Il significato della assemblea pubblica, delle richieste avanzate al Vescovo e del dolore del prete che ora chiede il perdono di Dio, sono la sintesi di quanto accaduto ieri tra la chiesa ed i fedeli di Don Lucio ed è stata anche la ragione per cui Monsignor Bassetti ha letto il documento di Don Lucio con l’idea di non poter dare corso ad un vero e proprio dibattito ma limitandosi a far capire ai fedeli che è possibile il perdono, ma forse meno il ritorno del sacerdote per il prosieguo del suo lavoro alla chiesa di Cenerente lasciando il giudizio di merito alla Curia.
Questa la lettera aperta da parte delle famiglie dei cinque comprensori che riportiamo integralmente: Essendo la prima assemblea pubblica parrocchiale vorremmo esprimere alcune considerazioni su quello che don Lucio ha rappresentato per molte famiglie della parrocchia.
Don Lucio ha il merito di averci fatto capire l’importanza di costruire relazioni autentiche e concrete. Ci ha insegnato a costruire una comunità parrocchiale unita ed un ambiente di oratorio in cui far sperimentare ai nostri figli amicizia, carità e impegno: parole scomode nella società attuale.
Don Lucio ha avvicinato molti di noi che erano lontani dalla Chiesa e con il suo esempio concreto, il suo “sporcarsi le mani”, ci ha spinto ad impegnarci. Don Lucio ha infettato di bene con la B maiuscola la nostra comunità parrocchiale, indicando la carità, la gratuità e l’accoglienza come vie per costruire e tenere viva la comunità. Ci sembra che questa esplosione di bene non possa essere ispirata solo dalla forza ed intelligenza umana, ci sembra che ci sia la mano dello Spirito Santo.
Don Lucio è riuscito ad infondere in noi la fiducia che si può far vivere ai nostri figli una vita buona. Una fiducia oggi quasi assente, come tutti abbiamo modo di constatare giornalmente.La sua testimonianza ha colpito moltissimo i bambini, li ha coinvolti facendogli conoscere la bellezza di una vita semplice e concreta. Li ha coinvolti in varie iniziative come la raccolta viveri, la visita ai malati, l’orto fatto con le famiglie, i ritiri ed i campi di lavoro, il Grest.
Si è preoccupato per i giovani e gli adolescenti ed ha pensato all’oratorio come alternativa alla mentalità corrente. La pianta va però curata fin dall’inizio, e siamo quindi stati responsabilizzati a creare un oratorio familiare nel quale ognuno si sente responsabile dei figli di tutti.
Il nostro è un territorio dove ha prevalso una logica che non ha avuto riguardo per la persona, le relazioni umane, i servizi. Questo territorio ha ricominciato a vivere grazie all’unione delle diverse parrocchie presenti in un’unica comunità. Il nostro parroco, don Lucio, quando la preoccupazione principale era costruire una chiesa grande che accogliesse questa nuova super-parrocchia – un alibi che rimandava ad un tempo indefinito la costruzione della comunità fatta di persone – ha rimosso questo alibi sobbarcandosi la celebrazione di almeno cinque messe festive a settimana, e ci ha mostrato come la comunità si costruisce con le relazioni umane e non con ulteriori gettate di cemento armato. Per il resto è bastato il mitico tendone, in origine frutto del terremoto del 1997 – evento dal quale nacquero anche i nuclei di molte delle attuali Opere Segno della Caritas. Una tenda come quella di Sara ed Abramo presso le Querce di Mamre, o come le tende dei tanti rifugiati di questo Mondo di pace solo apparente. Fateci caso: lo spazio dove oggi ci troviamo, quello che ospita le celebrazioni unitarie della parrocchia nei tempi forti, l’oratorio e il Grest, è il primo movimento terra avvenuto nel nostro territorio da decine di anni a questa parte che abbia generato uno spazio comune per la condivisione di vita e relazioni umane.
La parrocchia, però, non era (o bisognerebbe dire è?) solo la somma delle precedenti parrocchie presenti sul territorio. L’unione delle varie comunità parrocchiali è stata concepita dal nostro parroco come un processo di cicatrizzazione dove il tessuto connettivo sono state le famose “Comunità di don Lucio”. La nostra era infatti una parrocchia allargata a tutte le Opere Segno della Caritas. Il collante della nostra comunità sono stati proprio i ragazzi delle Opere Segno, i cosiddetti “scarti della società”, che ci hanno insegnato a stare insieme. Loro erano sempre i primi a preparare, addobbare con le tende ed i fiori, a montare e smontare il tendone. Stanchi morti, ma contenti. Una pastorale estremamente innovativa e, per quanto ci risulta, senza eguali. È l’idea di una Chiesa dove le pietre scartate dai costruttori diventano testate d’angolo. Una Chiesa che allarga le braccia e tenta di abbracciare tutto il Mondo, che include, abbatte i muri, ricuce gli strappi, colma le valli, abbassa montagne e colline. È una Chiesa che non presta soldi a interesse, ma quel poco che ha, lo dà gratuitamente, perché sa che solo così i cinque pani d’orzo e i due pesci potranno sfamare la grande folla, non attraverso calcoli.
