La procura di Roma ha posto sotto sequestro anche il capitale sociale della “società agricola Abbazia di Petroro”. Si tratta in verità di pochi denari, circa duemila euro, niente rispetto ai 72 milioni complessivamente immobilizzati a carico di cinque dei nove indagati, su tutti il vescovo “ortodosso” autoproclamato Massimiliano Muzzi, che dal 2015 officiava i riti e i week end da resort spirituale annunciati anche su booking con tanto di laboratori alchemici pronti per partire nella frazione di Todi.
Come si ricorderà sono nove le persone sotto inchiesta per associazione a delinquere legata ad investimenti finanziari fittizi. Al centro il Castello di Petroro, l’abbazia ortodossa di san Martino, fondata nel 2016 da “Max di Montecristo of Strichen, XVII Barone di Strichen” (al secolo Massimiliano Muzzi).
Le indagini traggono le mosse da un’attività ispettiva svolta nel 2014 dalla Consob, in collaborazione con la Guardia di finanza, nei confronti di alcuni promotori finanziari che offrivano investimenti gestiti dall’impresa inglese Lux Finance Ltd, risultata essere riconducibile ad un professionista di origini romane.
Il principale indagato, Massimiliano Muzzi, sarebbe riuscito a drenare dai risparmiatori decine di milioni di euro fatti confluire su due fondi di diritto estero denominati Pegasus Royal e Pegasus Gold, e poi accreditati su conti correnti accesi presso la Investec Bank delle Isole Mauritius riconducibili sempre a Muzzi.
In particolare, i proventi illeciti sarebbero stati utilizzati per finanziare numerose attività imprenditoriali da lui gestite, quali una grossa azienda agricola in provincia di Arezzo ed un’associazione teatrale con sede in un’antica Abbazia vicino Todi. Appunto il Castello di Petroro, dove aveva fondato di recente una sua congrega religiosa di cui si era autoproclamato arcivescovo sotto il nome di Max of Strichen.
La comunità, di cui risulta principale esponente, ha sede presso la stessa Abbazia, da lui presa in locazione dall’Etab: è qui che egli, alla presenza dei suoi adepti, celebra periodicamente cerimonie religiose. Cosa che di recente aveva provocato la reazione anche del vescovo di Orvieto-Todi, monsignor Tuzia.