Il presidente dell'Aur, Claudio Carnieri, ha illustrato nel corso di una conferenza stampa lo studio condotto dall'agenzia regionale, in collaborazione il Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia, sui flussi elettorali in Umbria in occasione delle recenti elezioni europee e per quanto riguarda il voto per la elezione dei sindaci ed il rinnovo dei Consigli comunali di Perugia e Terni.
Per le Europee i flussi di voti tra liste, o da e verso il non voto, sono stati stimati ponendo a confronto il voto del 2014 con il voto alla Camera alle Politiche precedenti del 2013 ed alle Europee del 2009. L’astensionismo differenziale
Dalle Politiche 2013 alle Europee 2014 il complesso delle astensioni in senso lato (elettori che non si sono recati ai seggi o che hanno espresso voto nullo o hanno lasciato la scheda bianca) è passato da circa 158 mila a circa 230 mila, con un aumento di oltre 70 mila, in parte per effetto della tradizionale minore partecipazione al voto europeo, in parte per l’accentuarsi della tendenza all’astensionismo (come si vedrà dal confronto omogeneo con le precedenti europee). Circa il 90% degli astenuti delle Politiche 2013 ha mantenuto l’astensione anche alle Europee 2014. A questi 145 mila astenuti se ne sono aggiunti di nuovi (circa 84 mila), una parte marginale dei quali di provenienza PD (poco più del 4% del proprio elettorato), poco più colpiti sono stati i partiti di destra (FdI per il 12% e le altre liste di centro destra per il 9%), mentre i flussi più consistenti, in termini assoluti e relativi, provengono dal M5S (quasi 30 mila; un quinto del proprio elettorato di un anno fa), dal PdL (23 mila; 22% del proprio elettorato), dai partiti di centro (circa 15 mila; più di un quarto del proprio elettorato) e dalla sinistra radicale (un quinto del proprio elettorato).
I flussi nella direzione opposta, cioè dal non voto del 2013 al voto per una lista in queste ultime elezioni, sono stati molto meno consistenti (circa 15 mila) e hanno in gran parte preso la direzione del PD, che ne ha acquisiti quasi 10 mila (due terzi del totale) e ha riportato a votare il 6% di tutti gli astenuti del 2013, risultando l’unico partito ad aver beneficiato di un astensionismo differenziale (saldo tra flussi in entrata dal non voto precedente e flussi in uscita verso il non voto attuale) positivo.
Il voto al PD. Le stime dei flussi mostrano che il successo del PD è dovuto ad un voto sicuramente trasversale, ma proveniente in larga misura – oltre che dai suoi elettori delle Politiche (che hanno per il 92% confermato il voto) e da qualche piccolo flusso di provenienza sinistra radicale (12% del suo elettorato) – dagli elettori che alle politiche del 2013 avevano votato per il M5S e per i partiti di centro, mentre il contributo dei partiti di destra nel complesso è stato di meno di 8 mila voti (su un totale di 228 mila). Complessivamente, dei quasi 70 mila voti che si sono aggiunti allo “zoccolo duro” del PD la metà provengono dal M5S (probabilmente in buona parte voti tornati al PD dopo l’emorragia del 2013, quando il PD cedette al M5S più di 60 mila voti). Il quadro si completa con un altro 20% attratto dalle liste di centro, poco meno del 15% dal non voto, poco più del 10% dalle liste di destra (di cui la metà dal PdL), il 5-6% dalla sinistra radicale.
Il voto a FI e al Centro Destra. Il deludente risultato di FI, oltre che dal forte astensionismo degli elettori 2013 dell’ex PdL, è dipeso dal fatto che tale elettorato è defluito un po’ in tutte le direzioni, non solo verso destra (15% e 15 mila voti assoluti, prevalentemente verso FdI), ma anche verso il M5S (6%) e verso il centro sinistra (5%, in gran parte a vantaggio del PD), mentre è rimasto fedele a FI solo nel 52% dei casi. E tuttavia FI si è dimostrata capace di esercitare una qualche attrazione su altre liste, in particolare su quelle di centro (10% del loro elettorato del 2013, pari a poco meno di 6 mila voti assoluti, alle Europee ha scelto FI), ma in parte anche sulle altre di centro destra (da cui ha acquisito il 15% del loro elettorato di un anno fa). L’elettorato del Nuovo Centro Destra è per due terzi di provenienza liste di centro, mentre dalla destra sono arrivati relativamente pochi consensi: dal PdL ha acquisito meno di 2 mila voti (il 2% di quell’elettorato) e altri 2 mila o poco più da Fratelli d’Italia. Quest’ultima lista si è invece dimostrata piuttosto attrattiva sia nei confronti dell’elettorato del PdL (di cui ha acquisito l’8% dell’elettorato) che delle altre liste di destra, e si è avvantaggiata anche di non marginali flussi provenienti dalle stesse liste di centro (circa 4 mila voti) e in parte anche dal M5S (altri quasi 3 mila voti).
