di on. Marina Sereni – Dunque la Consulta si è pronunciata sull’Italicum e, anche se dovremo attendere di leggere le motivazioni della sentenza, già sappiamo cosa ha salvato e cosa no: resta il premio di maggioranza per la lista che al primo turno ottiene il 40%, ma salta il ballottaggio; restano i capilista bloccati e la doppia preferenza di genere; resta la possibilità delle pluricandidature, ma salta la possibilità di opzione per scegliere il collegio dopo il voto. E’ un meccanismo immediatamente applicabile, anche se non del tutto omogeneo a quello che la stessa Corte Costituzionale ha definito per il Senato (collegi regionali, preferenza unica, soglie di sbarramento diverse per liste e coalizioni, nessun premio). Confesso di non riuscire ad entusiasmarmi leggendo che ci sarebbero due partiti trasversali agli schieramenti, uno per il voto “prima possibile” l’altro per il voto “più tardi possibile”. Personalmente mi iscriverei al partito del “buon senso”: ci sono due leggi elettorali funzionanti, ma diverse per Camera e Senato, se c’è una volontà politica ampia in Parlamento si può, in poco tempo e con pochi aggiustamenti, fare una legge elettorale che, tenendo conto dei pronunciamenti della Corte e delle parole del Presidente Mattarella, armonizzi il sistema di voto di Camera e Senato e renda possibile nella prossima legislatura la formazione di maggioranze stabili. Se si registrasse che questa volontà politica non c’è, allora non resta che andare al voto con le leggi uscite dal giudizio della Consulta avendo la consapevolezza che ciò può comportare anche per il futuro i problemi di instabilità e di ingovernabilità di cui il nostro Paese soffre da molto tempo. Certo non avrebbe alcun senso logorare ulteriormente il rapporto tra i cittadini e la politica trascinando la legislatura in un’inconcludente diatriba sulla legge elettorale. Anche perché molti nostri concittadini vivono ogni giorno problemi concretissimi – il terremoto, la mancanza o la precarietà del lavoro, l’insicurezza – per i quali siamo chiamati, finché ci sono un Governo e un Parlamento in carica, a dare delle risposte altrettanto concrete.
Iu questo voglio mettere in guardia anche noi, il Pd. La prospettiva delle elezioni – comunque vada la discussione sulla legge elettorale – è vicina. C’è una propaganda delle opposizioni che dice che tutto ciò che abbiamo fatto in questi anni è stato negativo e perciò bocciato dai cittadini. Sinceramente non credo che noi possiamo opporre a questo refrain un altro uguale e contrario: abbiamo fatto tutto bene, l’Italia va a gonfie vele. Abbiamo pagato un prezzo per una narrazione che, seppure fondata su numeri positivi e fatti reali, non ha saputo intercettare il malessere di strati sociali meno protetti, insicuri, preoccupati per il loro futuro. Abbiamo detto: ceti medi, giovani, Mezzogiorno, povertà. Temi e aree sociali che ci chiedono una diversa attenzione. Non solo nella predisposizione dei programmi per la prossima campagna elettorale ma anche nell’azione di governo che stiamo conducendo a livello nazionale, nelle Regioni, nei tanti Comuni che amministriamo. Il bilancio della legislatura si misurerà anche su ciò che saremo in grado di fare nei prossimi mesi per le famiglie e le imprese delle regioni del Centro-Italia colpite dal sisma; sugli interventi correttivi che introdurremo su alcuni aspetti del Jobs act come i voucher; sull’introduzione del reddito di inclusione come misura universale di contrasto alla povertà; sulla attuazione di alcune riforme importanti come quelle della scuola e del Terzo Settore. Il Pd è stato l’anima e il motore di molte buone leggi e politiche avviate in questi anni. E’ giusto rivendicare le molte cose positive che abbiamo fatto e guardare anche a quella parte del Paese più dinamica e positiva, che ha creduto e crede nel cambiamento e nelle tante potenzialità dell’Italia. Ma un partito come il nostro – riformatore e di centrosinistra – deve avere l’ambizione di unire chi ce la fa con chi rischia o teme di rimanere indietro in un progetto di crescita e di solidarietà. In fondo è questa la scommessa che hanno davanti tutti i socialisti e democratici in Europa. Averla chiara in mente è già un passo per poter trovare le idee e le parole giuste per vincerla.
Dopo la decisione della Consulta la prospettiva delle elezioni è vicina.