Tuttavia non vogliamo nasconderci dietro un dito, e semplicemente riaffermare in maniera acritica ciò che di buono è stato fatto. Una pastorale di questo tipo non è una passeggiata, è una guerra. E se la combatti, devi essere disposto a sporcarti le mani. Don Lucio era certamente disposto a tuffarsi nei problemi e nelle difficoltà degli altri molto più a fondo che con le sole mani. E poiché le situazioni con le quali aveva a che fare ed i problemi che affrontava erano tanti e tanto gravi, tali sono stati anche i rischi che ha corso e le critiche alle quali si è esposto. Oggi questo ci appare più evidente che mai e pensiamo che non tenerne debito conto sia ipocrita.
Non vogliamo esprimere un giudizio, ma solo testimoniare ciò che abbiamo visto e vissuto. Vorremmo affermare in maniera adulta e non ipocrita che l’adesione alla pastorale del nostro parroco è stata piena e consapevole, e che questo comporta nel bene e nel male una parimenti piena e consapevole assunzione di responsabilità.
Affrontiamo questo incontro a viso aperto, sperando che don Lucio possa presto tornare a fare il parroco in questa parrocchia, e continueremo a pregare per lui e per la nostra comunità.
“L’Oratorio delle Famiglie”
Monsignor Bassetti ha dato lettura pubblica del documento ricevuto da Don Lucio che conferma la sua colpa e la richiesta di un perdono, di seguito la riportiamo:
Scrivo a lei, carissimo vescovo Gualtiero… scrivo a lei… perché attraverso la sua voce possa raggiungere tutte le persone da me amate, in particolare sotto la guida di parroco. Perché, dopo lungo silenzio, desidero far sentire il mio bene, vestito di tanto dolore, tanta umiliazione, fragilità, debolezza e paura.
Ora è con questi abiti che posso dichiarare il mio vero bene sincero e farmi vicino ad ognuno. Certo, vedere un uomo così grande, forte, deciso, impeccabile, vivace, brillante, pieno di iniziative presentarsi con gli stracci del povero peccatore: nudo, fragile, debole, spogliato di ogni dignità farà effetto e certamente scandalizzerà, ma questa è l’unica verità che io ora ho da dire a me stesso.
Così, in questo totale annullamento, posso alzare la testa e gridare: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato» e poi: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»
Percorrendo la strada dell’umiliazione, potrò avvicinarmi al cuore di ognuno, mendicando misericordia, perdono, pietà ed anche tenerezza.
Grazie caro vescovo per come mi è stato vicino, per come mi ha accompagnato in questi mesi, mostrandomi la paternità di Dio che mai abbandona i suoi figli. Grazie a tutti, e quando dico tutti ho davanti la faccia di ognuno… e nel dire, male o bene, nel dubbio, in qualche modo ha mostrato il suo bene. Grazie a don Paolo, a tutti i suoi collaboratori, che sostituendomi non mi hanno abbandonato in balia dei tanti venti. Grazie a tutti i monasteri di clausura che hanno pregato e continuano a pregare per me.
Grazie a tutti i miei confratelli sacerdoti che avranno pietà di me. Grazie a tutta la Chiesa intera che come madre si fa accanto a curare le ferite con l’olio della sua grazia. Ora, in un tempo di deserto, voglio mettere in luce tutto ciò che nel mio cuore va purificato: egoismo, orgoglio, pena, giudizio. Non è un isolarsi, l’unica solitudine è quella di amare Cristo e isolarsi soltanto per suo amore.
Caro vescovo, le voglio un gran bene perché lo voglio alla Chiesa e a tutti, Un abbraccio a tutti i miei figli
Suo don Lucio
La grande folla ed alcuni momenti di tensione non hanno permesso di svolgere un regolare dibattito ma sono state efficaci le dichiarazioni del Vescovo, che ha lasciato intendere che potrebbero essere vane le opportunità che Don Lucio possa tornare ma ha anche detto che la decisione definitiva sul verdetto finale della Chiesa in merito alla richiesta di sospensione di don Lucio è di competenza della Curia, ma da alcune affermazioni del Vescovo, molto elegantemente, si comprende che Don Lucio ha bisogno di purificazione. A Voi la risposta.
Per dovere di cronaca “Don Lucio” è accusato di abusi sessuali nei confronti di due ragazzi ospitati dalle sue case d’accoglienza e risulta nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Perugia per i reati di violenza sessuale.