Il voto al Movimento Cinque Stelle. Il ridimensionamento del M5S – che ha perso oltre un terzo del proprio elettorato di un anno fa – è dovuto ai due flussi in uscita molto consistenti già segnali, l’uno verso il non voto (un quinto del proprio lettorato, quasi 30 mila voti), l’altro verso il PD (22,4%; oltre 33 mila voti), a cui si aggiungono altri limitati flussi soprattutto verso le liste minori di centrodestra, il che complessivamente porta il grado di fedeltà del suo elettorato del 2013 a poco più del 50%. La capacità di M5S di attrarre nuovi elettori è stata inoltre piuttosto ridotta, sia nei confronti del centro sinistra (in complesso poco più di 7 mila voti, prevalentemente dalla sinistra radicale), sia nei confronti del centro destra (8 mila voti, in gran parte dal PdL), e ridottissima nei confronti del centro.
La scomparsa del Centro…L’elettorato di Centro, che alle Politiche di un anno fa avevano conseguito un rilevante successo in gran parte a danno del PdL, alle ultime Europee, oltre che rifugiarsi in misura consistente nel non voto (più di un quarto, quasi 14 mila elettori), si è diviso equamente tra centro sinistra e centro destra: circa il 35% (20 mila voti assoluti) per parte, da un lato a vantaggio quasi esclusivo del PD (verso cui ha quindi “traghettato” una parte dei consensi sottratti al PdL nel 2013), dall’altro a vantaggio prevalente di NCD (che sembra così assumere più una connotazione di nuovo Centro che di nuova Destra).
Il ridimensionamento della sinistra radicale. Meno della metà degli elettori della sinistra radicale delle Politiche 2013 alle Europee si è riconosciuto nella lista Altra Europa (43,6%) o nelle altre liste minori di sinistra (4,2%). La sinistra radicale si è pertanto fortemente ridimensionata, a vantaggio – oltre che del non voto (quasi il 20% dei suoi elettori del 2013 – del M5S (che ne ha acquisiti quasi il 15%), ma anche del PD (il 12%).
I flussi tra i due principali blocchi. Infine è da sottolineare che, nonostante queste elezioni siano state caratterizzate da rilevanti cambiamenti nei rapporti di forza tra partiti, sembra restare molto limitata la mobilità elettorale tra i due tradizionali blocchi di centro destra e centro sinistra: se si escludono i flussi che hanno riguardato il Centro e il M5S (che non si riconoscono in nessuno dei due schieramenti), il flusso dal centro destra al centro sinistra ha appena raggiunto i 10 mila voti, mentre i voti nella direzione opposta sono stati circa 4 mila. Ma come si vedrà subito, questa è una quasi stabilità più apparente che reale.
L’astensionismo differenziale. Dalle Europee 2009 alle Europee 2014 il complesso delle astensioni in senso lato (elettori che non si sono recati ai seggi o che hanno espresso voto nullo o hanno lasciato la scheda bianca) è cresciuto di circa 43 mila non voti. Trattandosi di elezioni omogenee, ciò indica (conferma) una rilevante accentuazione della tendenza all’astensionismo nell’elettorato italiano. Poco più dell’80% degli astenuti delle Europee precedenti ha mantenuto l’astensione anche alle Europee 2014. A questi 150 mila astenuti se ne sono aggiunti quasi 80 mila, la metà dei quali di provenienza PdL e più di un quarto dalla sinistra radicale. Un prezzo rilevante è stato pagato anche dall’UdC (oltre il 20% del proprio elettorato) e dalle liste minori di centro destra (19,4%). Il PD ha invece pagato un prezzo molto modesto: meno del 4% del proprio elettorato (6 mila voti).I flussi nella direzione opposta, cioè dal non voto del 2009 al voto per una lista in queste ultime elezioni, sono stati molto meno consistenti (circa 36 mila) e hanno in parte prevalente preso la direzione del PD, che ne ha acquisiti quasi 14 mila e ha riportato a votare il 6,8% di tutti gli astenuti del 2009, risultando anche in questo caso l’unico partito ad aver beneficiato di un astensionismo differenziale ositivo.
