di Adriano Marinensi – Per la “Ternana calcio”, il 1974 fu l’anno della seconda Serie A (la prima, nella stagione 1972 – 73). Al timone della Società due personaggi storici, Giorgio Taddei, Presidente e Varo Conti, Segretario. Due fraterni Amici scomparsi, ai quali va l’omaggio della memoria. Enzo Riccomini e Omero Andreani guidavano lo staff tecnico; Luciano Madolini, il massaggiatore per antonomasia.
Alla quarta giornata – era il 27 ottobre 1974 – ci toccò subito incontrare una delle grandi del campionato: allo stadio Liberati scese la Lazio. La Lazio di Pulici, Wilson, D’Amico, Re Cecconi, Frustalupi, Chinaglia; contro la Ternana di Nardin, Benatti, Panizza, Traini, Garritano, Bagnato. In vantaggio, al 61’, i padroni di casa, con Nicola Traini e pareggio all’83’ degli ospiti, con Giorgio Chinaglia su rigore. Al microfono della RAI, la radiocronaca di Sandro Ciotti. La voce inconfondibile di “Tutto il calcio, minuto per minuto”, la trasmissione di “Scusa Ameri, scusa Ameri !”, ideata, nel 1970, da Guglielmo Moretti e la collaborazione di Bortoluzzi, Provenzali, Ferretti, Gentili, Valenti. Con Ezio Luzzi – collega ternano – affacciato alla finestra della Serie B.
Quel giorno, di Ternana – Lazio, ad alcuni facinorosi di parte rosso – verde non piacque la cronaca di Ciotti e, al termine dell’incontro, lo affrontarono in malo modo e con male parole. Un palese e plateale atto di inciviltà che non fece certo onore al calcio ed a Terni sportiva. Le solite teste come vuoto a perdere. Curavo, all’epoca, il commento delle partite per la pagina locale del quotidiano “Il Tempo” di Roma. Mi parve doveroso esprimere una rigorosa censura nei confronti di quel manipolo di pseudo tifosi. Scrissi tra l’altro : “C’è da domandarsi quale opinione si saranno fatta di loro, i figli, le mogli, gli amici ed i parenti tutti, partecipando a quel “funerale” dell’educazione, del buonsenso, del rispetto per la dignità propria e altrui”. I calciatori, in campo, avevano dato un buon esempio di correttezza, invece “quel gruppuscolo di esaltati ha mortificato gli atleti e la città, con scomposte dimostrazioni di intolleranza”. Conclusi: “Un pessimo esemplare di costoro si è arrabbiato più degli altri perché, dagli spalti, qualcuno lo ha chiamato a gran voce brutto deficiente. In tal caso, il suo risentimento mi è parso legittimo, in quanto proprio brutto non era”.
Poco dopo, un po’ a sorpresa, mi giunse una lunga lettera firmata Sandro Ciotti, che conservo agli atti. Mi ringraziava per la solidarietà espressa nell’articolo, “avallata – volle precisare, bontà sua – dalla tua prosa che, confesso, non conoscevo e che trovo elegante e saporita”. Ma, a parte questo (gradito) encomio, ebbi il piacere di leggere il positivo giudizio sul “civismo del pubblico e della stampa ternani”, offesi, insieme a lui, dalla “manifestazione di un gruppo di idioti che, in nessun modo, potrebbe pretendere di rappresentare umori e costumi della città di Terni”. Una affermazione da gentiluomo. “Vorrei costoro sapessero – ancora Ciotti nella lettera – che sarò ben lieto di tornare a Terni con immutata simpatia”. Ed alla fine aggiunse: ”Varrebbe la pena di tornare, solo per stringere la mano ad un collega come te”. Tornò, dopo qualche settimana, per un’altra radiocronaca, ci stringemmo la mano e mi disse ancora grazie con quella voce dal timbro distintivo. The voice, come quella di Frank Sinatra.
Un timbro da leggenda, si legge nel titolo di un servizio, scritto da Mario Pennacchia, all’indomani della scomparsa di Sandro Ciotti, avvenuta nel 2003, proprio di luglio, a Roma, dov’era nato nel 1928. “La voce, che mistero”: così Giorgio Albertazzi nel necrologio. “Poche volte ci rendiamo conto che ogni voce ha la sua carta d’identità, un documento in cui i dati anagrafici non sono cifre, ma sfumature”. Si, aveva ragione Albertazzi, la voce di Sandro Ciotti mostrava delle sfumature ruvide, ma una particolare musicalità che si univa al potere di sintesi e di chiarezza di chi nobilita la professione con delle elevate competenze tecniche. Non tradiva mai ansia da microfono e raccontava tutto a modo suo, con pacatezza, cordialità ed eleganza. In radio e poi in T V. Un abisso, insomma, tra la sua sobrietà e la logorrea dei telecronisti di oggi che, alle immagini sovrappongono un fiume di vocaboli per comunicare spesso notizie inutili. Ciotti, alla radio, usava poche frasi per narrarti fedelmente ciò che non vedevi; quelli moderni hanno la televisione e ti raccontano ciò che hai già visto. “Il pallone è uscito a fondo campo”: non me lo dire, me ne sono accorto da solo!
Ce n’è uno in particolare, (non posso scrivere il nome perché potrebbe sentirsi vilipeso) che parla dai microfoni della RAI – TV. Anche lui dai campi di calcio. Corre un grave pericolo ed io proprio di questo lo vorrei avvertire: una volta o l’altra rischia di rimanere soffocato dalle sue parole. Poi, lo “spiegatore” ci aggiunge dell’altro, come se tu fossi lo scemo del villaggio. Infine, i due cronisti piazzati accanto alle panchine (che pena!) per farti conoscere, in tempo reale, gli umori degli allenatori e fare le “interviste a caldo”. Questo manipolo di chiacchieroni, non di rado, mi costringe a togliere l’audio per godermi, in santa pace, la partita.
“Una voce spesso – ancora Albertazzi – è la persona alla quale appartiene”. A Sandro Ciotti apparteneva in una maniera distintiva, pareva consumata dall’uso, però affascinante. Ricordate ? “Clamoroso al Cibali!”, perché il modesto Catania aveva battuto la grande Inter 2 a 0. Per tanti anni, prese parte autorevole alla colonna sonora delle domeniche degli italiani. Aveva amore per il calcio, il ciclismo e la musica. Suonava ottimamente il piano, compose pure qualche canzone (per esempio, “Veronica” di Ciotti – Jannacci – Fo). Le statistiche dicono che, per la RAI, ha “recitato” 2400 partite di calcio, 15 Giri d’Italia, 9 Tour de France. Alle cronache seguivano i suoi commenti sintetici, non invadenti. Un giornalismo parlato, irripetibile nella quasi nobiltà letteraria. Con questa modesta nota, in ricordo di un collega illustre, ho inteso rinnovare la stretta di mano che ci scambiammo nella tribuna stampa dello Stadio Liberati di Terni, nel lontano 1974.