di Alberto Laganà. Eurostat certifica il fallimento delle politiche economiche dell’Umbria, relegata da tempo a fanalino di coda d’Italia per lo sviluppo e l’occupazione. Come dicevamo, l’organismo economico internazionale fa sapere che l’occupazione nella nostra regione è calata dello 0,5%, così come nelle Marche ed in Sardegna; meglio hanno fatto Sicilia, Calabria e Puglia e quindi quando dicevamo che la politica economica della Marini e soci ci catapultava nel profondo sud ci sbagliavamo, siamo andati oltre dal momento che a Malta ad esempio l’occupazione è salita di oltre 5 punti.
I perché di questa disfatta è presto detta, nonostante ci siano tante possibilità di sviluppo per le quali manca un qualsivoglia piano di sviluppo.
Turismo: cresce prepotentemente in tutta Italia il turismo internazionale delle città artistiche e della terza età, come ad esempio in Toscana e Lazio. L’Umbria con le sue città medievali gioiello, i tesori artistici, invece lancia piccolissimi segnali di ripresa.
E pensare che città come Todi, Orvieto, Gubbio, Assisi e Spoleto sono celebrate in tutto il mondo quali esempi di località a misura d’uomo dove è bello vivere… ma vivere senza lavoro è impossibile.
Un tempo il Trasimeno era un’oasi che attirava migliaia di visitatori dal nord Europa, ora non più.
La politica turistica regionale, volano di sviluppo per tante altre regioni, da noi non ottiene la considerazione necessaria.
Altro tasto dolente da decenni è la mancanza di una politica energetica sostenibile, che è poi il motore per gli insediamenti produttivi, in quanto in Umbria è tutto vietato, nonostante vi siano condizioni ideali per l’energia eolica e idroelettrica.
Lo sviluppo è bandito in Umbria per cui non si capisce bene quale dovrebbe essere la rotta da seguire perché l’occupazione aumenti.
L’impresa regina è l’acciaieria, con tutti i problemi ambientali e d’inquinamento per il territorio, ma quando non si hanno idee e si pensa di governare comunque in eterno si ha poi un brutto risveglio,ed a risentirne è l’occupazione.