Il voto al PD. Il PD ha avuto una forte capacità di attrazione in ogni direzione, sia dallo schieramento di centro destra, in particolare dal PdL (32 mila voti, quasi il 17% del suo elettorato del 2009), sebbene per via indiretta come detto sopra, e dalle altre liste di centro destra (un quarto del loro elettorato, molto composito e non tutto di destra), sia dall’UdC (un quarto del proprio elettorato del 2009), sia dalla sinistra radicale (oltre 27 mila voti, quasi un terzo del suo elettorato di cinque anni fa). Se si considera anche il recupero dall’astensionismo (quasi 14 mila voti recuperati), ciò ha consentito al PD di aggiungere quasi 90 mila voti al suo “zoccolo duro” (gli elettori che nel 2014 hanno confermato il consenso al PD già espresso nelle Europee del 2009), mentre il deflusso dal PD verso altre destinazioni si è limitato ai circa 21 mila voti andati al M5S e a meno di 5 mila voti andati alle liste di centro destra (oltre ai 6 mila verso il non voto).
Il voto a FI e al Centro Destra. La nuova FI è riuscita a mantenere meno del 30% dei voti del PDL delle Europee del 2009 (55 mila voti su 182 mila). A questi voti si sono sommati alcuni piccoli flussi provenienti da diverse direzioni – dall’UdC e dal PD (meno di 5 mila voti in complesso), dalle liste minori di centro destra, dal non voto del 2009 (altri 4 mila voti) – portando il totale a 66 mila voti. E’ poco più di un terzo del consenso del PdL del 2009, che in queste Europee si è disperso in tutte le direzioni: oltre che verso il PD (e in parte anche verso altre liste di centro sinistra), soprattutto verso il M5S (22 mila voti; il 12% dell’elettorato PdL del 2009), e verso le altre liste di centro destra, in particolare FdI (oltre 16 mila voti; 9,3%), mentre verso il NCD sono andati 8500 voti. I consensi a queste due liste di centro destra sono derivati in gran parte dal già rilevato flusso proveniente dal PDL: due terzi per FdI; il 54% per NCD. Quest’ultimo partito tuttavia si avvantaggia anche di un flusso consistente proveniente dall’UdC (5500 voti).
Il voto al Movimento Cinque Stelle. Poiché alle precedenti Europee il M5S non era presente, questa analisi dei flussi consente di descrivere la composizione del suo elettorato a seconda della provenienza politica (al 2009). Se ne deduce (a conferma di quanto visto alle Politiche 2013) che in Umbria tale elettorato è prevalentemente di provenienza centro sinistra (il che peraltro rispecchia la geografia politica della regione), ma in particolare di provenienza sinistra radicale, che ha ceduto a M5S più di un terzo del suo elettorato del 2009 (30 mila voti). Il PD, secondo queste stime, ne avrebbe invece ceduto circa il 13% (21 mila), grosso modo come il PdL (12% e 22 mila voti), mentre un forte deflusso relativo verso M5S si è avuto anche dalle liste minori di centro destra (quasi un quarto del loro elettorato), un po’ meno dai radicali (15%), meno di tutti dall’UdC (7%).
Il voto alla sinistra radicale. La sinistra radicale, che alle Europee aveva ottenuto oltre 80 mila voti, in questi cinque anni – tra astensioni (un quarto del suo elettorato), voto al M5S (più di un terzo), voto al PD (quasi un altro terzo) e altro – li ha persi quasi tutti (il 95%) e con la lista Altra Europa e altre minori (Verdi e IdV) si è riposizionata sui 26 mila elettori, in gran parte per effetto di nuovi afflussi relativamente significativi dai radicali (quasi 6 mila voti a Altra Europa), dal PdL (5 mila voti equamente ripartiti tra Altra Europa e le altre di sinistra) e dal non voto (più di 7 mila elettori recuperati dall’astensione). L’elettorato della sinistra radicale ne risulta pertanto non solo fortemente ridimensionato, ma anche profondamente modificato nella sua composizione politica.
Le elezioni Comunali 2014 a Perugia e a Terni – Le Comunali a confronto con le contestuali elezioni Europee. Sono stati stimati i flussi dalle liste presentate alle elezioni Europee 2014 alle liste presentate alle contestuali elezioni comunali, separatamente per Perugia e Terni. L’analisi consente di dare conto della notevole differenza di consensi ottenuti da diverse liste, in particolare da quelle del PD, alle elezioni amministrative rispetto alle contestuali Europee (voto disgiunto), che sono state peraltro all’origine della necessità di ricorrere al secondo turno di ballottaggio in entrambi i comuni (così come in molti altri nella regione).
Va precisato che il voto al solo sindaco in questa tornata amministrativa è stato poco rilevante, non avendo raggiunto le mille unità né a Perugia né a Terni, ed è stato quindi accorpato al non voto, che quindi assume il significato di non voto alle liste. E’ peraltro il caso di sottolineare che tale scarso rilievo del voto personale al candidato sindaco, senza il tramite delle liste di partito (o civiche) che lo sostenevano, segna una differenza politicamente rilevante (e una inversione di tendenza) rispetto alle Comunali precedenti, quando gli elettori che preferirono esprimere un voto personale al candidato sindaco senza il tramite delle liste a sostegno furono oltre 4 mila in entrambi i comuni.
