di Giuseppe Quintaliani e Gian Battista Mannone – Anche quest’anno, il 9 marzo 2017, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rene per sottolineare l’importanza che le malattie renali rivestono nell’ambito delle malattie croniche.
Le nefropatie sono in costante e inesorabile aumento; l’ultimo rapporto americano stima che nell’ultimo quinquennio le malattie renali siano aumentate negli USA, passando dal 10% al 13% della popolazione. Gli studi internazionali mostrano una prevalenza della Malattia Renale Cronica (MRC) nella popolazione generale (adulti) che si attesta intorno al 10% e, dopo un aggiustamento per età e sesso, in Italia i numeri sembrano meno drammatici con una prevalenza di circa il al 8% con una lieve e forse non significativa prevalenza maggiore nelle donne. In Umbria l’entità di questa malattia potrebbe essere stimata in circa 40.000 persone di cui ben 27.000 con una insufficienza renale (clearance inferiore a 60 mil/min).
Dai dati epidemiologici pubblicati emerge che la MRC è la quinta causa in Italia per perdita della salute (Lancet 2015) con devastanti effetti sul sistema cardiovascolare e sul numero di ricoveri per complicanze (DM 2014) e nona causa di morte negli USA .
E’ da sottolineare che questa è una vera e propria epidemia mondiale. E’ quindi un vero e proprio problema sociale di politica sanitaria e quindi è necessario che chi ha a cuore lo stato di salute della popolazione italiana corra ai ripari per considerare la malattia renale un’emergenza da affrontare seriamente, coinvolgendo i nefrologi e i pazienti in un’alleanza fatta di sistemi di trattamento e di prevenzione. Recenti articoli sia di “The Lancet” che di “JAMA” hanno evidenziato come la malattia renale sia una causa non riconosciuta ma molto evidente di comorbidità e mortalità e che pertanto deve essere combattuta.
Anche ISTAT ha inserito la MRC come problema sanitario nazionale (Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2012-2013 – pag 94 capitolo 2.6. Malattia renale cronica ) e la recente pubblicazione di LEA che hanno inserito la MRC e le glomerulonefriti tra l patologie da coprire a carico del SSN, dimostra la crescente importanza di tale patologia nel panorama sanitario nazionale.
La MRC rappresenta un’importante causa di morbi-mortalità nella popolazione generale e costituisce un problema di salute pubblica. L’interesse verso la MRC deriva, oltre che dalla sua diffusione, dalla constatazione che è possibile un suo contenimento nell’incidenza e nella sua progressione con adeguate misure di prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
Spesso purtroppo non si presta la dovuta attenzione a questa malattia che decorre in maniera subdola, quasi sempre senza alcun segno o sintomo. Ricordo che una recente audizione in Senato la senatrice Dirindin del Pd ha chiaramente detto che il problema MRC è poco conosciuto e sottovalutato. (Nefrologi in audizione al Senato. “Problemi connessi a malattia renale cronica sono sottovalutati da cittadini e da autorità sanitarie” )
Il Ministero della Salute ha inoltre trovato necessario emanare un Decreto Ministeriale sulla MRC (2014) firmato in conferenza stato regione nel settembre 2016, ed ha inserito la MRC in un altro decreto (decreto cronicità) che attualmente è in conferenza stato regioni e che ha, come prima patologia delle sei analizzate proprio la MRC.
Eppure sarebbe molto facile diagnosticarla in tempo con la sola esecuzione della creatinina (applicando adatte formule matematiche facilmente reperibili dovunque, si potrebbe anche stimare la funzione renale globale dell’individuo) e con il dosaggio della albuminuria.
Ciò avrebbe una ricaduta fondamentale per una serie di motivi, prima di tutto sociali. Le nefropatie non curate portano infatti quasi inesorabilmente alla dialisi. In Italia ci sono circa 45.000 dializzati con circa 160 persone ogni milione di abitanti che entrano in dialisi ogni anno. Parliamo di intere famiglie distrutte dalla malattia con un corteo di dolore, sofferenza e difficoltà infinite. Ma anche per le finanze dello Stato si tratta di un grave impegno: il CENSIS stima che ogni paziente dializzato costa alla società ben 35.000 euro l’anno! Un salasso impressionante che in parte si potrebbe ridurre ridando speranza a molti pazienti che, se trattati in tempo e con l’aiuto dei nefrologi, potrebbero evitare la dialisi.
