di Alberto Laganà. Se le affermazioni carpite tramite un trojan inserito nel telefono di Palamara sono confermate ora è quasi tutto il Csm ad essere nella bufera, compreso il Quirinale. Il Presidente Mattarella a tutt’oggi è rimasto in silenzio sulla vicenda forse per timore di ritorsioni.
E’ ormai evidente che Lotti e Palamara decidevano delle nomine nelle principali procure ma quello che lascia sconcertati i giudici perugini che si occupano del caso è che, secondo Lotti, il Colle era al corrente e, se venisse confermato, scatterebbe una procedura d’impeachment per il Presidente Mattarella che, oltre a non aver vigilato sulle trame ordite tra politica e magistrati, non le avrebbe neppure denunciate dopo esserne venuto a conoscenza, ma questi nuovi fatti dovranno essere verificati dagli organi competenti e l’indagine diventa ancora più complerssa e complicata.
Sempre secondo le ricostruzioni emerse sulla stampa, altri componenti del Csm hanno partecipato attivamente al mercato delle toghe ed appaiono sulla scena altri magistrati coinvolti a vario titolo.
C’è da domandarsi cos’altro avrebbero potuto scoprire gli inquirenti del capoluogo umbro se una gola profonda del ministero non avesse avvertito gli indagati non appena gli atti sono stati trasmessi a Roma.
Siamo di fronte ad uno degli scandali più gravi della storia repubblicana anche perchè invece di invitare i suoi aderenti a collaborare, il presidente dell’associazione magistrati chiede di ritirare le dimissioni alle toghe inquisite e a far finte di niente.
Se il governo non ci mette mano su questo verminaio, per ogni sentenza emessa nei tribunali italiani graverà il sospetto non che giustizia è fatta ma piuttosto che l’affare è andato a buon fine!