di Adriano Marinensi – Il titolo di questo articolo l’ho copiato da un altro, rievocativo di uno degli scandali più scandalosi vissuti dal mondo dello sport italiano. Schematizza il dramma dirompente di eventi inopinabili che ebbero eco internazionale. Forse perché accaduti alla vigilia di un Campionato europeo che si svolse proprio nel nostro Paese. Il calcio scommesse causò un terremoto difficilmente classificabile con le scale usuali. E l’Umbria fu coinvolta con brutte scene all’ex “Pian di Massiano”.
Nelle favole per i più piccini, spesso si narra, come una minaccia, dell’uomo nero; nella realtà di quel Campionato 1979 – 80, si parlò di “totonero”, un pasticciaccio brutto assai. Fatto di intrighi, connivenze, pastette, combine ad opera degli stessi protagonisti delle partite truccate, guitti maldestri che si conquistarono, in malo modo, il centro del teatro. Accadde un disgraziato giorno di marzo, alle cinque della sera, quando in Spagna va in scena la corrida. Su alcuni campi, mentre i calciatori stavano uscendo a fine incontro, entrarono le camionette delle Forze dell’ordine per giocare una partita mai vista prima. E s’udì il sinistro tintinnio delle manette. Personaggi famosi furono arrestati in diretta televisiva e a spalti pieni. Per i tifosi parve il tramonto di una passione. A soffrire più di tutti, gli eterni “immancabili”, quelli di Rita Pavone: “La domenica mi lasci sempre sola, te ne vai a vedere la partita. Di pallone!” S’era scoperto che gli “eroi della patria” avevano fatto la spia al nemico. Molti trionfi risultarono vani: per lo sport, una bruciante sconfitta.
Ed ecco l’antefatto: il 1° marzo, due commercianti romani, uno ristoratore, Alvaro Trincia, e uno “fruttarolo”, Massimo Cruciani, avevano presentato denuncia alla Procura della Capitale, sostenendo la tesi, un po’ balzana, un po’ sconvolgente, di una truffa ai loro danni, da parte di alcuni calciatori infedeli e manipolatori di risultati. C’era stata la promessa di vincite favolose attraverso il gioco delle scommesse clandestine, pilotando i punteggi finali. Insomma, intorno al dorato paradiso calcistico – sostennero i due compari – si muoveva un vorticoso giro di denaro sporco. Dissero che, nel 1979, avevano cominciato a puntare, dietro puntuali “soffiate”, somme rilevanti (anche per conto di qualche calciatore, coinvolto nel trucco e nell’inganno), indebitandosi con gli allibratori della ciurmeria.
Il 13 gennaio 1980, avevano giocato una combinazione di incontri dal risultato “pattuito”: vittoria della Lazio sull’Avellino, pareggio Bologna – Juventus e Genova – Palermo. Oltre 100 milioni di investimento, con una previsione di vincita pari al miliardo e 350 milioni di lire. Senonché, la “tripletta” non uscì a causa del mancato successo della Lazio e finirono in fumo un bel po’ di quattrini. Nuova scommessa di li a poco, su Bologna – Avellino, andata buca pure quella. In Tribunale, quella specie di gatto con la volpe, sonoramente bidonati, con perdite intorno al miliardo, dette questa testimonianza: “A quel punto, ci restava una sola cosa da fare, cioè l’esposto alla Magistratura”. Fu così che molti spregiudicati diventarono pregiudicati.
Complessivamente, erano finiti sotto indagine una cinquantina di giocatori di A e di B e un bel mucchio di Società. Persino due Presidenti (Lazio e Milan) subirono l’onta dell’arresto. Una infinità di cuori innamorati del pallone gonfiato, finì in frantumi. Poi però, si sa, le grandi passioni fanno sempre rima con perdono. Tutto è ricominciato tal quale a prima, sino al prossimo pastrocchio. Puntualmente replicato nel 1986 e nel 2006 (“scandalo Moggi”). Il seguito alle prossime “puntate”.
Il 23 dicembre 1980, ebbe inizio il processo penale. La Corte – visto quello, considerato questo e quest’altro – si accorse che il Codice vigente non contemplava il reato di frode sportiva e quindi mandò assolti capra e cavoli, con la pilatesca formula de “il fatto non sussiste” (malgrado le accuse inconfutabili), poiché, “nulla poena sine lege”. Forse s’era trattato di scherzo, scherzetto. Diverso l’avviso della giustizia calcistica, per la quale l’illecito lede gravemente il codice d’onore di ogni atleta e di ogni disciplina. Contravvenire quindi al dovere della lealtà, costituisce “entrata a gamba tesa” e quindi intervento da cartellino rosso. In pratica, si resero conto che lo sport del calcio aveva preso a calci i valori dello sport. Di fronte a quel plurimo tradimento, la FIGC usò la mano pesante (luglio 1980). Piovvero squalifiche fino a sei anni per 18 calciatori, retrocessione in Serie B per Lazio e Milan. Il Presidente milanista fu colto con il sorcio in bocca e si beccò la radiazione: aveva fatto pervenire ai due accusatori, per tacitarli, 20 milioni avvolti – dissero – in un giornale sportivo. Il Perugia, pur coinvolto in modo pesante, se la cavò con 5 punti di penalizzazione che però le costarono la retrocessione in Serie B nel 1981. Innocentissime – “insabbiati” gli indizi di colpevolezza – risultarono la Juventus e le squadre della Serie cadetta.
Un paio di anni dopo, (1982), in Spagna si disputarono i Campionati mondiali. Un sacco di speranze riponemmo su Zoff; Gentile, Cabrini; Oriali, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. E pure su Altobelli, Bergomi, Causio e Marini. L’approccio non fu brillante: tre partite, tre pareggi con Polonia, Perù e Camerun. Poi, battemmo l’Argentina (2 a 1, reti di Tardelli e Cabrini) e il Brasile (3 a 2, 3 reti di Rossi). In semifinale, successo contro la Polonia (2 a 0, ancora 2 gol di Rossi). In finale fu l’apoteosi: Vittoria sulla Germania (3 a 2, gol di Rossi, Tardelli e Altobelli, che si mise a correre per il campo come un forsennato). Qualcuno gridò al microfono: Campioni del mondo, campioni del mondo! Salti di gioia per Enzo Bearzot in panchina e per il Presidente Sandro Pertini in tribuna.
Siccome i trionfi della Patria chiedono feste appassionate e pure magnanima remissione dei peccati, 9 puniti per la squallida vicenda del “totonero” ebbero uno sconto di pena pari ad anni due. E tornarono subito sui campi di gioco. Rimasero a carico delle società coinvolte i punti di penalizzazione da scontare però durante la stagione successiva. Quindi il Campionato 1979 – 80 si concluse così: Inter, Juventus e Torino sul podio; al nono posto il Perugia con punti 30, davanti al Napoli. Per la squadra umbra fu un anno da ricordare anche per un avvenimento positivo che diede notorietà al suo indimenticato Presidente Franco D’Attoma. Per la prima volta, in Italia, sulle maglie di un club calcistico, apparve la scritta pubblicitaria: nella fattispecie, Pastificio Ponte. Il club bianco – rosso aveva aperto un’epoca nuova e moderna, destinata a modificare (nel bene e nel meno bene) i bilanci e gli assetti delle società, attraverso le sponsorizzazioni.