di Jacopo Bartoccini – Mai come ora si deve cercare di capire che la valutazione del personale è indispensabile sia per la qualità dell’assistenza prestata sia per il risparmio in termini di risorse finanziarie. L’orientamento più plausibile che si riscontra nella letteratura sono le “clinical competence”, cioè le competenze professionali del singolo e dell’equipe, le quali sono date dalle associazioni di professionisti che sono depositarie di conoscenze. La sanità in Italia sta attraversando un periodo di trasformazione epocale in quanto la crisi economica mondiale ha imposto tagli non sempre razionali anche perché la sanità non dovrebbe essere finanziariamente condizionata ma semmai è la programmazione strategica regionale atta a mantenere livelli standard di qualità che deve essere finanziariamente condizionata.
Le clinical competence sono un insieme rappresentato da conoscenze, abilità e comportamenti acquisiti nel corso degli studi universitari e integrato successivamente dall’esperienza lavorativa e dalla formazione continua ECM che ricordiamo rappresenta la documentazione da perseguire sia dal punto di vista deontologico che dal punto di vista normativo; una delle norme che ha determinato profondi cambiamenti nei sistemi di valutazione è la legge 150 del 2009 (legge Brunetta) con la quale si è passati dalla cultura dei mezzi a quella dei risultati, con essa i dipendenti vengono sottoposti ad una valutazione oggettiva delle performance e delle competenze per mezzo dei sistemi di giudizio trasparenti e certificati in base ai quali viene attivato un sistema premiante o sanzionatorio.
Il clinical competence può essere applicato si a al singolo che all’equipe e quindi queste conoscenze, abilità (sklill) e comportamenti, le possiamo suddividere in: ** Competenze di tipo clinico tecnico; ** Competenze organizzativo- manageriale; ** Competenze relazionali
Il mantenimento delle competenze è legato alla formazione continua, ecco perché è fondamentale effettuare ECM per un 30% inerenti al proprio ambito occupazionale.
Diventa quindi doveroso valutare in base alle clinical competence il personale e per far ciò di fondamentale importanza rivestono gli indicatori che ricordiamo sono di struttura, di processo e di esito.
In campo sanitario è importante valutare gli esiti delle attività che si trovano al vertice del triangolo di Miller di acquisizione delle competenze, Per definire quindi i criteri di competenza sia della struttura che dei singoli individui sulla base delle evidenze si devono avere bene in mente 3 quesiti:
- Quante prestazioni (i volumi di attività);
- Quanto recentemente;
- Con che risultati.
Ovviamente nell’ambito degli indicatori che si sono individuati e suddivisi nelle diverse tipologie di competenze (clinico professionale , tecnica organizzativa e relazionale) ve ne sono alcuni meno quantificabili perchè difficilmente esprimibili in termini di risultato, come l’organizzativo gestionale ed il relazionale, l’importante però è che i professionisti incomincino al più presto il lavoro di individuazione degli indicatori che definiscano con concretezza chi è realmente competente nell’affrontare quotidianamente il suo lavoro.