Perugia e la “festa delle matricole”, una specie di rito iniziatico, annualmente celebrato dagli studenti dell’ateneo perugino. Clerici vagantes, jaculatores, goliardi. Insomma: gli studenti, sempre disposti alla burla, al “gaudeamus”, alla “taberna” e alle “pugnae Veneris”, ai canti scollacciati di “Ifigonia in Aulide”, “Il cosacco”, “Il fanfulla” “Don sculacciabuchi”.
Carrozzoni e carri allegorici (preparati alla Sala Cannoniera della Paolina), canti e suoni, una certa sguaiatezza come risposta al controllo, all’ordine costituito. Violazione delle abitudini, mascheramenti, imitazioni e travestimenti, trasgressione, lanci d’uova e di farina, ma anche manifestazione di intelligente umorismo per uscire dalla quotidianità normata.
A declinare lo spirito e gli eventi della goliardia e del Griphonatus perusinus un manipolo di personalità eminenti della Vetusta, poi affermatosi in campi diversi del mondo delle arti e delle professioni.
Il dermatologo Mario Tomassini, ricordato come “budellus magnificus”, amanuense scritturale (vergatore di papiri, nonché autore, tuttora, con lo pseudonimo di Tom, di magnifici disegni d’impareggiabile umorismo), vice dell’allora Grifone Marco Tiberi.
Gerardo Gatti, principe del foro, coltissimo e instancabile affabulatore, oltre che autore di scherzi memorabili.
Franco Venanti, pittore per antonomasia, autore (con Giancarlo Scoccia) del volume “Il cappello a ciondoli”, ristampato in anastatica da Morlacchi e offerto nel book shop ai Notari.
I due rettori dell’università italiana e della Stranieri, Franco Moriconi e Giovanni Paciullo a testimoniare il senso di una tradizione vivida nella memoria.
Aneddoti, racconti inediti, memorie di quando i “processi” si concludevano con pantagrueliche mangiate in trattoria o nella “casa” di via del Prospetto, “a suon di tromba”.
O aneddoti e spigolature, come quella sul rapimento del rettore di Camerino, sull’incontro dei goliardi con Eduardo o sulla consegna dei polli al presidente Leone (che fece le corna), con l’esaltante “salutatio” a Silvana Pampanini, immortalata in foto piene di vita.
Con una testimonianza di Giulio Giungi (una foto lo ricorda in un memorabile travestimento da donna, che gli costò qualche guaio) che fu protagonista di quella stagione in cui la goliardia segnò l’entusiasmo per la fine della guerra e del regime che aveva cooptato nei Guf il fenomeno, incasellandolo nei ranghi della regola.
Il tutto con immagini d’epoca che faranno luce su costumi e scostumatezze di un evento che la città ricorda con nostalgia, per un “come eravamo” che sa di rimpianto. Per un modo di divertirsi che coinvolgeva tutta la città, le studentesse fuori sede e le ragazze “per male”. Ché quelle “perbene” dovevano restarsene tappate in casa! Per il buon nome della famiglia.