In molti mi stanno chiedendo una riflessione sulla situazione in Umbria in vista delle prossime elezioni regionali. Per questo provo qui a riassumere per punti quanto ho detto ieri in una riunione dell’organismo dirigente creato dal Commissario.
1) Anzitutto è bene non dimenticare che la situazione che oggi viviamo ha radici profonde. Da anni – dal 2013, almeno, quando superammo di appena cinque punti i cinque stelle, perdendone 12 rispetto a cinque anni prima – il Partito Democratico ed il centro sinistra tutto perdono consensi in Umbria, con la sola eccezione delle elezioni europee del 2014. C’è da dire, però, che proprio in quell’occasione migliaia di elettori fecero l’inedita scelta di distinguere la preferenza nazionale da quella locale e liquidarono l’amministrazione Boccali consegnando per la prima volta il capoluogo, Perugia, al centro destra. Nel 2015 abbiamo vinto di un soffio le elezioni regionali. Da allora abbiamo perso una serie di elezioni amministrative che ci hanno sottratto una ad una – con alcune brillanti eccezioni – il governo delle più importanti città dell’Umbria. Nel 2018 abbiamo raggiunto il minimo storico, ma ci siamo assolti dicendoci che quel crollo era il semplice riflesso di una tendenza nazionale. Cosa che, se si dà un’occhiata al trend che ho appena descritto, si comprende essere del tutto falsa.
2) Se si prende seriamente il punto 1 non si può che concludere che il problema fondamentale del Partito Democratico in Umbria è la sua capacità di intercettare l’esigenza di rinnovamento. Di fronte a una crisi economica devastante – che ha portato via posti lavoro e punti di PIL in misura comparabile a quanto è accaduto nelle regioni del mezzogiorno – e ai danni rilevantissimi prodotti da eventi drammatici come il terremoto del 2016 non siamo stati capaci di essere punti di riferimento credibili per quanti hanno pagato personalmente il prezzo di quel che è successo. Dobbiamo dircelo con onestà. E con altrettanta onestà dovremmo quindi cambiare passo imboccando la strada della discontinuità.
3) Lo scandalo che ha coinvolto alcuni vertici locali e ancora di più a mio avviso la pessima gestione politica dei suoi effetti hanno ulteriormente ampliato la distanza tra il popolo umbro e la nostra classe dirigente. Ci siamo mostrati pronti a utilizzare quelle vicende per piccole vendette locali, ma incapaci di reagire salvando quanto di buono per decenni la nostra classe dirigente ha saputo fare dando all’Umbria una delle migliori sanità pubbliche d’Italia.
Come ho già avuto modo di dire: se vogliamo ancora salvare il nostro buon governo dobbiamo avere il coraggio di fare scelte radicali sugli interpreti di una nuova fase che va aperta. Senza fare distinzioni su amici e avversari. Senza interpretare per gli amici regole che si fanno valere per gli avversari. Ma col coraggio che si richiede in momenti difficili come quello che stiamo affrontando.
4) La scelta di affidarsi a un candidato presidente proveniente dal civismo è giusta e coerente. L’ho sostenuta sin dal principio. E continuerò a sostenerla convintamente perché credo che questo atto di generosità sia esattamente ciò che gli umbri si attendono dal partito democratico. Qualcosa di indispensabile per recuperarne il consenso. Una conditio sine qua non, insufficiente di per sé ma assolutamente necessaria.
5) L’alleanza coi cinque stelle, realizzatasi a Roma in circostanze burrascose e complesse, può ovviamente essere replicata laddove si individuino convergenze programmatiche e di visione. Ma non può diventare un automatismo perché diversi restano sensibilità, valori e idee. Siamo diversi e non possiamo improvvisamente fingerci uguali. Nessuno lo capirebbe.
Esistono delle convergenze sulle proposte per l’Umbria? Possiamo discuterne? Possiamo individuare un candidato presidente che non sia solo una sintesi pacifica tra due mondi distinti e distanti, ma che porti anche un valore aggiunto senza diventare la bandiera di uno o dell’altro? Non mi convince l’idea che una sommatoria a freddo possa raccogliere più consenso dei singoli partiti se resta, appunto, tale. L’ho detto al commissario Verini e al segretario Zingaretti: un’operazione di questo tipo, se consumata frettolosamente e senza i dovuti passaggi, rischia tra l’altro di fare un danno al governo che vorrebbe invece rafforzare.
Questo è in sintesi quel che penso. Naturalmente nelle prossime settimane e fino al 27 Ottobre sarò in giro per tutta la nostra Regione a dare il mio contributo per evitare che una terra di pace, di sviluppo, di bellezza venga consegnata alla barbarie salviniana. A quell’aspirante cubista sovraeccitato che considera l’Umbria poco più che uno scalpo da esibire e che non ha alcun interesse a farla crescere. E che qualora la dovesse conquistare l’abbandonerà come ha già fatto con Terni e come sta già facendo con Foligno. Lasciandola in mano, peraltro, a un ex sindaco che può vantare il buco di bilancio più clamoroso della storia del suo comune.
La nostra Umbria si merita molto più di questo.