di Adriano Marinensi – Quelli come me che hanno attraversato la guerra, sanno cosa significa vivere con le macerie attorno e la paura delle bombe. Il terremoto che abbatte le case e uccide, fa ancora più paura, perché nessuno ti avverte. Quando su Terni arrivavano gli aerei nemici, le sirene dell’Acciaieria suonavano cupamente che pareva l’ululato del lupo. Ti avvisavano con un po’ d’anticipo, di ciò che stava per accadere. Il terremoto invece è un mostro nascosto sottoterra e colpisce a tradimento.
A Norcia, non ha avuto rispetto neppure dei luoghi sacri e della città natale di S. Benedetto. Come non lo ebbero gli uomini per la sua Abbazia di Montecassino. Dunque S. Benedetto e Norcia, S. Benedetto e Montecassino dove, 73 anni fa ci fu l’oltraggio inutile della violenza bellica. A dimostrazione che la protervia delle armi non si arresta neppure di fronte ai simboli della fede ed alla monumentalità di certe opere. Il colle, sopra il quale edificò il Santuario, si eleva di fronte a Cassino, città martire del 2° conflitto mondiale. Stanno all’imbocco della Valle del Liri, centro strategico della Linea Gustav, fortificata dai nazisti per fermare l’avanzata degli Alleati verso Roma. E’ li, tra il monte e la pianura, che venne combattuta una tra le più cruente battaglie della Campagna d’Italia. Costò il sacrificio di molte migliaia di soldati e un gran numero di civili patirono una vita d’inferno.
Nacque a Norcia, S. Benedetto, nell’anno 480 e le sue spoglie sono sepolte a Montecassino dove è morto il 21 marzo del 547, quasi 1500 anni fa. Nell’Abbazia c’è anche la tomba della sorella Santa Scolastica. Da Norcia, si trasferì a Roma e non trovò l’ambiente che cercava. Ha scritto Papa Gregorio I che, sconvolto dai costumi dissoluti della città, “ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo … abbandonò la casa e i beni paterni, per cercare l’abito della vita monastica”. Si ritirò eremita sul Monte Subasio. La tradizione dice che qualcuno attentò alla sua vita ed allora Benedetto, insieme agli altri monaci, si trasferì a Montecassino ed iniziò a costruire la grande Abbazia (anno 529). Poi, da quel monte e dall’Umbria partì il messaggio del Santo Patrono d’Europa e il movimento benedettino si diffuse nel mondo, con il motto “Ora et labora”.
L’Umbria è ricca di testimonianze risalenti alla figura ed alla predicazione di S. Benedetto. Uno studioso ha quantificato in centinaia le tracce, tra Chiese e Conventi, che realizzano un ricco patrimonio di arte e di fede che oggi alimenta un rilevante turismo religioso soprattutto a Norcia, dissestata dal terremoto e meritevole di una rapida ricostruzione. Così come, dopo l’ultima guerra, fu ricostruita l’Abbazia sul Monte di Cassino, vittima di uno di quegli errori di strategia bellica che possono causare impunemente morte e distruzione.
La battaglia di Cassino venne combattuta tra la metà di febbraio e la fine di maggio 1944. Per gli Alleati si trattava di superare lo sbarramento della Linea Gustav costruita, con centro a Cassino. Il bombardamento dell’Abbazia iniziò il mattino del 15 febbraio e, in poche ore. rimase soltanto un cumulo di pietre fumanti. L’ordine di attacco fu dato dal generale Mark Wayne Clark, comandante della V Armata americana. Si legge in un diario militare: Il primo gruppo (ore 9,45) è composto da 34 “fortezze volanti” che gettano il loro carico sull’Abbazia. Quindi arrivano la seconda e la terza ondata, quest’ultima con bombe incendiarie. Grosse volute di fumo la nascondono alla vista”. Intorno alle 13, altro numeroso stormo di aerei. “Questa volta – è scritto – quasi tutte le bombe centrano il bersaglio, riducendo alla resa quello che era un orgoglioso edificio”. Il sacrilegio così l’avevano interamente compiuto. Gli Alleati, ai quali Montecassino faceva da ostacolo per l’accesso alla Valle dell’Iri, s’erano convinti che i tedeschi avessero trasformato quel Santuario in una fortezza inespugnabile da terra. Sbagliarono perché si è poi accertato che, il giorno del bombardamento, non vi erano militari nemici all’interno. Per mettere in salvo tutto quanto di prezioso i secoli avevano accumulato, alcuni mesi prima era stata realizzata una operazione di trasferimento d’ogni bene culturale in Vaticano.
Nel territorio di Cassino e sul colle, a ricordare il sacrificio di tanti militari e civili, ci sono alcuni cimiteri di guerra. Quello polacco accoglie oltre 1000 caduti. Una iscrizione ricorda: “Per la vostra e la nostra libertà, noi soldati polacchi abbiamo donato le nostre anime a Dio, i nostri corpi al suolo italiano, i nostri cuori alla Polonia”. Ce ne sono altri nei dintorni: uno conta 8000 tombe e un altro raccoglie, segnate da 20.000 croci, le salme dei militari Alleati morti nel sud dell’Italia. Il 15 marzo 1944, un altra micidiale incursione aerea rase al suolo Cassino con oltre 1000 tonnellate di ordigni esplosivi e l’artiglieria sparò – dicono le cronache dell’epoca – 200.000 proiettili sulla città.
Quasi non bastasse, quando le truppe Alleate occuparono Cassino e i dintorni, il Generale francese, ai soldati marocchini e algerini sotto il suo comando, concesse 50 ore di libertà assoluta. E loro si abbandonarono ad un bestiale stupro di massa accompagnato da furti, saccheggi e assassini. Le chiamarono “marocchinate” che Alberto Moravia ha raccontato nel libro “La Ciociara” e Vittorio De Sica (1960) in un film dallo stesso titolo che valse a Sophia Loren il Premio Oscar per la migliore interpretazione femminile. Contribuirono al successo della pellicola, altamente drammatica – sceneggiata da Cesare Zavattini – Jean Paul Belmondo, Eleonora Brown (Rosetta), Carlo Ninchi, Raf Vallone, Andrea Checchi, Renato Salvatori.
Nel dopoguerra, con il contributo di tanti americani, l’Abbazia di S. Benedetto a Montecassino è stata ricostruita; oggi l’auspicio è che, con l’impegno dello Stato e la solidarietà di molti italiani, Norcia e la Basilica consacrata a S. Benedetto, della quale solo la facciata è rimasta in piedi, vengano restituite agli abitanti così com’erano prima del sisma. Per essere di nuovo punto di riferimento per i forestieri che, ogni anno, ne ammirano i tesori d’arte, di storia e apprezzano gli impareggiabili sapori. E dal piccolo borgo di Castelluccio, purtroppo sconvolto ancor più, sia possibile tornare a godere la natura che, in primavera, si risveglia nella piana, mostrando i mille colori di un paesaggio unico e sfarzoso. E’ “la fiorita” che, in Umbria, crea una inimitabile identità ambientale, sopra quel pittoresco territorio montano.