Perugia. Le principali liste (o aggregazioni di liste) mostrano livelli di fedeltà tra Europee e Comunali piuttosto differenziati, e spesso piuttosto bassi. I fenomeni più rilevanti di voto disgiunto si osservano nel campo del centro sinistra, dove su tre elettori “europei” del PD alle contestuali elezioni comunali solo due confermano il voto alla medesima lista, mentre poco meno del 20% passano ad altre liste che tuttavia sostengono lo stesso candidato sindaco espressione del PD (tra cui i socialisti non presenti alle europee, ma presenti nelle liste del PD con propri candidati). Ma un altro 13% circa passa ad altre liste che sostengono altri candidati sindaco, in particolare alle liste civiche (autonome o a sostegno del candidato sindaco di centro destra), o vota scheda bianca o nulla. Così al candidato sindaco del centro sinistra sono venuti a mancare oltre 5 mila voti.
Quasi altrettanti sono peraltro mancati all’appello per effetto del molto più rilevante (in termini relativi) voto disgiunto che ha caratterizzato sia la sinistra radicale che le altre liste di centro sinistra presenti alle Europee. Gli elettori di Altra Europa hanno infatti votato per le liste di sinistra a sostegno di Boccali soltanto nel 17% dei casi, mentre il 60% ha votato per le liste civiche presentatesi autonomamente, e i restanti hanno votato scheda bianca o nulla (o il solo candidato sindaco, ma come detto il fenomeno è stato poco rilevante). Gli elettori delle altre liste di centro sinistra (tra le quali ai fini di questa analisi è stata considerata anche Scelta Europea) si sono invece divisi tra liste civiche (oltre tre quarti) e voto al M5S (quasi un quarto).
Da notare, in particolare, che l’elettorato delle liste civiche presentatesi autonomamente risulta politicamente collocabile interamente nel centro sinistra (compresa Scelta Europea), e per la metà nella sinistra radicale. Qualche fenomeno di voto disgiunto ha penalizzato anche il M5S, questa volta a vantaggio proprio del candidato sindaco del centro sinistra, le cui liste a sostegno, compreso il PD, hanno beneficiato di circa 2 mila voti europei di M5S (e altri 1500 voti disgiunti a favore di Boccali sono venuti dal centro destra, in particolare tramite le liste minori di centro sinistra). Anche per le liste del centro destra ci sono stati fenomeni di voto differenziato tra Europee e Comunali, in piccola parte (poco più di mille voti) a vantaggio dello schieramento opposto, in parte prevalente tra liste dello stesso schieramento o verso il non voto (che tuttavia, come vedremo, per il centro destra spesso si tratta di voto dato direttamente al candidato sindaco).
Terni. La grande proliferazione di liste civiche che ha caratterizzato queste ultime Comunali a Terni ha prodotto fenomeni di voto differenziato rispetto alle Europee molto più marcati che a Perugia, in tutti gli schieramenti politici. Il PD ha conservato poco più del 50% del proprio elettorato “europeo”, avendone ceduto quasi un terzo alle altre liste (spesso civiche) a sostegno del suo candidato sindaco, ma circa il 15% (oltre 4 mila voti) a liste di altri schieramenti e candidati.Gli elettori “europei” della sinistra radicale hanno votato solo in minima parte per le liste a sostegno del candidato sindaco del centro sinistra, sia per la partecipazione autonoma di RC alle comunali, che ha preso più di un terzo dei voti di Altra Europa, sia e soprattutto per la preferenza mostrata da quell’elettorato per le liste e i candidati di altri schieramenti, in particolare le liste civiche, e per l’astensione dal voto comunale (scheda bianca o nulla o, ma in minima parte, per il solo candidato sindaco).
Lo stesso M5S ha risentito in misura rilevante del voto differenziato, perdendo alle Comunali più di un quarto del proprio elettorato “europeo”, a vantaggio delle liste di centro sinistra (in particolare del PD), da un lato, e di RC e liste civiche dall’altro. FI a sua volta alle Comunali ha perso oltre un terzo del suo elettorato delle Europee, in parte rilevante a vantaggio delle liste civiche che si sono presentate autonomamente (15%) – fenomeno che ha riguardato in misura molto rilevante anche NCD (che ha ceduto la metà dei propri consensi europei alle liste civiche) – ma in parte consistente FI ha ceduto voti anche al PD (10% e circa mille voti). In definitiva, indenne dal voto disgiunto è risultato soltanto FdI.