi e prossimo a quello nazionale. Il miglioramento si è concentrato nel settore delle imprese (dal 3,9 al 2,4 per cento).
I depositi delle famiglie hanno accelerato rispetto alla fine del 2018, in particolare nella componente più liquida del risparmio. Dopo oltre un quinquennio di sensibile calo, il valore dei titoli nei loro portafogli è tornato ad aumentare, anche grazie al positivo andamento delle quotazioni.
Per il ricercatore di Bankitalia, Paolo Guaitini a pesare sono le incertezze a livello italiano e internazionale, che inducono un calo degli investimenti. Ad incidere anche i dazi tra Usa e Cina, che vengono già avvertiti indirettamente da una impresa umbra su cinque già nel 2019, con attesa molto più grave se i dazi venissero estesi all’Ue.
Confortante è il dato riferito all’occupazione, che dopo un biennio di stabilità è tornata a crescere (0,9 per cento). L’incremento ha riguardato il lavoro femminile e quello alle dipendenze, cresciuto soprattutto nella componente a tempo indeterminato che ha beneficiato in larga misura della trasformazione di contratti temporanei. Il tasso di disoccupazione è lievemente diminuito, al 9,5 per cento, anche in conseguenza del minor numero di persone in cerca di lavoro.
Il mondo del credito evidenza luci e ombre. Più ombre quello alle imprese, dove a giugno i prestiti evidenziavano un calo del 3,1% su base annua. Mentre i finanziamenti alle famiglie crescono ancora in modo robusto (+3%), soprattutto per l’elevata richiesta di credito al consumo (+8,4%); i mutui per l’acquisto di abitazioni sono aumentati a un ritmo ancora moderato (+1,6%).
Buoni i dati sulla qualità del credito: il flusso di nuovi prestiti deteriorati è sceso all’1,8%, un livello inferiore a quello precedente la crisi e prossimo a quello nazionale. Il miglioramento si è concentrato nel settore delle imprese (dal 3,9 al 2,4%). I depositi delle famiglie, infine, hanno accelerato rispetto alla fine del 2018, in particolare nella componente più liquida del risparmio. Dopo oltre un quinquennio di sensibile calo, il valore dei titoli nei loro portafogli è tornato ad aumentare, anche grazie al positivo andamento delle quotazioni.