La MRC è una condizione clinica pericolosa per vari motivi : 1). può essere il preludio allo stadio finale della malattia renale, laddove la dialisi e il trapianto costituiscono i trattamenti di prima scelta, 2). amplifica il rischio di complicanze cardiovascolari come infarto ed ictus. 3) rende molto più rischioso lo stato diabetico aggravando e complicando il quadro clinico.
Le raccomandazioni per cercare di evitare la malattia renale e/o di ridurne la progressione sono racchiuse in questo video distribuito dalla Fondazione Italiana del Rene dove si possono trovare raccomandazioni, consigli e materiale di supporto.
L’assistenza al paziente con MRC si sviluppa in un arco temporale piuttosto lungo, spesso di anni, che necessita di frequenti osservazioni e correzione delle molteplici alterazioni metaboliche che accompagnano la IRC (Anemia, acidosi, metabolismo proteico lipidico glucidico, osseo, polmonare) e soprattutto in maniera preponderante le complesse interconnessioni tra cuore e rene.
Chi si dovrebbe sottoporre ad indagini volte alla individuazione della malattia renale? In effetti non ci sono raccomandazioni di screening universale, in altre parole non è necessario effettuare uno screening cosi’ come avviene per altre patologie. Ma è necessario invece che alcuni soggetti a rischio effettuino regolarmente, almeno annualmente, il controllo della funzione renale. I soggetti a rischio sono: a) i cardiopatici, b) ipertesi, c) diabetici, d) soggetti sopra i 65 anni di età, e) pazienti obesi (il 25% delle donne e il 14% dagli uomini affetti da insufficienza renale sono sovrappeso), f) parenti di pazienti affetti da insufficienza renale grave o in dialisi.
Il percorso ideale per una corretta gestione assistenziale del paziente nefropatico, nelle sue diverse fasi, presuppone la realizzazione di alcuni obiettivi:
- Identificazione precoce delle persone a rischio di malattia e prevenzione dei fattori di rischio che portano allo sviluppo di MRC.
- Formulazione di protocolli condivisi con i MMG per l’invio alle strutture nefrologiche dei pazienti con MRC negli stadi iniziali.
- Scelta dei modelli assistenziali: ambulatori espressamente dedicati alla gestione della MRC (obiettivi: rallentare l’evolutività, gestire le complicanze più severe, pianificare e condividere con il paziente e i familiari la scelta del trattamento dialitico, favorire l’inserimento precoce in lista trapianto dei pazienti eligibili; ridurre il numero dei pazienti cronici che iniziano la dialisi in regime di urgenza).
- Organizzazione dei centri di dialisi: in termini di assistenza la fase della dialisi. Nell’ottica di rendere il percorso e la scelta della terapia dialitica più corretta e condivisa, è necessaria un’offerta assistenziale, la più ampia possibile, che preveda fra l’altro la possibilità di de-ospedalizzare il paziente (obiettivi: diversificare e personalizzare l’offerta dialitica; favorire la de-ospedalizzazione).
- Fornire l’opzione di una terapia conservativa ad oltranza corredata di cure palliative, in alternativa alla dialisi, per i pazienti che rifiutano il trattamento dialitico o per quelli già in età molto avanzata con gravi co-morbilità che non si gioverebbero di una terapia dialitica.
Le linee guida dell’Istituto Superiore Sanità hanno ben descritto e determinato, licenziando Linee Guida apposite, che, con l’indispensabile aiuto dei MMG che potrebbero seguire e monitorare la funzione renale di molti pazienti definiti non progressivi, e quindi a basso rischio di IRC, si potrebbe ovviare a molti problemi legati alle complicanze sia indotte dalla IRC sia provocanti la IRC..
