Il diktat della Regione impone ai medici di andare al lavoro, anche se sono “a rischio” non piace ai camici bianchi. Il documento, inviato ai commissari straordinari, ai direttori sanitari, e alle quattro Aziende (Perugia, Terni, Asl 1 e 2) che contiene le nuove “Disposizioni sorveglianza sanitaria” ha dato luogo ad una serie di reazioni.
Da nord a sud della regione i camici bianchi sono insorti e nelle chat dei medici si leggono commenti durissimi: “Mi sento dato in pasto a un gruppo di iene“ scrive un medico. Gli fa eco un altro: “A parte la nostra categoria quelli che mettiamo a rischio sono quelli che dovremmo curare. Se le precauzioni per la diffusione del contagio sono più blande nei nostri confronti diventiamo l’anello debole della catena e il più potenzialmente contagiante!“. “Sarebbe da cavarsi il camice in mezzo al corridoio e andarsene una volta per tutte. Ma sarebbe troppo difficile o troppo facile“; “Siamo frastornati, non sappiamo cosa fare domani mattina“. “Io non dico di fare un tampone subito ma un isolamento sì, assolutamente perché altrimenti diventiamo superdiffusori“.
Claudio Dario, l’ex direttore sanitario voluto dal veneto Bordon all’Apss è arrivati a Perugia per affiancare il veronese Colletto (scelto come assessore alla sanità) afferma: “E’ stata una decisione pensata e attentamente valutata – dice – ma è stata adottata in altre Regioni per trovare un equilibrio tra rischio infettivo e la mancata assistenza. Non stiamo affogando ma dobbiamo cercare di anticipare una situazione di difficoltà perché potremmo trovarci che tra 36 ore abbiamo bisogno di tutte le forze sanitarie in campo”. Quanto ai presidi mancanti Dario assicura: “Quella dei medici è un’osservazione giusta. Dobbiamo fornire ai medici di medicina generale i dispositivi (mascherine, guanti…). Sto emandando una disposizione per garantire ogni settimana l’approvigionamento di quelli che abbiamo dalla protezione civile. Che sono carenti”.