Di Ciuenlai – Da un passo avanti e 10 indietro a due passi avanti e uno indietro.
Come previsto, l'attacco all'accordo di Roma tra la Governatrice Catiuscia Marini e il Sottosegretario agli Interni Giampiero Bocci è partito, mettendo in serio imbarazzo la Presidente, che ha ripreso, in piena coerenza con la linea assunta su questa questione, a difendere a spada tratta e in pubblico, le sue nomine e, commenta un dirigente Pd “ad ascoltare i suoi cattivi consiglieri che giocano alla rottura, dicendo solo no sul caso Orlandi e inventandosi veti e divieti per l'Adisu”. E' un po' la replica di un film già visto nel corso di queste settimane. Accordo fatto, intervento esterno, la Governatrice che torna sui suoi passi e intesa saltata.
Ma stavolta è diverso. E' molto più difficile di prima buttare all'aria tutto e ricominciare daccapo. Il patto è stato suggellato a Roma alla presenza e con il consenso dei vertici nazionali del Pd. Tornare indietro autorizzerebbe la “parte lesa” ad andare fino in fondo. E in quel caso “la parte inadempiente” dovrebbe affrontare anche le ire del “Nazionale”, che potrebbero anche somigliare ad un sentenza di “fine corsa” per qualcuno, anzi per più di qualcuno.
Inoltre è già successo qualcosa. L'approvazione del bilancio regionale e la messa in soffitta della strategia del “Vietnam” in Consiglio, è stata letta come una manifestazione unilaterale “di fedeltà” e come esecuzione della prima parte dell'accordo da parte dei fedelissimi del Sottosegretario. Di fatto il processo sarebbe già partito. Adesso toccherebbe, quindi, alla seconda parte, quella presumibilmente in mano alla Marini. Secondo ambienti ben informati si tratterebbe di un percorso, per il quale sarebbero stati definiti anche gli strumenti tecnici e gli accorgimenti in grado di superare le obiezioni normative sollevate dall'Assessore Bartolini, in materia di spostamento dei Dirigenti. Non applicare il pezzo relativo ai Direttori e “ al cambiamento all'innovazione”, verrebbe letto come “un tradimento” e una scelta di “non ritorno”, scatenando un bufera i cui esiti non sono facili da pronosticare.
Ma c'è un'altra ragione per la quale far saltare l'accordo appare più di un un azzardo. Si tratta del fronte interno alla maggioranza del Pd Umbro. Tifano e sostengono l'accordo e la teoria “dei passi indietro da parte dei tecnici“, diversi Parlamentari con in testa Valter Verini ed Anna Ascani (che qualcuno definisce “la madrina” dell'intesa”), il Capogruppo Gianfranco Chiacchieroni (con qualche distinguo) ed altri membri della Giunta (Si mormora per esempio che il renziano Paparelli sia arrivato fino alla minaccia di dimissioni, se non si fosse fatto del tutto per ricomporre la questione).
E che le cose siano cambiate sembra che l'abbiano capito anche i “resistenti”. Il potere di interdizione della tecnocrazia politica è forte ma non assoluto. Anzi, secondo voci che circolano negli ambienti di palazzo Donini, la rotazione dei direttori verrebbe ormai data per scontata anche dai “sabotatori del patto”. La battaglia si sarebbe spostata sulla contropartita da offrire. Ma c'è di più. L'attuale situazione di stallo e di non certezza della composizione della crisi avrebbero determinato una specie di “paralisi” nell'attività della sanità umbra ( e le polemiche di questi giorni su liste di attesa starebbero lì a dimostrarlo) e dell'intero ente.
I tanti problemi sul tavolo della Regione, i guai del Governo Renzi e la delicata situazione nazionale e Regionale del Pd, consiglierebbero, quindi, di evitare gli scontri frontali. E' un momento nel quale i democratici debbono mostrare unità. E la ragione suggerirebbe che di fronte agli interessi di bottega, non c'è Orlandi che tiene. Domanda, ma la ragione quanti sponsor ha in casa Pd?