Il primo sospetto di malattia renale dovrebbe essere in qualche modo adeguatamente valutato. Nel bollettino dell’ordine dei medici di Perugia è stato ben definito quale possa essere il corteo laboratoristico che potrebbe accompagnare la visita nefrologica che si basa essenzialmente sul corredo biochimico e che è in grado di definire e valutare correttamente una malattia renale. Senza adeguati controlli la visita nefrologica rimane spesso sterile e poco produttiva, costringendo i pazienti a ritornare e rifare il percorso di accertamenti.
Successivamente alle linee guida ISS il ministero ha licenziato un decreto sulla malattia renale cronica che prende in considerazione tale patologia e detta norme per un buon uso degli ambulatori nefrologici.
Per anni si è identificato il paziente nefropatico con la dialisi. Questo non è più accettabile. La dialisi è l’ultimo stadio e forse la si può definire come il fallimento di un Sistema sanitario che non è in grado di intercettare precocemente la malattia e di curarla in maniera appropriata. Per fare questo è necessario ricorrere a valutazioni della funzione renale nei soggetti a rischio (ipertesi, diabetici, persone sovrappeso, parenti di pazienti affetti da nefropatia). Inoltre nei pazienti in cui si riscontrino alterazioni della funzione renale, si debbono applicare e prevedere percorsi di cura dedicati soprattutto precoci ed immediati in modo da poter impedire la progressione della malattia.
L’ambulatorio nefrologico è quindi attualmente la chiave di volta per il trattamento di tale patologia e questo è stato recepito e scritto molto chiaramente nel decreto ministeriale sulla malattia renale cronica. Intercettare il paziente in ambulatorio, trattarlo ed inquadrarlo con la collaborazione fondamentale del MMG e ricoverarlo solo in caso di necessità, è la sola strategia per ridurre la progressione delle nefropatie verso la dialisi o addirittura arrivare alla remissione clinica totale del quadro clinico. Se le stime a livello nazionale sono esatte, si può stimare che in Umbria ci siano almeno 25.000 i pazienti con nefropatia ed insufficienza renale, assolutamente troppi per qualunque intervento del solo nefrologo, ma che dovrebbero allarmare sulla necessità della presenza di ambulatori nefrologici nel territorio regionale. Infatti la presenza di uno specialista in queste fasi della malattia e’ particolarmente importante come dimostra una ricca letteratura scientifica al riguardo, e il ritardato coinvolgimento del nefrologo nella cura ha importanti implicazioni etiche sociali e cliniche che debbono suscitare forti preoccupazioni.
È necessario inoltre che il paziente sia preso in carico, così come è stato stilato in un protocollo congiunto tra associazione malati ANED e società di nefrologia (SIN). Prendere in carico significa, per pazienti che devono essere seguiti per anni, spesso anziano e con altre malattie invalidanti come diabete, e scompenso cardiaco,, avere percorsi ottimizzati, equipe multidisciplinari, azzeramento delle liste di attesa per permettere di visitare il paziente secondo le sue necessità cliniche e tempi così come stabilito i dai decreti ministeriali, assicurare che le informazioni cliniche non debbano essere ripetute ad ogni visita cercando di assicurare che la stessa sia eseguita, se non dallo stesso medico, almeno dalla stessa equipe, impedendo peregrinazioni tra un ambulatorio ed un altro, addirittura in città diverse.
Il sottolineare e ribadire questi concetti è uno dei compiti fondamentali della giornata mondale del rene.
In occasione della giornata mondiale del rene molte iniziative vengono prese in collaborazione con la Fondazione Italiana del Rene e la Società Italiana di Nefrologia. In generale, è prevista la possibilità di afferire a strutture nefrologiche potendo usufruire di visite ed esami gratis nella giornata del 9 marzo. Attualmente, al momento di andare in stampa di questo articolo, sono due le strutture nefrologiche umbre che offrono visite gratis: la nefrologia della Azienda ospedaliera di Terni e l’ambulatorio Crabion di Perugia che offre visite ed esami gratuiti ai primi 20 pazienti che ne faranno richiesta sia telefonicamente che online (per informazioni www.crabion.it).